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Proposta di marketing etico per…

di Geria Teresa

Sconvolgiamo la logica. Ad un incidente cosa segue se non un effetto negativo! Ed invece può anche non accadere così! La risposta di riserva ci viene suggerita dallo spot pubblicitario antirazzista finanziato dal Cesvi in collaborazione con il Cespi: “Le culture degli altri. 60 secondi per un mondo a colori” a favore dell’integrazione degli immigrati in Italia. Ma se una causa così importante fosse portata avanti da una impresa di profitto? E’ quello che accade da circa dieci anni a questa parte. Nel credo di alcune aziende si è arrivati ad una revisione del concetto di marketing, concetto che oggi assume un significato più umano.

I progetti di marketing etico, appunto, di cui le missioni di bontà rappresentano solo una parte, trovano sempre maggior spazio nelle politiche e nei budget comunicazione di alcune aziende di medie-grandi dimensioni. Colossi come P&G, Unilever, Pfizer, Sigma Tau già da qualche anno destinano parte dei loro sforzi a favore di azioni di responsabilità sociale. Le ragioni sono:
qualificazione all’immagine;
radicamento nel mercato;
forte vantaggio competitivo per l’azienda che lo adotta;
valore intrinseco dell’azione(integrazione tra i popoli, ricerca scientifica, prevenzione di malattie, difesa dei diritti del bambino…).
Il marketing etico coinvolge l’azienda nell’impegno a sviluppare, mantenere e rafforzare politiche esterne e procedure interne corrette; in più la rende attenta al rispetto dei diritti dei consumatori.r

Una delle ultime iniziative benefiche recita così: “Per ogni bambolotto Cicciobello venduto, verrà devoluto 1Euro all’ospedale pediatrico gestito da Emergency in Sierra Leone”. Antonella Bocca, manager dell’azienda produttrice, spiega che l’impegno in questione festeggia i 40 anni del bambolotto più buono, che ha fatto giocare generazioni di bambine e, in qualche modo, ha anticipato la società multietnica dei nostri giorni. Gia negli anni ’70 era prodotto con i tratti africani e asiatici; nelle pubblicità era in braccio a bambini di nazionalità diverse. Nonostante sia diventato sempre più tecnologico per questa occasione di festa torna quello di un tempo. Nei negozi si trovano di nuovo i Cicciobello moretto, cinese ed eschimese. Ed il loro messaggio d’amicizia cercherà di far sorridere ancora un bimbo.

Ma quante persone sono scettiche a queste iniziative! Se poi sono finanziate da privati! Di sicuro il dubbio è lecito, ma l’eccezione che conferma la regola? Lo sarà la mia proposta!
Adoperando la tecnica del clustering mi sono chiesta di cosa avesse bisogno una persona in un Paese del tutto nuovo per costume, leggi, modo di vita. La mia idea centrale si è ramificata così tanto che è andata al di là del rispetto dei suoi valori, dei suoi diritti- che io penso rientrare a pieno nel concetto di persona umana. Le sue necessità richiedono elementi tangibili, non atti a sopravvivere, ma fondamentali per vivere: casa, lavoro, vita sociale.
Più di una impresa immobiliare dovrebbe mettere a disposizione degli immigrati con permesso locali in cui abitare, fitti di case che verrebbero onestamente pagati dallo stipendio di un lavoro esercitato alla luce del sole, con tutte le carte in regola e non in nero. E’ qui che entrano in gioco i meccanismi di assunzione di tutte le imprese. “Dare il posto” anche agli immigrati!
Forse questa proposta è più che un’eccezione… tende più ad essere una “Utopia”.
Ne sono un limite i problemi economico-finanziari italiani, il caso FIAT è solo un mero esempio; la legge sull’immigrazione; i pregiudizi infiniti e molto spesso infondati di molti individui.
Ma la Storia procede per tentativi, per azioni, che cercano di migliorare la nostra vita, per intuizioni di uomini eletti, che nei loro disegni strategici cercano di collegare, oggi più che mai, il loro profitto al bene collettivo.

 

Il Progetto
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