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Disoccupato storico? No, io lavoro in nero!

Ancora storie di disoccupati che snobbano i lavori considerati degradanti. Perché non conoscono la fame
di Giacomo Alessandro Fangano

Sono proprio giorni difficili questi. Giorni di legittimi sospetti che la finanziaria non risolverà i problemi economico-sociali del Paese, giorni di strenue trattative fra governi nazionale e regionale, parti sociali e Gheddafi per salvare il lavoro di circa 10.000 persone, mentre il consiglio d'amministrazione della FIAT sonnecchia. E il Patto per l'Italia? E gli scioperi generali?
Anche la politica e la lotta sindacale devono cedere il passo davanti agli apparati, di clientelismo e malaffare, che controllano socialmente ed economicamente una larga fascia del territorio italiano. I più scettici hanno sempre ritenuto inattendibili le cifre vertiginose sulla disoccupazione, con punte del 40% in alcune zone del sud. A ragione. Ma la questione diventa grottesca quando si afferma che l'economia della Campania, capitale della pratica del "DISOCCUPATISMO STORICO", potrebbe rischiare il tracollo economico se, a causa della Legge Bossi-Fini diminuisse il numero degli immigrati. Della legge ci occuperemo in altra sede, qui urge rilevare come in una regione con un tasso di disoccupazione intorno al 20% nessuno voglia andare a raccogliere il pomodoro o far pascolare i bufali. Non è il lavoro l'obiettivo dei cortei "spontanei" di disoccupati che vengono organizzati a Napoli? E se invece di attendere il posto fisso comunale, o la stabilizzazione dei contratti LSU, quelli che "tengono famiglia" andassero a lavorare nei campi? Probabilmente la proverbiale arte di arrangiarsi, qui come altrove, si lega con la camorra e con il business degli aiuti statali. E uno di questi "altrove" è la Sicilia. Fra lavoro nero, mafia e sussidi di disoccupazione, veniamo a sapere che ci sono disoccupati di lungo corso che si permettono di snobbare perfino i posti di lavoro comunali. D'accordo, lavorare nella raccolta di rifiuti non è la massima aspirazione di tutti, ma quello che è successo a San Cataldo, comune con oltre il 27% di disoccupati è veramente clamoroso. Grazie ad un finanziamento regionale, il comune nisseno ha deciso di assumere 13 disoccupati per lavori di netturbino, contattando gli iscritti al locale ufficio di collocamento. Il risultato è di 13-0; valere a dire che all'appello hanno risposto solo 13 donne. Secondo i dati ufficiali nel paese, il rapporto tra chi lavora e chi no è di uno/quattro e tra uomini e donne in cerca di occupazione è due/sei. Evidentemente il lavoro nero o di manovalanza criminale è più conveniente e meno umiliante, mentre scopriamo delle donne coraggiose se sanno mettersi in gioco.
Anni fa, sempre il Sicilia, a Lentini, per uno strambo ma pubblico sorteggio per le stesse mansioni parteciparono alcune centinaia di iscritti all'ufficio di collocamento. Oggi Lentini è paese moribondo che riposa stancamente su un letto nell'attesa di esalare l'ultimo respiro; che siano più bravi ad industriarsi a San Cataldo?


 

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