segnali dalle città invisibili
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«Tre Candele», il primo libro di Alessandro Cascio

intervista a cura di Vanessa Viscogliosi

Scrive, suona e disegna da quando ha compiuto 7 anni, Alessandro Cascio, palermitano di 25 anni, ha realizzato uno dei suoi più grandi sogni: pubblicare un libro, il suo libro Tre candele.
A 20 anni si trasferisce a Londra, meta per tutti quei giovani alla ricerca di indipendenza ed esperienza. Lavorerà come articolista in un piccolo giornale e, insieme ad una cara amica, sazierà la sua voglia di comunicare attraverso la musica suonando nelle undergrounds londinesi.
Due anni dopo è a Firenze. L’incontro con un artista di strada si rivela indispensabile per far ri-scoprire ad Alessandro la sua innata passione per l’arte.
La sua anima vagabonda lo porta ad abbandonare anche la città culla del Rinascimento.
Tornato a Palermo, dopo un ulteriore esperienza come articolista in un giornale, matura la decisione di trasferirsi a Roma per studiare fumetto e sceneggiatura nella “Scuola internazionale Comics”.
Girodivite attento come sempre ai giovani pieni di talento ha deciso di intervistarlo.

Alessandro sai scrivere, suonare e disegnare. Se dovessi scegliere tra questi diversi modi di “fare arte”, qual’è quello che ti rappresenta di più e perché?
Una bella domanda, ma è come dire ad un uomo se ama più sentire, vedere o toccare. I sensi e l’espressione vanno di pari passo e nessuno di noi saprebbe scegliere davanti ad un’effettiva proposta di scelta. L’arte nasce così, come libero espandersi di ciò che hai dento e senza dubbio è un prolungamento dei sensi, fa parte di me e non saprei, o forse non potrei, scegliere. Tutte e tre mi rappresentano in egual modo.

Sei giovanissimo ma hai vissuto in diverse città per periodi più o meno brevi. Il non avere delle radici in un preciso luogo fa parte anche della tua ricerca artistica?
Il non avere radici spesso deriva dal non saperle impiantare. Penso che il mio girovagare sia portato dall’inquietudine di vita che, al contrario di ciò che si pensa, può essere positiva se la si sa sfruttare. Inquietudine infatti è sinonimo di ansia, turbamento e agitazione per qualcosa che non va nella propria vita esteriore ed interiore ma, il nostro corpo e la nostra mente, per naturale spirito di difesa, sono portati a cercare vie d’uscita e questa via d’uscita per me è l’arte. Non avere radici per me è ricerca di risposte a domande che nell’arco della mia vita mi pongo, l’arte è solo una conseguenza di tutto.

Com’è nato “Tre candele”?
Tre Candele è nato dopo essere tornato da Londra e aver prestato assistenza a malati di mente e tossicodipendenti in un centro assistenza di Royal Oak, una zona della Queen’s Ray, povera e popolata per lo più da extracomunitari. Mi ha colpito in particolare una ragazza schizofrenica che stava seduta vicino la porta d’entrata, sorridente e bella come poche, che sorrideva al vuoto. Mi è stato spiegato, ed ho poi studiato in seguito, che la schizofrenia porta ad allucinazioni: quella ragazza vedeva qualcuno e con lui sorrideva. Mi sono posto il problema che molti psicologi e non solo si pongono: guarire da alcune malattie è poi felicità se ciò significa essere imbottiti di psicofarmaci e avere un contatto con la realtà poco piacevole? Quanto valore ha un sorriso in una malattia mentale e quanto e in che modo i sogni e le speranze entrano a far parte di essa? Tre Candele parla di amore, libertà e immaginazione in un contesto malattia-sogno, lasciando al lettore libertà di essere Eirhnh, la protagonista del libro.

Nella tua introduzione al libro si deduce che non tutti credono nei tuoi sogni. C’è invece qualcuno che ti incoraggia e ti aiuta a portare avanti i tuoi progetti anche quando sembrano difficili da realizzare?
Forse la cosa che mi incoraggia di più è proprio il continuo scoraggiare da parte di chi mi sta attorno, ad eccezione di Vale,la mia ragazza, che rispetto ed amo e che mi da forza ogni giorno.

È difficile oggi trovare un editore?
Il difficile non è trovare un editore ma trovare il denaro per pubblicare per distribuire per farti pubblicità etc….. Io sono stato finalista ad un importante premio letterario e per questo sollevato dalle spese di edizione ma: quante persone possono pubblicare senza dover obbligatoriamente vincere un premio? Quante possono permettersi la libertà di scrivere e pubblicare? Anche facendo si che il tuo libro venga stampato (ovviamente con una piccola etichetta che chiede cifre non astronomiche), è difficile far si che la gente lo compri. Porto l’esempio di una scrittrice che ha chiesto di pubblicare un bel libro sulla sua difficile storia da “sessodebole in polizia” quando ancora era inconcepibile lasciarsi difendere da una donna ad una nota casa editrice che per discrezione chiameremo “M.” . La non nota scrittrice ha chiaramente domandato se valesse la pena mandare il manoscritto (la copia del libro in floppy o carta stampata in casa) e se l’avrebbero subito cestinato. La risposta è stata la seguente: “guardi, le dirò la verità, noi pubblichiamo solo volti noti, quindi si risparmi la fatica”. Si, ci vuole una mano dal cielo per pubblicare (che Costanzo ce la mandi buona).

Quali sono i tuoi prossimi obiettivi?
I miei prossimi obbiettivi sono quelli di ultimare il mio secondo libro e finire il terzo entro la fine dell’anno avvenire pubblicandoli indipendetemente da come vada il primo, continuare a studiare vignettismo ed incidere un disco con il mio gruppo e…visitare lo Sri lanka.

In bocca al lupo allora!
Sono animalista e vegetariano quindi al tuo in bocca al lupo rispondo:
che il lupo abbia già mangiato e mi risparmi le zannate. Un saluto e grazie.

 

Il Progetto
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