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Giro94
Punto G
Beat: sconfitti, fregati, sfottuti
di Dario Fo (con la collaborazione
storica di Olga Varrasi)
Beat: sconfitti, fregati,
fottuti: questo e' il significato letterale, e
non
solo, della parola che ha identificato un'intera
generazione. "man I'm beat"
significava sono un uomo senza un posto dove andare,
senza soldi: sono a
pezzi, esausto ho toccato il fondo.
Al di la' di ogni significato, quando sento nominare
quel movimento, la beat
generation, mi passano per la mente una "squillata",
gran quantita', di
immagini, tutte in movimento.
Ci sono strade che si proiettano su pianure desertiche
e poi corrono fra
piantagioni infinite, ancora si arrampicano fra
rocce, torri di pietra e
scorrono a costeggiare i canyons.
E via lungo le foreste a disegnare ghirigori seguendo
le coste in riva al
mare.
Ci sono, e non possono mancare, mezzi di trasporto
di tutte le razze e
dimensioni a partire dalle moto per finire con
i camion enormi: corrono,
attraversano giorno e notte.
Le luci proiettano righe accese e colorate in
contrappunto alle grida dei
clacson e delle sirene della polizia.
Il pensiero fisso dei ragazzi della beat generation
era il viaggiare:
attraversare in ogni senso e dimensione l'America,
una terra abitata, ma
sconosciuta.
Si deve andare, ma dove? avevano un programma?
una meta? no!! "go nowhere"
Non era una dichiarazione di non senso, di follia
fine a se stessa: muoversi
per non andare da nessuna parte.
La mancanza di uno scopo era proprio la chiave
della loro filosofia:
costruire, ma senza fabbricare, proprio vivere
ed agire senza produrre,
questi sono i tormentoni del pensiero di Kerouac,
Cassady, Burroughs,
Ginsberg e poi di Lamantia, Corso e Ferlinghetti:
essi non hanno mai avuto
l'ambizione di diventare o produrre un movimento
ne' politico ne' culturale
e tanto meno esprimere l'idea di una nuova morale.
Questo gruppo di amici pensava solo di indurre
altra gente come loro ad
esprimere una quantita' enorme di rifiuti:
- rifiuto anzitutto della violenza (1)
- rifiuto del maccartismo e di ogni persecuzione
politica e ideologica
- rifiuto della logica falsamente machiavellica
de "il fine giustifica i
mezzi": no! ripetevano, nessun fine, per
quanto nobile, puo' giustificare la
prevaricazione, i processi criminali, l'ingiustizia,
l'imporre regole che
affoghino la liberta'
- rifiuto della guerra in nome della difesa dei
diritti civili del nostro
popolo (per popolo si intende quello degli Stati
Uniti)
- negazione di qualsiasi regola che produca asservimento
e repressione,
quindi battersi per la piu' completa liberta'
sessuale dell'uomo - talvolta
espressa nell'omosessualita' - e della donna:
i beats dettero una forte
spinta all'emancipazione femminile liberando la
donna da ruoli conformi e
socialmente condivisi (2).
Liberta' di espressione e liberta' religiosa,
ma contro ogni religione che
voglia imporre i suoi dogmi: per questo fu scelto
come studio e ricerca
dell'autocoscienza il buddismo zen, una filosofia
senza regole e
regolamenti, senza la confessione, il pentimento
e la pena o l'assoluzione
per la vita eterna, amen.
Il rifiuto finale era dedicato alla terra, alla
luce, l'acqua, l'aria: ci
rifiutiamo di appoggiare chi sfrutta l'ecosistema
con cinismo e mancanza
assoluta d'amore.
La terra non e' un bene di dio per i soli uomini:
e' un bene che dobbiamo
preservare e restituire all'umanita' che ci segue
nel tempo, sfruttarla e
massacrarla per il solo interesse al potere e
al profitto e' il maggior
crimine che si possa perseguire.
"Vietato vietare" era uno slogan che
si e' proiettato per tutto il pianeta e
naturalmente si faceva allusione anche all'uso
di droghe.
Questo e' un punto controverso proprio perche'
alla sua origine i
protagonisti della beat avevano scelto la cosiddetta
via morbida della droga
(soft drugs): usavano marijuana, hashish, mescalina,
funghi sacri, lsd e
altre droghe d'erba africane.
Ne difendevano l'uso convinti, a giusta ragione,
che quelle fossero droghe
che non creavano assuefazione: "avvicinano
le persone, eliminano le
inibizioni e migliorano i rapporti tra i sessi".
Ma il desiderio sempre latente di sperimentare
per conoscere, legato
all'assioma che "chi non fa inchiesta e non
sperimenta non ha diritto di
parola", ecco che piu' di un ricercatore
parti' per una via senza ritorno.
Percio' ci ritroviamo ad elencare un numero notevole
di "sconfitti" travolti
dalla droga pesante, un nome illustre fra tutti
e' quello di Gregory Corso.
Dobbiamo sottolineare che con i beats sono sorti
in America, a ridosso della
fine della seconda guerra mondiale, tutti i piu'
importanti movimenti di
emancipazione civile, sociale, libertaria e di
difesa dei diritti civili di
ogni comunita' minoritaria di tutto il mezzo secolo
trascorso.
Tra questi il movimento degli hippyes, il movimento
studentesco, compreso
quello francese, tedesco e italiano, i movimenti
pacifisti, quelli
ecologisti, fino agli attuali no-global, e ancora
le organizzazioni che si
occupano dei rapporti con l'ammalato, i cosiddetti
medici clown, compresi i
sostenitori di una medicina alternativa che si
rifa' ai metodi primordiali
di cura e di uso dei medicamenti (omeopatia, iridologia,
agopuntura, ecc...)
E' straordinario che tutti questi movimenti diano
nati da persone che
negavano ogni organizzazione ideologica e di gruppo
e questo nonostante
l'enorme forza propulsiva delle idee che i "sfottuti"
esprimevano.
Ma la preoccupazione di questo minuto gruppo,
che esplodera' in tutta
l'America e appresso in Europa per i concetti
e la qualita' nuova delle
idee, non era solo quella di negare la logica
dell'apparato sociale ed
economico vigente ma anche di rimuovere drasticamente
il linguaggio con cui
esprimersi (3). Il suono, il canto, il gestire
il danzare, il rappresentare,
il dipingere, il costruire, il raccontare attraverso
il cinema oltre che con
la poesia. Corso diceva "la poesia e' il
mio paradiso".
Ho studiato il progredire della musica jazz a
partire dal blues per finire
nel rock e raggiungere le forme prodotte dal be
bop.
Sono stato e lo sono ancora un fanatico di Dizzie
Gillespie e ho avuto
perfino la fortuna di esibirmi con lui e la sua
orchestra in una jam session
nella quale cantavo con il grande nero rifacendomi
al "grammelot" degli
spirituals. Devo testimoniare che alla fine mi
sentivo sospeso di parecchi
centimetri dal suolo e ho capito perche' si sia
detto che "il jazz e' il
fluire della vita".
Raggiungendo la pittura nata dal pensiero beat
si puo' scantonare nemmeno di
un millimetro davanti a Pollock.
Il suo modo di costruire un dipinto e' a dir poco
fuori d'ogni regola. Le
regole di composizione lui se le produce ogni
volta che si pone davanti a
una tela, ma attenti: non fatevi circuire e ingannare
da quei critici che vi
assicurano come Pollock fosse tutto istinto ed
emozionalita', un creativo
all'improvviso.
Ho personalmente conosciuto questo pittore e,
durante il nostro dialogo, mi
ha mostrato una serie incredibile di disegni e
bozzetti preparatori. "Quando
sono pronto" assicurava "parto a dipingere
anche con gli occhi chiusi: il
quadro ce l'ho gia' nel computer della mia memoria".
Parlando del cinema devo ammettere, o se preferite
segnalarvi, che solo
grazie ad esso credo di aver capito qualcosa dei
beats.
Ho individuato, grazie a film come "Easy
rider" di Denis Hopper, "Il
sorpasso" di Dino Risi, "Zabriskie point"
e "Professione reporter" di
Michelangelo Antonioni, "Thelma e Louise"
di Ridley Spott, "Paris Texas" di
Wim Wenders, "Marrakech Express" e "Turne'"
di Gabriele Salvatores, "A
proposito di donne" di Herbert Ross, "Il
pasto nudo" di David Cronenberg,
per citarne solo alcuni, il motore della filosofia
del rifiuto e della
negazione dei valori che questa societa' ci impone
come regole
irrifiutabili: o accetto o sei out!
Tutti questi film trattano e cercano di analizzare
il principio che nulla e'
sacro, inviolabile, essenziale, assoluto, rispettoso:
nemmeno la morte! In
questi film si raggiunge spesso la catarsi della
distruzione dei miti che
vivevano alla base del pensiero dei beats, compreso
proprio il godere al
massimo del bene della vita, dell'amore, dell'amicizia,
della solidarieta',
del disprezzo per il successo e per i quattrini.
I maestri di questo pensiero hanno piu' o meno
tutti buttato all'aria queste
certezze, le hanno capovolte e spernacchiate.
Che il distruggere ogni equilibrio, elogiando
l'instabile e il
disequilibrio, fosse all afine il modello e il
propellente metafisico di
tutto il loro pensiero?
Qualcuno ha suggerito di definire la beat generation
un gioco maestoso
costruito sulla sabbia del deserto poco prima
che spiri il vento del ghibli.
Note:
1) Nel 1958 esce in forma di volantino "bomb"
la poesia piu' discussa e
criticata di Gregory Corso. Poco tempo prima Gregory
aveva preso parte a una
dimostrazione pacifista contro l'atomica ed era
rimasto sconcertato
dall'atteggiamento di estrema violenza dei pacifisti.
Cosi' scrisse una
lettera d'amore - provocatoria - all'atomica dove
si chiedeva perche' la
bomba scatenasse tanta ira e orrore quando l'intera
condizione umana e' in
se' un orrore. "I bambini abbandonati nei
parchi, gli uomini che muoiono
sulle sedie elettriche, il flagello e l'ascia,
la catapulta di Leonardo da
Vinci e i tomahawk indiani, la spada di San Michele
e la lancia di San
Giorgio, la pistola che uccise Verlain e le armi
dei gangster, o il cancro
o, peggio di tutto, la vecchiaia".
2) Ann Douglas, professoressa di studi americani
alla Columbia University,
scrisse "la beat generation costitui' motivo
di stimolo per l'emancipazione
femminile: se questi uomini possono esser liberi
dai ruoli prestabiliti,
sposarsi, lavorare ... perche' noi no?"
3) Ginsberg subi' un processo per oscenita' a
causa del linguaggio
spregiudicato della sua poesia "Howl"
(1956)
Anche l'aspetto grafico delle poesie beat subi'
una rivoluzione:
Ferlinghetti con il suo "Pictures of the
gone world" (1955) sistema le
parole in gruppi sistemati nella pagina con una
percezione pittorica dello
scritto, a seconda dell'importanza, del significato,
dell'umore delle
immagini e/o del concetto stesso.
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