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In treno dal “continente”alla Sicilia: 30 ore per la vita

di Francesco Augello

In quest’ultimo periodo si è parlato tanto di trasporti in Sicilia, in primis del ponte sullo stretto ma, dopo i tragici eventi di Rometta, soprattutto dell’inadeguatezza delle linee ferroviarie siciliane.
Io appartengo alla grossa schiera di siciliani che, per necessità o per scelta, è emigrata nel “continente” e in prima persona deve periodicamente fare i conti con le grosse carenze di collegamenti fra la nostra bella isola e il resto del mondo.
Nel sito e nelle pubblicità della Trenitalia SPA si fanno tanti bei discorsi su come viaggiare in treno sia comodo, economico, sicuro, ecologico etc. etc. Ma le cose stanno veramente così? O meglio, il discorso vale indistintamente per tutto il paese o solo per parte di esso? Cerchiamo di capire come stanno veramente le cose e soprattutto quali sono i collegamenti garantiti dalla Trenitalia per la nostra isola.

Dalla Sicilia si muovono ogni giorno 10 treni a lunga percorrenza:
Per e da Torino ci sono due treni,entrambi viaggiano di notte ed entrambi sono Espressi (per intenderci: quelli con le poltroncine in finta pelle marrone e le cuccette a sei posti, i treni più lenti e più scomodi in assoluto dopo quelli classificati regionali). Uno dei due ha solo cuccette, l’altro solo posti a sedere. Il viaggio da Catania a Torino Porta Nuova (e viceversa) dovrebbe in teoria durare 19 ore in pratica non meno di 21.

Per Milano ci sono due treni, tutti espressi, uno solo cuccette l’altro posti a sedere e cuccette. Anche questo viaggio sulla carta dovrebbe durare 19 ore, ma, sempre per esperienza personale, posso dire di non aver mai visto la “freccia del sud”con meno di un’ora e mezza di ritardo.
Per Venezia c’è un solo treno, un espresso. La durata del viaggio fino a Catania è di 20 ore.

Per Roma ci sono cinque treni diretti: due espressi, due intercity e un intercity notte. Con l’espresso occorrono (fino a Catania) 12 ore, con l’intercity 11 ma, per una sola ora guadagnata, deve essere pagato un supplemento che costa almeno 1\5 rispetto al biglietto ordinario.

Cosa molto strana e che accomuna tutti questi treni è che ritardi e disagi per i viaggiatori sono maggiori quando il treno viaggia verso sud, e non quando fa il percorso inverso. Spesso, soprattutto nei periodi festivi, i treni sono talmente pieni che almeno sino alla Calabria non c’è nemmeno lo spazio materiale per potersi sedere a terra nel corridoio, di riscaldamento (o aria condizionata) manco a parlarne e i gabinetti diventano inutilizzabili già dopo poche ore di viaggio.
Questi treni inoltre partono o da Siracusa (alcuni da Catania) o da Palermo. Non ci sono treni diretti per il nord che partano dall’entroterra siciliano ad eccezione del solo Agrigento-Roma. Conseguenza di ciò è che il viaggiatore ennese, nisseno, agrigentino o ragusano a questo lungo viaggio vede aggiungersi dalle due alle quattro ore di treno regionale (spesso una littorina diesel), più il tempo di attesa in stazione per la coincidenza. I disagi aumentano per chi deve raggiungere un paese di queste quattro provincie, dove il treno non arriva perché non ci sono le stazioni. Risultato: per molti il viaggio può durare anche 30 ore e molte volte almeno la metà di queste si trascorrono in piedi!!!!! Roba da terzo mondo dunque, come sottolineava l’Economist in una inchiesta di non molto tempo fa.
Per guadagnare qualche ora, molti, presi dalla disperazione, a Catania abbandonano il treno per continuare il viaggio in autobus, anche a costo di spendere per l’ultima tratta di viaggio (pochi chilometri se si considera che da Torino a Catania ci sono ben 1490 km) fino a 1\4 di quanto si è speso per attraversare tutta l’Italia.

Ma dove stanno le ragioni di tali disservizi?
In primo luogo dobbiamo ringraziare chi ha permesso la privatizzazione delle Ferrovie dello Stato. La Trenitalia SPA infatti,come ogni azienda privata, preferisce investire dove maggiori sono i ricavi e minori i rischi e i costi di gestione. Ecco quindi che al miglioramento dei collegamenti a lunga percorrenza o delle linee ferrate del sud (in Sicilia ancora a monorotaia), si è preferito migliorare i collegamenti fra i grandi centri industriali del nord.

Poi va ricordata la politica del governo nazionale ed europeo, che per le stesse ragioni di rientro economico e per gli interessi personali di molti ministri o onorevoli (un esempio per tutti: l’attuale ministro dei trasporti Lunardi gestisce, a nome di sua moglie e dei figli, la società Rocksoil, che ha fornito la propria consulenza e assistenza al consorzio Cavet per il progetto alta velocità Bologna-Firenze) ha preferito portare avanti progetti di alta velocità che, oltre ad essere devastanti dal punto di vista ambientale e limitati per il target di utenza (visti gli alti costi), coinvolgono solo il nord e (in parte) il centro Italia.
Last but not least, la politica del nostro governo regionale, che, a partire dagli anni cinquanta ma con un incremento sostanziale nell’ultimo decennio, ha preferito indirizzare la propria politica dei trasporti verso il trasporto su gomma. Costruire strade e autostrade è molto più producente per chi controlla e gestisce gli appalti delle grandi opere pubbliche e ridurre la concorrenza molto più vantaggioso per chi è proprietario delle società di autotrasporti. Molte delle vecchie linee esistenti sono così state abbandonate e quelle da completare sono state lasciate incompiute. Unico sforzo è stato quello di elettrificare, agli inizi degli anni novanta, la linea Catania – Agrigento. Ma per controbilanciare le spese sostenute alcune piccole stazioni dell’entroterra sono state definitivamente dismesse o il traffico esistente fortemente limitato.

Quale sarà il futuro dei trasporti in Sicilia?
Continuando per questa strada sicuramente ci saranno sempre più cantieri perennemente aperti (l’esempio dei cantieri per l’autostrada Palermo-Messina vale per tutti), sempre più viadotti autostradali che devasteranno il territorio, sempre più traffico, inquinamento e speculazione edilizia, mentre i collegamenti fra i piccoli centri saranno sempre più fatiscenti.

I lavoratori e gli studenti residenti nei paesi continueranno così ad alzarsi all’alba per raggiungere in orario le città e continueranno a pagare le mazzette agli autotrasportatori abusivi o ad arricchire i padroni delle società di trasporti che, dal canto loro, continueranno, oltre che ad esercitare l’attività in regime di monopolio, anche a ricevere contributi a pioggia dalla regione Sicilia, mentre i loro dipendenti continueranno ad essere in sciopero per ricevere lo stipendio e/o delle vetture che non cadano a pezzi alla prima buca.

Chi invece per sua sfortuna si troverà a dover lasciare o tornare nell’isola in treno,dovrà organizzarsi e portare con se il necessario per sopravvivere almeno per un paio di giorni su un comodissimo scompartimento di un comodissimo treno post-bellico e pregare che i giunti dei binari tengano al suo passaggio, mentre i Governi continueranno a sostenere che il problema dei trasporti in Sicilia va risolto costruendo un bel ponte sullo stretto.

 

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