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Giro93
Zerobook
Rap 2
Rap 2
Alberto Arbasino
Collana: Super Universale Economica
Pagine: 160
Prezzo: Euro 8,5
Lo "strano dovere" che incombe quando
la Storia ricomincia a correre. La poesia civile.
La Musa con il muso. Ancora a ritmo di rap.
La poesia civile è ancora "uno strano
dovere" quando la Storia ricomincia a correre,
al tempo del Rap? E con quali ritmi e linguaggi
potrà cantare, oggi, la Musa Civica? Nel
suo primo "album" Alberto Arbasino mixava
rap e strofette con la casalinga di Voghera e
la Sora Cecia, i couplets del cabaret intellettuale
nella Milano impegnata e gli epigrammi ironici
della Dolce Vita romana, fra le memorie ancora
vive degli amici cari che non ci sono più:
Goffredo Parise, Pier Paolo Pasolini, Italo Calvino,
Gianni Testori, Giorgio Manganelli, Toti Scialoja...
Era l'Italia delle ultime elezioni, il tempo delle
ridicolaggini e della satira, il "mondo di
ieri" prima dei disastri. Era ieri, ma sembra
parecchio tempo fa. Ora, questo nuovo album registra
sul campo un'Italia e un mondo e una poesia e
un rap e un rock che "non sono più
i medesimi". Non siamo dunque a un concerto
pieno di "numeri" da applaudire, o a
una mostra di quadri da riverire su ogni parete.
Ci troviamo piuttosto in un loft - un po' hard
e un po' cool - dove si accumulano e si mescolano
i comò Impero e le radio del Quaranta,
le pile dei cd e le porcellane da pizzeria cinese,
le argenterie della nonna e i collages pop e il
kitsch dell'aeroporto di San Francisco... E lì
si aggira uno strano dj, in preda a un audio interno
molto scapestrato a molte piste che gli riportano
(già shakerati) i fox-trot dell'infanzia,
i versi di Parini e Metastasio imparati a scuola,
i libretti d'opera di Felice Romani, Wagner e
Frank Sinatra cantati in italiano, spiritosate
di vecchi veneziani e napoletani e milanesi, balletti
di Stravinskij e meditazioni minimaliste, insieme
con le battute allucinanti dell'Italia zombie
in presa direttissima.
Approfondimento
Dopo aver evocato la casalinga di Voghera nello
squallido panorama dell'Italia delle ultime elezioni,
dopo aver sentito l'urgenza di osservare, miscelare,
sbeffeggiare, profetare, Arbasino si è
trovato immerso, con i suoi rap civili, nel bel
mezzo di un mondo che non sa più che pesci
pigliare, di un mondo in guerra, di una nuova
arroganza, di una nuova (nuova?) fatiscenza dell'intelligenza
politica, culturale, umana. E allora la Musa torna
a picchiettare: su Genova, sull'ego-bla-bla che
accompagna la tragedia dell'11 settembre, sul
Sudafrica del dopo Apartheid, sugli italici voltagabbana
di regime, sul Globo globale, sul melting pot
e il melting bloc, sulle piazze mobilitate. Ma
c'è anche spazio per tornare indietro,
a un'altra guerra - la seconda -, a memorie private,
a frequentazioni amate, alle rimembranze di un
buon tempo cattivo quanto si vuole ma senza dubbio
amabile. Arbasino fa i conti con molta cultura
italiana, con se stesso, con la monumentale festa
di banalità che ci hanno condotto qua,
a questa balaustra del Tempo storico.
"Mai sappia la sinistra / e men che meno
la destra / se mangiar la minestra / del ministro
/ o saltar nella finestra / della ex ministra...
/ Infatti, poi, non sappiamo / né ciò
che siamo, né dove siamo, / né dove
andiamo...".
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