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Giro92
Mafie da morire
Giustizia, Potere, Mafia
10 anni dopo Capaci e Via DAmelio
Incontro del Comitato 27
aprile a Giurisprudenza, Catania
di angelo luca pattavina
La mafia è uninvenzione
dei comunisti.
Forse non esiste maniera più stupida per
cercare di difendersi da capi daccusa pesanti
come montagne, ma credo che Totò Riina
la pensi diversamente visto che lui alle sue affermazioni
ci crede veramente.
Comunque, oggi, in un Paese dove
di comunisti veri ne sono rimasti ben pochi non
si smette di parlare del fenomeno mafioso, perchè,
purtroppo, lassenza di delitti eccellenti
negli ultimi anni non è certo indice della
scomparsa della mafia. Ed è per questo
che oggi il dibattito in materia si è spostato
più in là e verte su altri livelli
di discussione, concentrandosi molto più
sullinterazione tra il potere politico,
il potere economico, la giustizia e la criminalità
organizzata piuttosto che sui singoli eventi delittuosi.
Proprio di questo si è parlato
lo scorso 15 giugno alla Facoltà di Giurisprudenza
di Catania durante un incontro, organizzato dal
Comitato 27 aprile, sui rapporti tra
giustizia e potere economico e politico in Italia
nel decennio successivo allassassinio dei
magistrati Falcone e Borsellino.
Un incontro aperto dalle immagini delle stragi
di Capaci e di Via DAmelio. Un documentario
inedito, prodotto da Antimafia 2000,
che racconta di quelle stragi, di come sia cambiata
la lotta alla mafia grazie al lavoro di quei magistrati,
di come alcuni dei grandi capi della cupola
siano stati messi dentro e dei tanti misteri che
ancora oggi non hanno avuto risposte chiare.
Ne cita due, ad esempio, Enrico
Bellavia, giornalista, autore del libro Falcone-Borsellino.
Mistero di Stato. Uno riguardante la scomparsa
subito dopo la morte di Falcone di unagendina
elettronica in cui lui aveva conservato del materiale
importante. Laltro sulle indagini su una
società di copertura dei servizi segreti
situata sul Monte Pellegrino, punto dosservazione
strategico su Via DAmelio, a cui sono arrivate
telefonate da esponenti mafiosi. Sono solo due
esempi di come, a dieci anni di distanza dalla
terribile estate del 92, molte cose non
siano riuscite ad avere sufficiente spiegazione
ed i veri colpevoli di vertice siano
ancora in libertà.
Del resto chi ha denari ed
amicizie va in culo alla giustizia, ricorda
Salvatore Lupo, storico, che, oltre a ricordare
che il contributo più prezioso di Falcone
è stato quello di aver dato una definizione
precisa di mafia, ha voluto ribadire
il concetto che gli attacchi più pesanti
oggi non vengono più dalla mafia ma dal
potere politico. Ne sono esempi lampanti lattacco
allindipendenza della magistratura e al
principio di separazione dei poteri, la nuova
legge sui pentiti, la soppressione delle scorte
per le personalità a rischio, e provvedimenti
simili che sicuramente non giovano per una lotta
efficace contro la mafia, ma che anzi aprono la
strada allimpunibilità di quanti
riescano a gestire quote di potere sempre più
ampie.
Si sta realizzando il progetto
della P2, afferma provocatoriamente Enzo
Guarnera, avvocato penalista presso il Tribunale
di Catania. Ci sarebbe bisogno di una più
strenua difesa della Costituzione ed invece si
tentano stravolgimenti del sistema politico istituzionale
improponibili come la Bicamerale, si decide di
porre fine ai collaboratori di giustizia mentre
invece ci sarebbe bisogno di collaboratori di
alto livello, si decide di diminuire le scorte
ai magistrati per effetto della Circolare Bianco,
e si cerca in tutti i modi di delegittimare il
lavoro di quanti caparbiamente cercano di andare
a fondo in certe questioni.
Come il caso di Nicolò Marino,
sostituto procuratore di Catania, che, intervenuto
allincontro, ha affermato: Mi sento
un passacarte, non mi sento difeso da quello che
dovrebbe essere il mio organo di tutela (il Consiglio
superiore della Magistratura), ho dubbi sul mio
ruolo di magistrato, mi sento una pedina.
Unespressione di disagio che vuole dire
basta alla giustizia di colore, alla giustizia
di etichetta e che ribadisce limportanza
del ruolo dellindipendenza della magistratura,
non solo della sua struttura, ma anche del singolo
magistrato.
Lincontro, coordinato da
Lorenzo Baldo vicedirettore di Antimafia 2000,
ha registrato due ulteriori interventi: uno di
Sebastiano Ardita, direttore generale dei detenuti
e del trattamento di Roma, che ha fatto notare
come solo la parte più debole della società
sia dietro le sbarre, e laltro, quello di
Riccardo Orioles, giornalista, che, dopo aver
sparato a zero su quanto discusso fino ad allora,
ha realisticamente e con grande spirito di autocritica
ammesso che a perdere non è stata la mafia,
ma lantimafia. Bisogna riconoscere i propri
errori, il movimento antimafia, per certi versi,
ha fallito, suicidandosi proprio attraverso la
sua incapacità di portare avanti un progetto
unitario. Ed è per questo che intelligentemente
Orioles ha ammonito i nascenti movimenti democratici
di porre alla base del loro modo di operare quello
dellunità.
Monito caduto nel vuoto se è
vero come è vero che è successo,
dieci minuti dopo si è aperta una polemica
fratricida tra i gli intervenuti allincontro,
polemica basata sul perché di certe defezioni
da parte di alcuni invitati previsti - il preside
di giurisprudenza Zappalà, sostituito allultimo
minuto da Marisa Meli, ed i sostituti procuratori
di Palermo, Gaetano Paci e Franca Imbergamo -.
Sulla bontà delle intenzioni con cui era
stato condotto lincontro - il professore
Lupo ha sentito un po' tradite le aspettative
riguardo i temi trattati. E soprattutto sullo
spazio concesso a Marino per esternare il suo
problema personale - l'ex presidente del Tribunale
dei minori di Catania, Domenico Scidà,
con cui Marino è in contrasto, era anchegli
presente allincontro.
Se ancor oggi discutere di mafia genera questi
disaccordi allora vuol dire che la mafia non è
stata vinta. E che questa non è sicuramente
la strada giusta.
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