segnali dalle città invisibili
  Giro88 Palestina aprile 2002
Corriere della Sera - Frati e suore cattolici presi tra due fuochi

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Frati e suore cattolici presi tra due fuochi
Esercito a caccia di terroristi. Salesiano cuneese dato per morto, ma è salvo. Rogo nella moschea di Omar

DAL NOSTRO INVIATO
BETLEMME - Ore tre di ieri mattina. Un gruppo di miliziani palestinesi armati entra con la forza nella chiesa di Santa Maria. E' una fuga disperata. Le teste di cuoio israeliane li stanno inseguendo da ore con l' equipaggiamento per la guerra notturna. I palestinesi sono una decina, dotati per lo più di mitragliatori M16 forniti di cannocchiali per i duelli tra cecchini. Non hanno scampo e, come spesso hanno già fatto in passato tra i quartieri cristiani di Betlemme, all'ultimo minuto fanno irruzione nella basilica. Ma questa volta è diverso. Gli israeliani non mollano, anzi sparano. E' una giornata di guerra che non risparmia i luoghi di culto. Anche le
moschee: fonti dell'Autorità palestinese a Betlemme confermano l'incendio scoppiato nella moschea di Omar, vicino alla piazza della Mangiatoia, colpita da proiettili israeliani. Nella chiesa di Santa Maria i soldati usano mitragliatori pesanti e granate. All'interno ci sono cinque (forse sette, le testimonianze non sono precise) suore dell'ordine di Santa Brigida assieme a un salesiano, padre Giacomo Amateis, 62 anni, originario di Savigliano, nella provincia di Cuneo. Inizia un giallo che ieri è proseguito tutta la giornata con una ridda di voci contraddittorie, sino a un parziale chiarimento verso sera. Un giallo che racconta da solo le peculiarità del campo di battaglia in questa città dove si trovano alcuni dei luoghi più importanti per la cristianità. Non a caso proprio Arafat aveva insistito per celebrare il Natale 1995 a Betlemme, il suo primo dalla nascita dell'Autonomia nel cuore della Cisgiordania (da oltre un anno controllava già Gaza e Gerico). E oggi la guerra a Betlemme amplifica all'infinito esattamente il messaggio opposto: il fallimento del processo di pace. Scatta così il tira e molla tra guerriglieri palestinesi e israeliani. Si diffonde la notizia che padre Amateis sarebbe morto e almeno due suore sarebbero ferite, la rilancia l'agenzia della stampa missionaria Misna e ne parla anche la Fides vaticana. Il direttore del vicino ospedale di Beit Jalla, Peter Kumri, dichiara (anche al Corriere ) che i «soldati sono entrati nella chiesa di Santa Maria e hanno compiuto un massacro. Padre Amateis è spirato. Non c'è alcun guerrigliero palestinese all'interno». Poco dopo si sparge la voce che a morire sia stato un francese, padre Jacques Assad. I palestinesi vorrebbero uscire mischiandosi ai religiosi. «Se i terroristi si consegnano con le mani in alto, anche gli ostaggi potranno uscire», rispondono i soldati. «Aiuto siamo circondate! Qui sparano da ogni parte, aiutateci!», grida una suora al nostro telefono prima che la linea venga interrotta. Al seminario cattolico di Beit Jalla il direttore, padre Maroun Lahham, sta trattando via telefonica per fare evacuare i religiosi. «All'interno ci sono alcune suore di Santa Brigida, sono qui dal 23 gennaio. In tutto una quindicina di sorelle arrivate dalla Svezia, ma originarie per lo più di Italia, Francia e Germania. Al momento in cui i palestinesi hanno fatto irruzione erano presenti in meno della metà, assieme a padre Amateis», spiega ancora Lahham. Nel primo pomeriggio prende piede la tesi che il sacerdote italiano sia vivo. La trattativa passa nelle mani del nunzio apostolico, Pietro Sambi. Ed è lui a scoprire la verità. «Non c'è nessun morto o ferito tra il nostro clero. Io ho parlato personalmente con Amateis che sta benissimo. Forse ci sono però vittime tra i guerriglieri palestinesi», dice verso le sedici. «Stiamo trattando per telefono con i palestinesi che accettano di lasciare uscire la nostra gente, in cambio però vogliono uscire con loro». Quindi rende noto un comunicato in cui si scusa con le autorità israeliane «per le informazioni scorrette relative al nostro clero a Betlemme». Ma il problema rimane. Ieri oltre all'incursione in massa nella chiesa della Natività, i guerriglieri palestinesi sono entrati anche nella chiesa di San Giorgio, prendendo in ostaggio almeno altre due suore. Sambi spera di poter sbloccare la situazione questa mattina. Il nunzio è abituato a trattare sotto banco con i gruppi di militanti palestinesi per garantire l'esistenza dei non musulmani a Betlemme. Solo otto mesi fa contattò personalmente Arafat dopo che era stata resa nota una lista di nomi di importanti personalità cristiane accusate di collaborazionismo con Israele che rischiavano di essere perseguitate, o addirittura assassinate, dagli estremisti islamici. E più volte nel passato i guerriglieri palestinesi si sono fatti scudo con le istituzioni cristiane per sparare sugli israeliani e poi sfuggire alle loro rappresaglie. Ne sanno qualche cosa gli abitanti cristiani di Beit Jalla, da dove le milizie islamiche mirano verso il quartiere ebraico di Gilo (alla periferia orientale di Gerusalemme). Loro sparano, poi fuggono. E a farne le spese sono i civili che vedono le loro case danneggiate dai cannoni israeliani.
L. Cr.

 

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