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Giro88
Palestina aprile 2002
Parlano i soldati israeliani
Il testo seguente
è la traduzione di una sottoscrizione firmata
da molti soldati Israeliani che dichiarano il
loro rifiuto a future partecipazioni ad azioni
militari nei Territori Occupati, che ritengono
azioni illegittime ed immorali. Credo sia importante
far conoscere la loro posizione, e sapere della
loro esistenza, sono persone che sono state più
volte sul fronte ed hanno vissuto in prima persona
gli orrori di questa guerra. Ora dicono basta,
condannano le azioni militari nei Territori, e
si rifiutano di prenderne parte. Rischiano tutti
dei processi e condanne militari, alcuni sono
già stati condannati. La loro è
una presa di posizione importante per il processo
di pace, e credo sia importantissimo che l'opinione
pubblica sia a conoscenza della loro esistenza,
perché non siano soli in questo momento
sicuramente difficile.
Seguono alcuni articoli tratti dallo stesso sito,
storie raccontate da alcuni tra i più di
duecento e cinquanta (a oggi 16 Marzo 2002) soldati
che hanno sottoscritto questa dichiarazione.
Giorgio Galizia
Nota: testo tratto dal sito www.seruv.org.il/defaultEng.asp
TRADUZIONE A
CURA DI GIORGIO GALIZIA
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DICHIARAZIONE
Noi, ufficiali e soldati riserve di combattimento
della Forza per la Difesa di Israele, che siamo
cresciuti con i principi del Sionismo, del sacrificio
e del dono per il popolo di Israele e per lo stato
di Israele, che abbiamo sempre servito in prima
linea, e che eravamo i primi a portare a termine
qualsiasi missione, leggera o pesante, con il
fine di proteggere e rinforzare lo stato di Israele.
Noi, ufficiali e soldati di combattimento che
abbiamo servito lo stato di Israele per molte
settimane ogni anno, nonostante il caro prezzo
alle nostre vite private, che abbiamo servito
come riservisti in tutti i Territori Occupati,
e abbiamo ricevuto ordini e direttive che non
avevano niente a che vedere con la sicurezza della
nostra nazione, ma che avevano il solo fine di
mantenere il nostro controllo sul popolo Palestinese.
Noi, che abbiamo visto con i nostri occhi il prezzo
di sangue che questa Occupazione esige da entrambi
i lati.
Noi, che avvertiamo come gli ordini ricevuti nei
Territori distruggano tutti i valori che abbiamo
assorbito crescendo in questa Nazione.
Noi, che ora comprendiamo che il prezzo dell'Occupazione
è la perdita dell' umanità dell'IDF
(Forza per la Difesa di Israele) e la corruzione
dell' intera società israeliana.
Noi, che sappiamo che i Territori non sono Israele,
e che gli insediamenti sono destinati infine ad
essere evacuati.
Noi qui dichiariamo che non combatteremo più
questa Guerra degli Insediamenti.
Noi non dobbiamo continuare a combattere oltre
i confini del 1967, con il fine di dominare, espellere,
affamare e umiliare un popolo intero.
Noi qui dichiariamo che continueremo il servizio
nella Forza per la Difesa di Israele in ogni missione
che serva alla difesa di Israele.
Le missioni di occupazione e oppressione non servono
a questo scopo - e non avremo parte alcuna in
esse.
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Questi sono articoli che sono stati scritti da
alcuni di questi soldati che hanno sottoscritto
la precedente dichiarazione. Troverete il testo
originale Inglese sul sito indicato in precedenza,
assieme all'originale Ebraico.
Primo articolo:
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Come ufficiale combattente per la Forza per la
Difesa di Israele, ho prestato servizio in tutto
il West Bank e nella striscia di Gaza. Non sono
naif. A volte devi uccidere per sopravvivere.
Nel nome dello stato di Israele, ho inseguito
bambini che mi tiravano pietre. Ho pattugliato
le vie dei campi di rifugiati. Ho picchiato su
porte di latta nel mezzo della notte. Ho cercato
testi sovversivi tra i materassi e le coperte.
Ho sentito piangere bambini. Ho buttato giù
la gente dal letto per fargli cancellare slogan
dai muri. Ho fatto rispettare il coprifuoco. Ho
combattuto contro bandiere palestinesi appese
ai pali della luce. Ho fermato veicoli. Ho confiscato
carte di identità. Ho trasferito detenuti
ammanettati nel retro della mia jeep. Ho sparato
ai rivoltosi. Ho fermato centinaia di macchine
ai posti di blocco. Ho piazzato un posto di osservazione
sul tetto di un negozio di torte sulla strada
principale di Gaza. L'occupazione è la
routine. Giorno dopo giorno. Ora dopo ora.
Per trentacinque anni.
Io credevo che fosse una guerra "senza scelta".
Dopo tutto, abbiamo rivoltato ogni pietra nella
nostra ricerca della pace.
Abbiamo costruito più di 100 colonie. Vi
abbiamo installato 200.000 persone. Abbiamo perso
combattenti, bambini, madri. Tutto per la sicurezza
dello stato. Per la pace. Per fermare il prossimo
attentatore suicida. Per 35 anni una bandiera
nera sventolava orgogliosa sui nostri capi, ma
ci siamo rifiutati di vederla.
Mai più.
Capitano (res.) Itai Haviv
[nota alla traduzione: "la bandiera nera"
è un riferimento alla famosa sentenza di
una corte israeliana in seguito al massacro del
1965 a Kafr Qasm. In questa sentenza i giudici
dissero che ogni soldato ha il diritto e l'obbligo
di rifiutare ordini chiaramente illegali, sui
quali "sventola una bandiera nera".
Nei passati 45 anni neanche un soldato è
stato protetto da una corte militare per essersi
rifiutato di eseguire un ordine perché
era un ordine "bandiera nera"].
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Secondo articolo:
Quella notte ero un po' ubriaco. Eravamo tutti
lì, a bere alla salute di Daniel che era
venuto fin dalla Francia e aveva giurato l'aliyah
per poter servire fedelmente il Paese, l'esercito
e Tali, la ragazza, assistente sociale militare.
Abbiamo stappato un Johnny Walker che Tali aveva
ricevuto da suo fratello, e stavamo ascoltando
i Doors, mentre fumavamo un po' di hashish. Non
puoi essere un vero soldato dei Nahal Corps senza
bere Johnny Walker, ascoltare i Doors, o fumare
hashish. E i più speciali utilizzano tutti
e tre. Eravamo appena tornati dal Libano, e dopo
una settimana di R&R siamo stati spediti direttamente
nei Territori, a Gaza.
Non c'è un altro posto come Gaza. Con il
suo mare azzurro e dell'eccellente hummus che,
anche se gli aggiungi una tonnellata di pane Pita,
olive schiacciate e patatine fritte, non ti costerà
più di 10 shekels, anzi avrete ancora il
resto. Lasciate che vi parli di queste Olive di
Gaza. Prima di tutto, sono le più amare
del mondo. La gente di Gaza dice che le olive
prendono il loro amaro dalla vita nella striscia
di Gaza. Dalla pressione della nostra occupazione,
e di quella prima, e di quella prima di quella.
E le olive non sono solamente amare, possono anche
farti impazzire tanto sono salate. E questo dipende
dalle lacrime delle donne di Gaza. Le lacrime
che versano negli oliveti passano tramite le radici
nelle olive.
Le donne di Gaza sono state le vere eroine. Mentre
gli uomini erano occupati a coltivare le miserie
della vita, e cercavano un modo per liberarsi
da questa o da quella occupazione, le donne si
curavano dei figli, preparavano il cibo e lavoravano
nei campi. Era nei campi che avevano i momenti
migliori. In solitudine piangevano per i loro
giovani e per i loro sogni; per i figli uccisi
o mandati in prigione, o per i figli che sarebbero
stati uccisi o mandati in prigione.
E le olive - loro assorbivano tutto, e - al contrario
di come potrebbe sembrare - hanno un ottimo sapore
e vanno benissimo con il whisky. Improvvisamente
pensai a mia madre che non dorme la notte.
Ho provato a spiegarle che non facevamo altro
che bere whisky e mangiare olive schiacciate.
Ma lei non mi credeva, mia madre, e cominciava
a piangere.
Diceva di aver paura. Che faceva brutti sogni.
La mamma e i suoi sogni. Le ho detto di non preoccuparsi
e di non piangere, perché se piangeva l'acqua
nell'acquedotto di Israele sarebbe diventata salata,
e sarebbe stata colpa sua. E questo che è
successo a Gaza, ed è per questo che sono
oppressi e occupati. Ma non servì a niente,
non c'è nessuno come mamma.
Tali disse che Jim Morrison era il re e incominciò
a ballare. Era bellissima, Tali! Con i suoi modi
diretti e la sua pancia piatta e il suo seno con
i capezzoli dritti come due colline nella prateria.
Daniel cominciò a ballare con lei e si
baciarono. Io me ne stavo seduto e pensavo a
Daniel, che era una vittima della vita. Un essere
umano la cui vita si era incasinata e nessuno
ci stava facendo attenzione.
La settimana scorsa, durante la dimostrazione
vicino alla moschea verde, Daniel ha sparato accidentalmente
alcuni colpi nella folla e una donna incinta di
Gaza rimase uccisa. Io corsi da lei, cercando
di portarle aiuto, ma stava già morendo.
Mi mandò uno sguardo triste, aveva gli
occhi gonfi di lacrime. Aveva una pancia di 5
mesi, e sapevo che aveva perso il bambino. Sanguinava
abbondantemente dall'addome e mi ci volle un po'
ad inserirle la IV e cominciare la trasfusione.
E' morta alle 6 pm. Roni, il dottore militare,
e io abbiamo cominciato a piangere. Manny, l'autista,
borbottava che era solo un araba. Morta, e allora?
Ma anche lui era triste, e si vedeva che stava
avendo un brutto momento. Gli ho dato un bacio
sulla fronte e gli ho detto di andare al quartier
generale. Nessuno disse una sola parola a Daniel.
Ci fu un'inchiesta e fu stabilito che era stato
un incidente. Un proiettile vagante. Ma nessuno
parlò a Daniel. Dissi a Roni che Daniel
aveva bisogno di un periodo di pausa, che dovevamo
parlargli, che mi sembrava strano. Ma Roni era
occupato e noi tutti eravamo occupati: ci furono
altre dimostrazioni e altra gente venne uccisa
e mi sentivo come se stessi impazzendo. Ci hanno
insegnato a sparare con i nostri fucili, a fare
imboscate, saltare da un aereo, portare i nostri
equipaggiamenti, correre, cadere, correre di nuovo.
Si sono dimenticati di insegnarci a parlare, piangere,
perdonarci. Daniel guardò Tali, le diede
un altro bacio, e disse che usciva un attimo a
pisciare.
Gli ho chiesto se voleva compagnia. No, mi ha
detto, stai qui e tieni d' occhio Tali per me.
Sono rimasto con Tali.
Un minuto dopo, abbiamo sentito un colpo.
Tal Belo
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Terzo articolo:
Il 5 febbraio 1985, mi sono alzato ho lasciato
casa mia, sono andato al Centro di Servizio Obbligatorio
su Rashi Street a Gerusalemme, ho detto addio
ai miei genitori, sono salito a bordo del vecchio
pulmino sgangherato che andava alla Stazione di
Incorporazione Militare e sono diventato un soldato.
Esattamente 17 anni più tardi, mi ritrovo
in uno scontro testa a testa con l 'esercito,
mentre la maggior parte della gente intorno mi
beffeggia e deride. Quelli di Destra mi vedono
come un traditore che sta sfuggendo alla guerra
santa che è qui dietro l'angolo. Il Centro
politico mi punta il dito ipocritamente e mi incolpa
di minare la democrazia e politicizzare l' esercito.
E la Sinistra? La giusta, stabile Sinistra "moderata"
che solo ieri mi corteggiava per il mio voto ora
mi volta le spalle. Tutti blaterano su cosa sia
o non sia legittimo, rivelando nel procedere la
profondità della loro ignoranza di teoria
politica e la loro incapacità di distinguere
una vera democrazia da un regime da terzo mondo
sullo stile di Juan Peron.
Quasi nessuno chiede la cosa più importante:
perché un tizio qualunque, nel mezzo della
vita, lavoro, bambini si alza una mattina e decide
che non ci sta più a giocare quel gioco?
E come mai non è l'unico, ma ci sono cinquanta,
scusate, cento. scusate ancora, adesso quasi duecento
tizi qualunque come lui che hanno fatto la stessa
cosa?
La generazione dei nostri padri singhiozza: li
abbiamo nuovamente imbarazzati. Ma non è
forse tutta colpa vostra? Su cosa ci avete cresciuti?
L'etica universale e la giustizia universale,
da un lato: pace, uguaglianza e libertà
per tutti. E dall'altra: "gli Arabi vogliono
gettarci a mare", "Sono tutti furbi
e primitivi. Non puoi fidarti". In una mano
le canzoni di John Lennon, Pete Seeger, Bob Dylan,
Bob Marley, i Pink Floyd. Canzoni di pace e amore,
contro il militarismo e la guerra.
Nell'altra mano, canzoni su una ragazza a bordo
di un carro armato dopo il tramonto sul campo:
".Il carro è tuo e tu sei nostra."
[ allusione a una canzone popolare israeliana].
Io sono stato cresciuto con due sistemi di valori:
uno era il codice etico, e l'altro quello tribale.
E non ho mai creduto potessero coesistere.
Così ero quando sono stato chiamato per
il servizio militare. Non entusiasta, ma come
se stessi partendo per una sacra missione di coraggio
e sacrificio per il bene della società.
Ma quando, invece di una sacra missione, un ragazzo
di 19 anni si ritrova a commettere il sacrilegio
di violare la dignità e la libertà
di esseri umani, non osa chiedere- neanche a se
stesso- se sia OK oppure no .
Cerca semplicemente di comportarsi come tutti
gli altri, e cerca di integrarsi. Gia così
ha abbastanza problemi, e, ragazzi, quant'è
lontano il weekend.
Ti ci abitui in fretta, e molti imparano anche
ad apprezzarlo. Dove mai puoi andare in pattuglia
- il che vuol dire camminare nelle strade come
un re, importunare e umiliare i pedoni come più
ti piace, e far birichinate con i tuoi compagnoni
- e al tempo stesso sentirti come un grande eroe
che difende la sua patria? Le imprese di Gaza
sono diventate racconti eroici, una fonte di orgoglio
per Giv'ati, allora un brigata piuttosto nuova
che soffriva di poca autostima.
Per molto tempo non riuscivo a comprendere l'intera
faccenda dell'
"eroismo". Ma poi, da sergente, mi
sono ritrovato in carica, e qualcosa si è
rotto dentro di me. Senza pensare, sono diventato
il perfetto impositore dell'occupazione. Ho chiuso
la questione con pivellini che non dimostravano
abbastanza rispetto. Ho strappato i documenti
di identità di uomini dell'età di
mio padre. Ho colpito, molestato, sono servito
da cattivo esempio - tutto questo nella città
di Kalkilia, a nemmeno 5 km dalla casa-dolce-casa
dei miei nonni. No. Non ero l'aberrazione, ero
esattamente la norma.
Avendo finito il servizio militare obbligatorio,
sono stato congedato. E poi è cominciata
la prima Intifada (quante ancora ce ne spettano?).
Ofer, un camerata che era rimasto nell'esercito
diventò un eroe: l'eroe del secondo processo
di Giv'ati. Comandava una compagnia che trascinò
un detenuto dimostrante palestinese in un aranceto
e lo picchiò a morte. Come disse il verdetto,
Ofer fu considerato il colpevole e responsabile
in capo della faccenda. Passò due mesi
in carcere e fu degradato - credo che quella fu
la condanna più severa data ad un soldato
Israeliano durante tutta la prima Intifada, nella
quale circa un migliaio di palestinesi furono
uccisi. Il comandante di battaglione di Ofer testimoniò
che c'era un ordine dalle alte sfere di usare
i pestaggi come legittimo metodo di punizione,
coinvolgendosi così nella faccenda. D'altro
canto Efi Itam, il comandante di brigata, che
era stato visto picchiare gli arabi in svariate
occasioni, negò di aver mai dato un simile
ordine, e così non venne mai indagato.
Oggi ci da lezioni sulla condotta morale, sulla
sua strada di una nuova carriera in politica.
(nella presente Intifada, accidentalmente, la
maggior parte degli incidenti che coinvolgono
la morte di Palestinesi non vengono nemmeno investigati.
A nessuno importa).
E nel frattempo, stavo diventando sempre di più
un civile. Mi capitò per le mani una copia
di "The Yellow Wind" (Il Vento Giallo)[un
libro sulla vita nei Territori Occupati, dello
scrittore israeliano David Grossman, disponibile
in Inglese] che era appena uscito. Lo lessi, e
mi colpì all' improvviso. Finalmente capii
cosa avevo fatto laggiù.
Cominciai a vedere che mi avevano ingannato: Mi
hanno insegnato a credere che c'era qualcuno lassù
che si occupava delle cose. Qualcuno che sa "cose"
che sono più grandi di me, il piccolo uomo.
E che anche se a volte i politici ci deludono,
le "sfere militari" sono sempre in guardia,
giorno e notte, tenendoci al sicuro, ogni singola
loro decisione il risultato della sacra necessità.
Si, ci hanno ingannati, i soldati delle Intifada;
esattamente così come avevano ingannato
la generazione che fu fatta a pezzetti nella guerra
di Attrition e nella guerra dello Yom e Kippur,
esattamente come avevano ingannato la generazione
che sprofondò pesantemente nei fanghi libanesi
durante l'invasione del Libano. E la generazione
dei nostri genitori continua a tacere.
Ancora peggio, capii che ero cresciuto con due
sistemi di valori opposti. Credo che la maggior
parte della gente capisca già in tenera
età che deve decidere tra due sistemi di
valori: uno astratto, faticoso, che non è
per niente divertente e molto difficile da verificare,
e un altro che ti chiama da ogni parte, che determina
chi è su e chi è giù, chi
è re e chi è pariah, chi è
uno di noi e chi è nostro nemico. Contrariamente
al buon senso comune, io ho scelto il primo. E
siccome in questo paese l'analisi del costo-beneficio
che paragona un sistema all'altro è così
sbilenca, non posso criticare quelli che scelgono
il secondo.
Ho scelto la prima strada, e mi sono trovato come
volontario in un piccolo ufficio pieno di fumo
in Est Gerusalemme, a scovare cartelle su morti,
brutalità, vizi burocratici o semplici
molestie quotidiane. Mi sentii che stavo rimediando,
almeno in parte, alle mie azioni dei giorni nella
brigata Giv'ati. Ma mi sembrava anche come se
stessi cercando di svuotare l'oceano con un cucchiaino.
Un bel giorno fui richiamato per la prima volta
per doveri di riservista nei Territori Occupati.
Con isteria contattai il comandante della mia
compagnia. Mi calmò: staremo solo in un
avamposto al di sopra del fiume Giordano. Non
ci aspettiamo contatti con la popolazione locale.
E fu davvero quello che feci, ma alcuni dei miei
amici provvedevano alla sicurezza per il terminal
del Ponte Damia [dove i Palestinesi attraversano
dalla Giordania a Israele e viceversa]. Questi
erano i giorni prima della Guerra del Golfo e
una gran parte di rifugiati Palestinesi arrivavano
dal Kuwait ai Territori Occupati (dalla padella
alla brace). I soldati riservisti - in gran parte
di Destra - rimasero sconcertati nel vedere le
loro commilitoni donne di stanza nel terminal
strappare felicemente coperte e cappotti dei bambini
per assicurarsi che non contenessero esplosivo.
Anche io ero sconcertato nel sentire le loro storie,
ma ero anche speranzoso: i soldati riservisti
sono esseri umani dopotutto, qualunque siano le
loro idee politiche.
Queste speranze furono infrante tre anni più
tardi, quando passai tre settimane con una celebrata
compagnia di ricognizione nelle rovine confiscate
di una Villa ai confini con l'Abasans.
Qui capii che lo stesso riservista umano poteva
trasformarsi in un orrendo macho meschino e regredire
completamente ai suoi giorni di giovane coscritto.
Gia durante il tragitto sul bus verso la striscia
di Gaza, i soldati competevano tra loro su quale
dei loro "eroici" racconti di pestaggi
omicidi durante l'Intifada fosse il migliore (nel
caso non aveste colto il
punto: i pestaggi erano davvero omicidi, pestavano
a morte). Andare in pattuglia con questi una sola
volta era il massimo che potevo tollerare. Andai
dall'ufficiale di collocamento e richiesi di fare
solo compiti di guardia. Agli ufficiali di collocamento
piacciono quelli come me, la maggior parte dei
soldati non sopporta di stare più di due
ore nella base.
Così incominciò la nauseante e vergognosa
routine, una routine che durò tre turni
da riservista nei Territori Occupati: 1993, 1995,
e 1997. La "grigio-pallida" routine
del rifiuto. Per molte settimane di seguito mi
trasformavo in un eremita "prigioniero della
coscienza", a fare la guardia ad un avamposto,
o a un trasmettitore da tempo dimenticato in cima
a qualche montagna, un recluso. Mi vergognavo
di dire alla gran parte dei miei amici perché
avevo deciso di prestare servizio in questo modo.
Non avevo l'energia per sentirli dire che razza
di mollaccione ero diventato. Mi vergognavo anche
di me stesso. Questo era il modo più semplice
per uscirne. Insomma, mi vergognavo di tutto.
Mi stavo salvando l'anima. Non facevo direttamente
del male, facevo solo in modo che altri potessero
farlo mentre io facevo la guardia. Perché
non mi rifiutai completamente? Non lo so. Era
in parte la pressione ad uniformarsi, in parte
il processo politico che ci diede un bagliore
di speranza che l'intera faccenda dell'occupazione
sarebbe presto finita. Più di tutto era
anche la mia curiosità di vedere cosa stava
veramente succedendo.
E proprio perché sapevo così bene,
di prima mano, dopo anni di esperienza che cosa
stava succedendo li, quale era la realtà
laggiù, non avevo difficoltà a vedere,
attraverso la nebbia della guerra e la tenda di
menzogne, che cosa stava succedendo durante i
primi giorni della seconda Intifada. Per anni
l'esercito si era nutrito di frasi come "siamo
stati troppo buoni nella prima Intifada"e
"se solo ne avessimo uccisi un centinaio
nei primi giorni, tutto sarebbe andato diversamente".
Adesso l'esercito aveva la licenza di fare le
cose a modo suo. Sapevo troppo bene che [l'ex
primo ministro] Ehud Barak stava dando via libera
all'esercito, e che [l' odierno Capo dello Staff]
Shaul Mofaz stava prendendo il massimo vantaggio
da questo per massimizzare lo spargimento di sangue.
In quel momento, avevo due figli, maschi, e sapevo
dall'esperienza che nessuno - non una singola
persona nel mondo intero - avrebbe fatto si che
i miei figli non dovranno servire nei Territori
Occupati quando raggiungeranno i 18 anni. Nessuno,
tranne me. E nessuno tranne me dovrà guardarli
negli occhi quando saranno adulti e dirgli dove
era papà quando tutto questo stava succedendo.
A me era chiaro, questa volta non sarei andato.
E poi scoprii che non ero solo. Come scoprire
la vita su un altro pianeta.
La verità è che capisco perché
tutti se la prendono con noi. Abbiamo rovinato
la loro piccola perfezione nell'ordine delle cose.
Il santo Status Quo dichiara che la Destra ha
l'esclusivo diritto di celebrare il sangue e chiederne
altro. Il ruolo della Sinistra, d'altro canto,
è di vagire seduti sulle loro poltrone
bevendo vino e aspettando la venuta del Messia
che con un singolo tocco della sua bacchetta magica
farà scomparire la Destra assieme ai Coloni,
gli Arabi, il brutto tempo e l'intero Medio Oriente.
E' così che si aspettano vada il mondo.
E allora perché date così fastidio,
qual è il vostro problema? Ragazzacci!
Disgrazia su di te, cara istituzione della Sinistra!
Non sei stata attenta! Il Messia è già
venuto. Ha usato la sua bacchetta magica, ha visto
che le cose non sono così semplici, è
stato abbandonato nel mezzo della battaglia, ha
perso quota, ed è infine stato assassinato,
con tutti noi (si, anche io) a guardare dalle
confortevoli poltrone. Dimenticatelo. Un Messia
non passa due volte! Non esiste il pasto gratuito.
Davvero non vi accorgete di cosa stiamo facendo,
del perché siamo usciti dalle righe?
Non capite la differenza tra una cauta attenzione,
un rifiuto personale ed uno pubblico, organizzato?
(e non sbagliatevi al riguardo, il rifiuto personale
è la scelta più semplice). Davvero
non lo capite? Allora lasciate che ve lo enunci
interamente.
Primo, noi dichiariamo la nostra dedizione al
primo sistema di valori. Quello che è elusivo,
astratto, e non remunerativo. Noi crediamo nel
codice morale conosciuto generalmente come Dio
(e i miei amici atei che hanno anche firmato questa
lettera dovranno perdonarmi - noi tutti crediamo
in Dio, il vero Dio, non quello dei rabbini o
degli Ayatollah).Crediamo che non ci sia spazio
per il codice tribale, che il codice tribale semplicemente
camuffa l' idolatria, un idolatria con la quale
noi non dovremmo cooperare. Coloro che lasciano
prendere il sopravvento a una simile idolatria
finiranno per l' essere loro stessi delle offerte
incenerite.
Secondo, noi (così come altri gruppi che
sono anche più disprezzati e
molestati) mettiamo i nostri corpi sul fronte,
nel tentativo di prevenire la prossima guerra.
La più inutile, idiota, crudele e immorale
guerra nella storia di Israele.
Noi siamo il ragazzo cinese davanti al carro armato.
E tu? Se non sei in vista, allora vuol dire che
probabilmente sei dentro il carro armato, a dare
indicazioni all'autista.
Assaf Oron
Sergente First Class Fanteria
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