segnali dalle città invisibili
 

Giro86 Risonanze
L'emozionante essenzialità dei sempreverdi Fall

L'ultima esibizione romana della band di Manchester lo scorso 27 febbraio
di Lucio Tomarchio

Al centro sociale Brancaleone di Roma raramente si incontrano
"pischelletti", ma la sera di mercoledì 27 febbraio non ce n'era mezzo.
Forse i più giovani erano i componenti del gruppo spalla, i romani
"Magenta", che sono stati quasi ignorati da un pubblico che pensava solo
all'arrivo del piatto forte. Certo, le condizioni del concerto
discriminavano fortemente l'età di chi poteva entrare e chi no: prima di
tutto i dodici euro all'ingresso (inconsueto per un centro sociale: gli
occupanti si difendono sostenendo che hanno concesso lo spazio a una
società esterna, la DNA); poi l'orario: il gruppo si è presentato quasi a
mezzanotte e mezza; e infine il nome della band: "the Fall". Questo nome
comunemente dice poco o nulla ai giovanissimi, ma non è così per quei
fedeli coltivati nel minestrone a base punk preparato da Mark Smith dal
1977 a oggi.
Proprio come un minestrone, la musica suonata nell'ora e mezza di
esibizione, era densa e calda. Impossibile distinguere una canzone
dall'altra: nessuno stacco netto nell'atmosfera; nessun elemento che
facesse trapelare che il pezzo fosse stato scritto ai tempi del One
Hundred Club (il maggior palcoscenico del punk britannico alla fine degli
anni settanta) o in occasione del tour di quest'anno.

Quest'anno il giro non ha un nome che voglia darsi importanza e la
maglietta ufficiale raccoglie l'essenzialità della scritta "2002 Tour"
sovrastata da Mark Smith con la sigaretta. Già, perché i Fall sono prima
di tutto lui: è l'immagine stessa del gruppo e l'unico, come raccontano
gli storiografi, a non avere mai avuto momenti di distacco dalla band o di
semplice distoglimento da questo progetto musicale. È lui a dirigere
l'umore della sala, con la cantilena incomprensibile e ipnotica e il suo
aggirarsi nervoso sul palco: il resto della band era solo il resto della
band e il ruolo di prima donna non era in discussione.
Eppure, anche se Smith dà la ricetta, servono bravi cuochi per preparare
un piatto gustoso da ingredienti semplici come pochi accordi di basso e
chitarra senza alcun fronzolo.
Il minestrone ha avvolto il paio di centinaia di fan accorsi per questi
quattro simpatici vecchietti di Manchester, che raccolti in un salone di
una quindicina di metri per venti creavano esattamente il tipo di
atmosfera che si cerca in un evento come questo. Il fan tipico era sulla
trentina, ha seguito con attenzione quello che hanno suonato in
Inghilterra durante gli anni ottanta e non ha avuto la minima esitazione
di fronte alla pioggierellina che quella sera cadeva su Roma. Voleva
esserci: i Fall non hanno mai raccolto masse oceaniche, ma un discreto
numero di ammiratori fedeli, talvolta fino all'idolatria.
Alla fine non si poteva dire se l'esibizione fosse stata bella o brutta,
ma si usciva dalla sala con tutta l'emozione di aver partecipato a un
concerto dei Fall, almeno un volta nella vita.

Il Progetto
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