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Le relazioni industriali in Germania

Alcune utili informazioni per capire perché la Germania rappresenta un modello.

di Emanuele G. - lunedì 21 febbraio 2011 - 8030 letture

Non si fa che parlare del modello delle relazioni industriali in Germania. Un modello definito paradigmatico. Tuttavia – more solito – si parla senza conoscere sia la questione che i relativi dettagli. Constatazione che mi ha spinto a saperne di più al fine di rendere disponibile su Giro di Vite un articolo che potesse fornire il maggior numero di informazioni possibili in merito.

Per prima cosa ho scritto a Die Linke e ai sindacati tedeschi con l’obiettivo di ricevere il loro supporto nel reperimento della documentazione atta alla costruzione dell’articolo. Il materiale a disposizione è stato particolarmente abbondante, ma ho scelto un documento suggeritomi dalla Confederazione dei Sindacati Tedeschi (Dgb) e redatto da Birgit Kraemer in quanto rispondeva appieno alle mie aspettative.

Pertanto, utilizzerò il succitato documento alla stregua di canovaccio poiché esso informa con rara chiarezza e completezza su un argomento certamente non facile e complesso.

Background economico – relazioni industriali – paga e orario di lavoro

Comincio l’articolo con una serie di dati che hanno lo scopo di inquadrare la situazione economica della Germania. I dati risalgono al 2005 o al 2007.

Nel 2007 dato 100 il valore del Pil in Eu27, esso in Germania era collocato a 114,8. Nel triennio 2004-2007 Eu27 ha registrato un incremento del Pil maggiore rispetto alla Germania, ma tale aumento è stato limato dal fatto che in Germania l’inflazione è aumentata meno che in Eu27. Nel 2005 il costo mensile del lavoro in Germania era di euro 3.786. In Eu di 2.981. Il salario lordo annuale nel 2005 in Germania era di euro 41.694, mentre in Eu27 di appena 28.000 euro. Il gap fra i sessi in termini di stipendio era del 23 % in Germania. Il tasso di impiego 15-64 anni era in Germania nel 2007 del 69,4%. Un 4 punti in meno di percentuale in Eu27. Il tasso di impiego femminile in Germania, sempre nel 2007, era del 64%. Circa 6 punti in più in percentuale rispetto a Eurolandia. La disoccupazione in riferimento alla forbice 15-64 anni era del 8,4%. Maggiore rispetto a Eu27.

In Germania nel 2005 solo il 22% dei lavoratori è iscritto a un sindacato e il 63% delle imprese sono federate in associazioni di categoria. La contrattazione collettiva copre il 61% degli impiegati. Nel triennio 2004-2007 ogni lavoratore di Eurolandia ha perso 37,47 giornate lavorative contro un modesto 5,62 giornate registrato in Germania. L’incremento potenziale della busta paga in Germania nello stesso triennio è stato inferiore rispetto al resto d’Europa, ma quello reale di pochi decimi percentuali in favore a Eurolandia (1,8% il dato tedesco e 2,1% quello complessivo in Europa). Il monte-ore settimanale deciso in base ai contratti è stato in Germania quattro anni fa di 37,7 ore. Il dato europeo di 38,6. Il dato reale aggregando anche gli straordinari diventa 41,1 ore in Germania e 40 ore in Europa.

Il contesto legale

Il sistema delle relazioni industriali in Germania è stato plasmato subito dopo il periodo post-bellico nella parte ovest. La parte est si adeguò al momento della riunificazione. Le idee basi erano due: depoliticizzare le relazioni industriali e tenere fuori i conflitti dai posti di lavoro. Il sistema si basa su un sistema duale di rappresentazione degli interessi basato da una parte dai sindacati e dall’altra dagli imprenditori che sono i soli responsabili per la contrattazione collettiva e i consigli del lavoro come principale istituzione di rappresentanza degli interessi dei lavoratori.

Il cuore delle legislazione sulla contrattazione collettiva è il Tarifvertragsgesetz (Atto di accordo collettivo) del 1949. Questo atto stabilisce che i soli che hanno il potere di sottoscrivere un accordo di contrattazione collettiva sono i sindacati; mentre sia le organizzazioni degli imprenditori o i singoli imprenditori possono partecipare alla contrattazione collettiva.

Nel settore privato la rappresentanza del personale impiegato è governata dal Betriebsverfassungsgesetz del 1952. Emendato nel 2001. Un consiglio del lavoro può essere costitutito in ogni luogo di lavoro con un minimo di cinque lavoratori. Tutti gli impiegati – anche se non iscritti ad alcun sindacato – hanno il diritto di candidarsi e di votare. Il consiglio del lavoro ha il diritto di co-determinare, informare e consultare. Ma non ha diritto di contrattazione in quelle materie che sono soggette alla contrattazione collettiva. Ad eccezione di quei casi previsti dalla legge. Il consiglio del lavoro, fra l’altro, non ha nessun diritto di dichiarare lo sciopero o interruzioni di attività lavorativa a qualsiasi titolo.

Non c’è una specifica normativa in merito. L’organo che fa giurisprudenza in tale ambito è il Bundersarbeitsgericht). Il principio cardine è che ogni disputa e susseguente azione devono essere regolate dalle normative riguardanti l’accordo collettivo. Gli scioperi e altre forme di azione sono ammesse nel contesto della contrattazione collettiva. Scioperi politici o generali sono considerati fuori legge. Altri tipi di proteste sono ammesse a patto che tali azioni sono dichiarate dai sindacati e in base a specifiche circostanze. Non è ammesso lo sciopero per motivi personali. Gli scioperi non riconosciuti dai sindacati sono fuori legge e gli impiegati dello stato non possono scioperare. C’è l’obbligo di mantenere la pace industriale (Friedenspflicht) per la durata della contrattazione collettiva. Durante tale periodo non sono ammessi né scioperi né altre forme di protesta in quanto potrebbero arrecare problemi di instabilità al complessivo procedimento della contrattazione collettiva.

Trend nelle principali relazioni industriali

I sindacati, come anche le organizzazioni di rappresentanza degli industriali, hanno dovuto subire un declino di adesioni. Un particolare caso è rappresentato dalla Germania dell’Est dove molte aziende hanno lasciato, o si sono rifiutate, le organizzazioni riguardanti gli industriali e preferiscono contrattare a livello di azienda. Mentre la copertura della contrattazione collettiva è in fase di flessione, un sempre maggiore numero di clausole aperte determinano il fatto che ci possa essere una contrattazione per singola fabbrica. Inoltre, in certi settori dei servizi, è sempre più difficile concludere un accordo in base alla contrattazione collettiva. Dall’altro canto l’aumento di settori a bassa paga sta portando molti a riflettere se debba essere lo Stato a decidere un salario minimo e gli standard di lavoro.

Gli attori principali

Sindacati – L’indice di sindacalizzazione in Germania è passato in pochissimi anni dal 25 per cento al 22 per cento. Questo a causa della profonda crisi che ha investito i settori tradizionali del sindacato tedesco come il settore manifatturiero o quello pubblico.

Attualmente in Germania esistono tre confederazioni di sindacati.

La più importante è la Deutscher Gewerkschaftsbund (Dgb) che riunisce quasi sei milioni e mezzo di lavoratori. Il 32 % sono donne. Il sindacato più rappresentativo di questa confederazione è la Industrieegewerschaft Metall (Ig Metall) con ben 2 milioni e trecentomila aderenti.

La seconda confederazione per importanza è la Deutscher Beamtenbund and Tarifunion (Dbb) che è sorta da un processo di affiliazione di ben 40 differenti sindacati. La Dbb raggiunge 1 e duecentottantamila aderenti.

In terza posizione abbiamo la Chrstlicher Gewerkschaftsbung Deutschlands (Cgb) con neanche trecentomila affiliati.

Inoltre esistono un numero imprecisato di altre confederazioni sindacali che non fanno riferimento alle succitate e coinvolgono, dati del 2008, circa duecentosettantamila persone.

Bisogna dire che nel corso degli ultimi due decenni ci sono stati parecchi cambiamenti. Il più rimarchevole è la costituzione di una serie di sindacati operanti nel campo dei servizi privati e pubblici.

Dal 2001 in poi un numero di sindacati ha deciso di andarsene dalla Dgb per attivare una contrattazione collettiva separata. Separata in quanto ciascun sindacato si occupa del proprio settore di pertinenza. Mi riferisco ai piloti, dottori e conducenti di treni.

Le organizzazioni degli imprenditori – Ci sono due organizzazioni di imprenditori che si possono considerare alla stregua di piattaforme di coordinamento degli interessi dei datori di lavoro in Germania. Esse sono: Bundesvereinigung und Deutschen Arbeitgeberverbande (Bda) e Bundesverband der Deutschen Industrie (Bdi). L’adesione a queste organizzazione è aperta agli imprenditori di tutti i settori industriali.

C’è da rimarcare che la Bda non è coinvolta direttamente nella contrattazione collettiva. Semmai la coordina attraverso le organizzazioni imprenditoriali ad essa collegata. La Bdi non si interessa in nessun modo della contrattazione collettiva. Piuttosto si occupa di sviluppare le strategie di politica economica di tutte le aziende che fanno ad essa riferimento.

Di recente l’introduzione di uno status di adesione senza per forza far parte del sistema della contrattazione collettiva è da ritenere la più significativa novità emersa nel campo delle organizzazioni degli imprenditori tedeschi. Ad esempio, la Arbeitgeberverbande der Metall – und Elkrtroindustrie (Gesamtmetall) ha due tipologie di adesione. Infine i membri delle confederazioni degli imprenditoriali coinvolti nella contrattazione collettiva sono scesi da 4.189 a 3.803, mentre quelli di segno opposto – cioè non collegati – sono aumentati da 1.432 a 2.229. Il periodo di osservazione è il biennio intercorso fra il 2007 e il 2009.

Le relazioni industriali

Il livello dominante nella contrattazione collettiva è il livello settoriale. Normalmente tale tipologia di contrattazione si riferisce al livello regionale dove alcuni Lander giocano il ruolo di struttra di mediazione. Le negoziazioni sono molto rare a livello nazionale.

Nel 2008, il 46,8% di tutti gli accordi validi avevano come punto di riferimento gli accordi per singole aziende, ma coprono solo una piccola parte del personale impiegato.

Fra il 1998 e il 2007 la contrattazione collettiva è scesa di ben 12 punti percentuali come riferisce l’Institut fur Arbeitsmarkt-und Berufsforschung. Naturalmente bisogna analizzare se si tratta di Germania Occidentale o Orientale, settore pubblico o settore privato, tipologia di aziende coinvolte e altro ancora.

Gli accordi collettivi sono regolamentati in tutti i sensi e per tutte le parti dall’articolo 3, paragrafo 1 del Tarifvertragsgesetz. Imprescindibile è il fatto che tutti i lavoratori facciano parte di un sindacato oppure un’impresa di un’associazione imprenditoriale.

Estensione degli accordi collettivi

L’articolo 5 del legge poc’anzi citata regola un delicato settore. Ossia quello dell’estenzione degli accordi collettivi. E’ bene precisarlo. Solo in presenza del rispetto di alcuni parametri fondamentali:

• Le parti o una delle parti coinvolte devono aver firmato per dimostrare volontà manifesta all’attivazione di tale procedura;

• Gli imprenditori coinvolti nell’accordo collettivo devo impiegare almeno il 50% di tutti i lavoratori nell’area occupazionale e geografica coperta dall’accordo;

• Le procedure devono essere definite come pubblico interesse;

• Un comitato di applicazione delle estensioni consistente in tre sindacati e tre rappresentanti degli imprenditori devono aver approvato la richiesta a maggioranza di almeno 4 voti.

Dal 1999 il Bundesministerium fur Arbewit und Soziales è in grado di dichiarare sotto certe condizioni paghe e condizioni di lavoro uguali per tutte mediante una direttiva ministeriale su consultazione del comitato di applicazione delle estensioni.

Su un totale di 64.300 accordi collettivi registrati dall’Allgemeinverbindliche Tarifvertrage (Bmas) possiamo trovare un 640 accordi stipulati secondo la normativa riguardante l’estensione (186 dei quali nella Germania Orientale).

Non c’è nessun meccanismo per l’applicazione o estensione dei termi degli accordi collettivi. Tuttavia, facendo riferimento ad alcune proiezioni circa il 27% degli stabilimenti occidentali e il 22 % di quelli orientali hanno sottoscritto volontariamente accordi collettivi settoriali come le procedure di calcolo del tariffario. Infine, non c’è nessun coordinamento nazionale per quanto riguarda il tariffario.

Attualmente c’è un trend piuttosto sostenuto riguardo la decentralizzazione, mentre avviene l’esatto opposto per gli accordi collettivi per settore. Dal 1990 in poi il sistema tedesco degli accordi collettivi ha visto un continuo estendersi delle così dette clausole aperte. Ciò permette di non rispettare la normativa nazionale della contrattazione collettiva. Per arrivare a questo punto è necessario che ci sia l’accordo dei principali attori del processo decisionale. Significativi studi sono stati compiuti in merito dal Wirtschafts-und Sozialwissenschaftliches Institut (Wsi) e dall’Hans-Blocker Foundation.

Altri aspetti importanti nella contrattazione collettiva

Oltre al salario la contrattazione collettiva si occupa di altri importanti aspetti contrattuali.

Mi riferisco all’orario di lavoro inteso in tutte le sue accezioni che in certi casi può includere una clausola sui “cambiamenti demografici”. Quest’ultimo caso è previsto dal contratto dei lavoratori dell’industria dell’acciaio siglato nel 2006.

Anche il rischio di chiusura dell’impianto e della delocalizzazione possono trovar posto nel capitolato dell’accordo collettivo di lavoro (Sozialtarifvertrage).

Aspetto basilare è senza dubbio quello concernente le modalità di formazione continue come si evince dal contratto concluso nel 2001 fra la Ig Metall e l’organizzazione degli imprenditori del Baden-Wuttemberg.

L’eguaglianza dei sessi è un aspetto poco presente nella contrattazione collettiva. Spesso è un dettaglio tecnico in riferimento alla flessibilità dell’orario di lavoro.

I conflitti industriali

La Bundesagentur fur Arbeit (Ba) non registra nessun dato statistico circa gli scioperi e altre forme di fermo del lavoro. Si occupa, piuttosto, di dati come il numero degli stabilimenti interessati, i giorni di non lavoro e del numero degli impiegati coinvolti nell’azione dello sciopero.

In Germania lo sciopero è un evento piuttosto raro se raffrontato con il resto dell’Europa. La media dei lavoratori coinvolti negli scioperi è appena del 3,4 su 1000.

La forma più utilizzata di sciopero in Germania è il c.d. “Warnstreik”. Uno sciopero brevissimo che dimostra all’azienda la capacità del sindacato di mobilitare la propria base. Bisogna dire che questa forma di sciopero è oggetto di una non frequente azione di registrazione dati.

Il settore più colpito dagli scioperi è quello della metallurgia. Infatti, ben due terzi dei lavoratori in sciopero dal 1990 al 2007 appartengono a questo settore. Lo sciopero, inoltre, è aumentato di molto in settori come i servizi. Da un altro canto, il settore pubblico, le telecomunicazioni, le ferrovie e il commercio sono stati i settori dove gli scioperi sono durati di più.

Il perché di un’azione collettiva

Le ragioni per le quali viene dichiarato uno sciopero sono molteplici. Possono essere o collegate direttamente alla contrattazione collettiva oppure alla difesa degli standard minimi di lavoro. Molti scioperi sono dichiarati per ragioni attinenti allo stipendio. Nel settore pubblico succede spesso che il datore di lavoro voglia estendere l’orario di lavoro.

Un ulteriore ambito di motivazioni allo sciopero è quello attinente alla delocalizzazione o chiusura di un’unità produttiva. Ricordo che in Germania gli scioperi sono legali solo se la tipologia è prevista dalla contrattazione collettiva.

Nel recente periodo si è assistito a degli scioperi settoriali. Soprattutto nel campo delle professioni.

Per regolare i conflitti viene messo in opera il Schlichtungsvereinbaraung. Tale regolamento indica quando la c.d. “pace sociale” può essere considerata non più valida e si può dichiarare lo sciopero. In caso che la contrattazione collettiva non giunga a nessun risultato tangibile si attivano delle clausole concernenti la prevenzione dell’innalzamento dello scontro sociale. Tale procedura non significa compromesso, ma semplicemente mediazione.

In Germania non esiste nessuna contrattazione istituzionalizzata a livello nazionale.

Secondo l’Iab nel 2005 solo l’11% di tutte le aziende private hanno un proprio consiglio del lavoro. Naturalmente tale indice è più alto nella parte occidentale della Germania. Il consiglio del lavoro esiste nelle grosse realtà industriali. E’ più raro, al contrario, nelle piccole imprese. Tali organismi sono più frequenti nei settori manifatturiero e dei servizi. Particolarmente difficile è l’eventualità che nei settori informatico o nella salute ci possano essere i consigli del lavoro.

Nel settore privato la rappresentanza della forza lavoro è gestita dal Betriebsverfassungsgesetz (BetrVg) del 1952 e emendato nel 2001. Un consiglio del lavoro può essere attivato con almeno cinque lavoratori. Tutti i lavoratori possono sia votare che farsi eleggere. I consigli del lavoro hanno potere nella codeterminazione, informazione e consulenza, ma non hanno nessun potere per ciò che non è stabilito dall’ordinamento della contrattazione collettiva. Inoltre, non hanno il potere di dichiarare lo sciopero e altre forme di lotta sindacale.

I diritti dei lavoratori

Secondo la Arbeitsgerichtsgesetz, le applicazioni individuali o collettive della legge sul lavoro sono assicurate dalle corti del lavoro operative a livello di distretto, regionale o federale. Nei processi che vi sono svolti partecipano sia i sindacati che le organizzazioni imprenditoriali. Tali organismi possono rappresentare anche un solo membro.

Le ispezioni del lavoro, una volta collegate al Ministero del Lavoro, sono sempre più decentralizzate a livello distrettuale o locale. Importante è il ruolo del consiglio del lavoro che si occupa di problematiche attinenti alla salute e alla sicurezza sul posto di lavoro e autorizza l’avvio delle procedure di indagine sul rischio connesso all’attività lavorativa. Per legge, gli assicuratori del ramo salute e le associazioni degli imprenditori in tale branca devono cooperare con gli imprenditori e lavoratori per prevenire i rischi sulla salute e la sicurezza.

Paga e orario di lavoro

In Germania non c’è nessuna legge che regoli i minimi dello stipendio. Tuttavia, il drammatico aumento dei percettori di bassi stipendi sta avviando un serrato dibattito perché il paese si doti di una normativa in merito. Attualmente c’è una legge che funge da regolamentazione del settore. Si tratta dell’Arbeitnehmer-Entsendegesetz (AEntG).

L’AEntG dispone precise norme sui livelli minimi reddituali e sulle condizioni di lavoro nel settore degli accordi collettivi. Tuttavia, si è deciso di estenderli a quanti più settori come i lavoratori europei che lavorano temporaneamente in Germania o lavoratori tedeschi che lavorino in paese sempre comunitari. Di particolare rilevanza le norme sui lavoratori edili, delle poste, delle pulizie industriali e della sicurezza.

Nell’ultima decade lo sviluppo delle buste paga in Germania ha sofferto di alcune criticità. In alcuni aspetti si sono avute, infatti, delle contrazioni rispetto Eu27. Per altri la Germania ha ottenuto degli score operativi davvero ragguardevoli.

Per costo del lavoro la Germania è all’ottavo posto con un costo orario di euro 28 in relazione a un costo standard europeo di euro 26. Nel settore manifatturiero il costo orario medio è il più alto d’Europa, al contrario nei servizi privati si snoda in rispetto alla media europea.

Infine, per quanto riguarda il differenziale fra i sessi in rapporto alla paga media standard la Germania ha avuto la migliore performance europea in quanto il tasso si è accresciuto di ben 23 %. Tuttavia, c’è da dire che c’è stata una leggere flessione dovuta al fatto che il livello di formazione delle donne è nettamente migliorato.

L’orario di lavoro medio giornaliero in Germania è di otto ore. E’ ammessa un’estensione a 10 ore se entro sei mesi o 24 settimane la media delle otte ore non è oltrepassata. Non c’è nessun regolamento circa il monte-orario settimanale.

Gli accordi collettivi delineano una settimana di 37,4 ore settimanali nella Germania Occidentale e di un’ora in più circa in quella Orientale. La settimana lavorativa è più corta per i lavoratori della Deutsche Telekom e del settore metallurgico. Spesso succede che gli accordi collettivi dispongano che l’orario medio settimanale possa essere esteso.

Attualmente una settimana media di lavoro in Germania è in totale composta da 41,1 ore (dati 2007). Appena un’ora in più rispetto alla media europea che è di 40 ore settimanali.

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