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La musica al tempo dello sfaldamento dell’Europa

di Sergej - domenica 15 maggio 2022 - 3330 letture

Possiamo essere lieti che a vincere quest’anno l’Eurovision Song Contest [1] svoltosi a Torino dal 10 al 14 maggio 2022 sia stata l’Ucraina, con la canzone Stefania dei Kalush Orchestra. Quest’anno la Russia era stata squalificata, dopo l’aggressione fatta dall’esercito russo proprio nei confronti dell’Ucraina. Ragioni politiche si intrecciano a un’attività che ha più a che fare con l’intrattenimento e l’industria musicale che la politica; ma qui evidentemente l’intreccio è con la propaganda più che con la politica. Chi scrive appartiene a una generazione che ha ancora nel proprio cuore la partecipazione, a questo festival, di Gigliola Cinquetti nel 1964. Il nostro Paese dopo aver perso una guerra e aver affrontato la fase difficile della "ricostruzione", tornava nei circuiti internazionali con timidezza ma anche con la speranza di poter partecipare a un mondo collettivo, democratico, aperto, non più abbrutito dalle guerre.

C’è qualcosa che è andato storto.

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Eurovision song festival 2022

Vittoria di propaganda e di "opportunità" tutta interna allo schieramento di parte occidentale dell’Europa. Poco a che fare con i "valori" della musica. Che del resto, per un festival di questo tipo è sempre difficile accampare. Perché questi festival, come del resto quello di San Remo per l’Italia, sono fatti per un tipo di musica, un "prodotto" commerciale con caratteristiche ben determinate anche all’interno del genere "canzone". Per dirla in maniera facilona: un De André non è mai andato a San Remo e neppure al’’Eurovision. È una questione di mercato e di diverso target a cui ci si rivolge; per alcuni musicisti può essere anche una questione personale e politica, ma questo attiene alla sfera personale dei singoli e solo in determinati momenti le scelte personali hanno coinciso con movimenti sociali collettivi. Esiste comunque una selezione, culturale e politica che separa i diversi tipi di musica. Per San Remo e per l’Eurovision va bene un certo tipo di musica. E pop non significa popolare.

San Remo e Eurovision permettono ad alcune case discografiche di poter accedere a mercati nazionali o internazionali. Vendere dischi. Per loro è una questione commerciale. Così come è congegnato il "song festival", con la compartimentazione a Stati nazionali, finisce per entrarci anche il campanilismo dei vari Stati europei. Il rischio è sempre quello di selezionare un prodotto "regionale", valido per un mercato regionale seppur esteso al subcontinente europeo. Ogni cosa va secondo la sua destinazione. Un prodotto regionale, che ha un suo successo di vendite a livello regionale (seppure europeo) ha tutti i limiti e le caratteristiche di un prodotto regionale.

Fino all’altroieri la stampa italiana e l’opinione collettiva pubblica diffidava molto dell’Eurofestival. Anche perché a questo festival non siamo stati molto fortunati dopo il 1964. La nostra ambizione, anche in campo calcistico, era quella di giocare nei gironi internazionali. Fino all’altroieri che la nazionale italiana di calcio vincesse il Campionato europeo non fregava niente a nessuno - noi pensavamo solo ai "mondiali". Che l’anno scorso ci si sia gloriati sui giornali della gloriosa impresa degli europei di calcio è stato il sintomo che qualcosa è cambiato - a livello culturale e sociale. Quantomeno nella testa dei nostri quadri dirigenti.

Non solo l’Europa come unione mostra segni di difficoltà e non sappiamo se nel 2023 esisterà ancora. Ma anche l’orizzonte in cui si muovono i nostri Stati nazionali si è ristretto, fin quasi a diventare risibile.

[1] vedi: Wikipedia.


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