L’inflazione in Italia
Un articolo di Giovanni Caprio (Pressenza).
Alle autocelebrazioni televisive che affermano che tutto va bene, anzi che non è mai andata bene come adesso e che promettono che andrà sempre meglio, fa poi da contraltare la nuda vita quotidiana con la fatica sempre maggiore per cercare di andare avanti e per tanti addirittura con la difficoltà di mettere insieme il pranzo con la cena.
A fine luglio scorso la CGIA di Mestre aveva lanciato l’allarme sul costo della vita, aumentato tra il 2019 e il 2023 in media del 16,3% e con gli aumenti maggiori che si sono verificati nel settore dell’energia, con bollette aumentate del 108% per l’elettricità e del 72,1% per il gas, ma anche l’acqua, che ha segnato un +13,2%, così come i servizi postali (+8,6%), il trasporto urbano (+6,3%), il trasporto ferroviario (+4,5%), i taxi (+3,9%), la gestione dei rifiuti (+3,5%) e i pedaggi autostradali (+3,3%). Tariffe che hanno un costo medio per le famiglie italiane di poco superiore ai 2.900 € annui (circa il 12% dell’intera spesa familiare annua).
L’aumento del costo della vita costringe gli italiani a tirare sempre più la cinghia e a fare sacrifici: il 45% degli italiani, circa 27 milioni di cittadini, come ha evidenziato il Codacons, non ha avuto i soldi per andare in vacanza tra giugno e settembre e la percentuale di coloro che restano a casa nel periodo estivo risulta in preoccupante aumento. Non solo, ma l’estate ha visto un’impennata dei prezzi che ha messo in difficoltà più di una famiglia: “Un tasso di crescita dei prezzi al dettaglio dell’1,1% equivale ad un aggravio di spesa pari a +346,5 euro annui per la famiglia “tipo”, +451 euro per un nucleo con due figli, analizza sempre il Codacons.
Ma i dati Istat certificano come il comparto che registra la più forte crescita su base annua sia proprio quello dei servizi ricettivi e di ristorazione che segnano in media un +4,4% rispetto ad agosto 2023, a dimostrazione dei rincari che si sono abbattuti sul comparto turistico nel mese di agosto. Se si analizzano le singole voci di spesa, emerge che i pacchetti vacanza hanno registrato un rincaro record del 37,4% su base annua, i listini di villaggi vacanza e campeggi crescono del 12,9%, gli alberghi rincarano del 4,2%, gli alloggi in altre strutture (b&b, case vacanza, ecc.) del 7,2%, i treni del 6,1%, pullman e bus del 2,2%”.
Anche prendere un caffè al bar per tanti inizia ad essere un lusso che non sempre ci si può permettere: “A fine agosto 2023, è sempre il Codacons a lanciare l’allarme, il prezzo del caffè Robusta era pari a circa 2439 dollari la tonnellata mentre oggi le quotazioni sui mercati hanno raggiunto quota 4.820, segnando un incredibile +97.62%, mentre l’Arabica nello stesso periodo è salito da 1,52 a 2,53 dollari alla libbra (+66.45%), ai massimi dal 2011.Quotazioni alle stelle che interessano materie prime utilizzate per prodotti molto consumati in Italia, e che rischiano di determinare rincari a raffica per i prezzi al dettaglio di una moltitudine di alimenti. Basti pensare che solo per i prodotti a base di caffè gli italiani spendono oltre 8 miliardi di euro all’anno, circa 392 euro a famiglia: Cialde e capsule valgono 595 milioni di euro annui, mentre il caffè per moka registra vendite per 640 milioni di euro. 7 miliardi di euro il business del caffè espresso consumato al bar. I prezzi al dettaglio hanno già risentito nell’ultimo periodo dell’andamento delle quotazioni, con i prezzi di prodotti a base di caffè che sono aumentati sensibilmente rispetto allo scorso anno: il rischio, ora, è di un nuovo impatto sui consumi degli italiani”.
Ma ad aumentare sensibilmente in Italia sono anche i listini del cappuccino, bevanda che da sempre caratterizza la colazione degli italiani al bar, richiestissima anche dai turisti stranieri che visitano il nostro Paese. La denuncia arriva in questo caso da un’indagine di Assoutenti che ha elaborato i dati pubblicati sull’apposito osservatorio Mimit, mettendo a confronto i prezzi attuali del cappuccino servito al bar nelle principali città italiane con quelli in vigore nel 2021. Considerando le principali città italiane monitorate da Assoutenti, il prezzo medio del cappuccino al bar si attesta oggi a 1,59 euro, contro una media di 1,39 euro del 2021: questo significa che in tre anni il cappuccino ha subito nel nostro Paese un rincaro medio del 14,1%.
Per non parlare dell’ondata di extra-costi “pazzi” applicati ai clienti da bar e ristoranti italiani, con balzelli richiesti per qualsiasi servizio aggiuntivo ai tavoli. “Siamo in presenza di una vera giungla nel settore della ristorazione, con i gestori di bar e ristoranti che richiedono ai consumatori extra-costi assurdi che non appaiono in alcun modo giustificati – spiega il presidente di Assoutenti, Gabriele Melluso. Si va dai pochi centesimi di euro chiesti per un bicchiere di acqua del rubinetto al bar o per la polvere di cacao sul cappuccino al caso recente dei 58 euro per sporzionare una torta, ma la lista dei balzelli è lunga: fino a 2 euro sono richiesti per scaldare nel microonde il latte del biberon, 3 euro per un piatto vuoto aggiuntivo, 2 euro per tagliare un tramezzino, 0,50 euro per del ghiaccio aggiuntivo, 1,5 euro per cucchiaini e posate varie in più”: .
Intanto, come dimostrano i dati dell’osservatorio del portale immobiliare.it, si assiste anche quest’anno ad un’altra impennata degli affitti per gli studenti: “il mercato delle locazioni, sottolinea immobiliare.it, si trova di fronte a un incremento dei costi spinto da una domanda che è cresciuta del 27% nel 2024 rispetto al 2023.” Studenti ma anche qualche lavoratore alla ricerca di un alloggio per il nuovo anno accademico stanno così in serie difficoltà. Mentre con l’imminente avvio dell’anno scolastico, anche quest’anno si dovrà fare i conti con il “caro scuola”, con i prodotti dedicati alla scuola che subiscono notevoli aumenti: dal monitoraggio effettuato dall’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori i costi del materiale scolastico registrano un rincaro medio del +6,6% rispetto al 2023. Anche l’Rc Auto continua ad aumentare: secondo l’Ivass il prezzo medio a luglio 2024 è di 416 €, in aumento del 7,4% su base annua. E potremmo continuare a snocciolare aumenti.
No, Madama la marchesa, non va tutto bene: stipendi e pensioni sono cristallizzati da troppi anni (gli stipendi italiani in 30 anni sono cresciuti dell’1%, mentre negli altri paesi Ocse sono cresciuti del 32,5%), molto del lavoro che c’è sul mercato è lavoro povero e sempre più insicuro (577 i morti in sette mesi), la cassa integrazione è cresciuta del 27,9% in un anno, 600mila famiglie, circa un 1milione e 100 mila persone, sono state lasciate sole, senza sostegni e senza aiuti con la fine del Reddito di cittadinanza e la funzione pubblica arretra sempre di più, a partire dal definanziamento della sanità (la spesa sanitaria pubblica in Italia nel 2023 vale il 6,2% del Pil, un valore ben al di sotto sia della media OCSE del 6,9% che della media europea del 6,8%) e dell’università (la Crui ha denunciato una riduzione di oltre 500 milioni di €), privando i cittadini di servizi essenziali. Va tutto bene, Madama la marchesa, solo per quello 0,1% di italiani (meno di 50.000 persone) che, come ci ricorda Oxfam, possiede una ricchezza circa tre volte superiore a quella nelle mani della metà più povera della popolazione (25 milioni).
Questo articolo di Giovanni Caprio è stato diffuso da Pressenza.
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