Ritirata da Kursk: il fallimento della strategia strampalata di Zelensky
La ritirata delle forze ucraine dalla regione russa di Kursk solleva interrogativi profondi sulla strampalata gestione della guerra da parte di Zelensky e sull’uso degli aiuti militari occidentali. Quella che avrebbe dovuto essere una difesa del territorio nazionale ucraino si è trasformata in un’operazione offensiva oltre confine, priva di reali prospettive strategiche e tragicamente fallimentare.
Una parte consistente dei carri armati, dei mezzi blindati e dell’artiglieria forniti all’Ucraina dall’Occidente — risorse presentate all’opinione pubblica come strumenti per la "difesa" — è finita così in un’area di territorio russo senza basi militari di rilievo e senza valore logistico significativo. Non solo non sono state salvate vite umane: sono stati invece sacrificati tantissimi giovani soldati ucraini in una manovra che, fin dall’inizio, appariva priva di reali obiettivi militari. Era uno show mediatico per far vedere che l’Ucraina è ancora forte e riesce a cogliere la Russia di sorpresa sul suo stesso territorio. Uno show per ottenere altre armi.
Ora lo show è finito in un bagno di sangue fra le carcasse dei mezzi blindati occidentali distrutti.
Dietro questa drammatica ritirata si intravede una visione disperata della guerra, che spinge i popoli coinvolti verso una escalation di morte e distruzione. È lecito domandarsi: chi trae davvero beneficio da questo ennesimo disastro umano? Chi guadagna in questo show basato su una carneficina insensata per gli stessi ufficiali coinvolti e per i soldati che hanno dovuto obbedire alla follia controproducente di un ex comico alla ricerca di continua visibilità?
Occorre una riflessione non allineata e non passiva. È tempo di pretendere dai governi europei un cambio radicale di rotta che abbandoni la corsa al riarmo e la logica della vittoria militare. Altrimenti il risultato sarà non la vittoria ma la tragica disfatta dell’Ucraina.
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