Il Papa sulla guerra in Ucraina: serve il coraggio di negoziare
La guerra in Ucraina, la terribile crisi tra israeliani e palestinesi, il significato del colore bianco per la Chiesa, la responsabilità del proprio ministero. Sono alcuni dei temi trattati dal Papa in una lunga intervista rilasciata alla Radio televisione svizzera (Rsi) che il portale Vatican News anticipa integralmente. La registrazione del colloquio sarà invece trasmessa dall’emittente elvetica il prossimo 20 marzo. Dialogando con il giornalista Lorenzo Buccella, il Pontefice ha innanzitutto denunciato le pesanti responsabilità di chi alimenta il conflitto in Medio Oriente dove – ha detto – non c’è solo la guerra militare, c’è la “guerra-guerrigliera”, diciamo così, di Hamas per esempio, un movimento che non è un esercito». Per essere aggiornato sul conflitto, comunque, il Papa chiama la parrocchia di Gaza ogni sera alle sette. «Seicento persone vivono lì e raccontano cosa vedono: è una guerra. E la guerra la fanno due, non uno. Gli irresponsabili sono questi due che fanno la guerra».
Ampia e articolata la riflessione sul conflitto ucraino. Interpellato sul coraggio della bandiera bianca, della resa, il Papa risponde che «è più forte chi vede la situazione, chi pensa al popolo, chi ha il coraggio della bandiera bianca, di negoziare. E oggi si può negoziare con l’aiuto delle potenze internazionali. La parola negoziare è una parola coraggiosa. Quando vedi che sei sconfitto, che le cose non vanno, occorre avere il coraggio di negoziare. Hai vergogna, ma con quante morti finirà? Negoziare in tempo, cercare qualche Paese che faccia da mediatore. Oggi, per esempio nella guerra in Ucraina, ci sono tanti che vogliono fare da mediatore. La Turchia, si è offerta per questo. E altri. Non abbiate vergogna di negoziare prima che la cosa sia peggiore».
Quanto alla possibilità di svolgere egli stesso un ruolo di negoziatore, Francesco ricorda di aver inviato «una lettera agli ebrei di Israele per riflettere su questa situazione. Il negoziato non è mai una resa. È il coraggio per non portare il Paese al suicidio. Gli ucraini, con la storia che hanno, poveretti, gli ucraini al tempo di Stalin quanto hanno sofferto…».
Nell’intervista alla Radio televisione svizzera, anche una riflessione sul valore del bianco nella vita della comunità ecclesiale («significa purezza gioia, pace, cose belle»), la denuncia della guerra come «peccato collettivo» alimentato dalla fabbrica delle armi dove «si guadagna per uccidere» e una riflessione sul peso del proprio ruolo di Papa. «Tutti abbiamo delle responsabilità nella vita – la sua riflessione -. E il Papa ha una responsabilità più grande: un capo di Stato più grande, un prete, una suora sono responsabili di testimonianza. Per me, per esempio, è più la responsabilità della testimonianza che quella delle decisioni. Perché con le decisioni mi aiutano in tanti qui dentro, preparano, studiano, e mi danno qualche soluzione. Invece, nella vita quotidiana, non hai tanto aiuto. Le decisioni sono anche pesanti». Quindi, ancora nel contesto della geopolitica internazionale, una domanda sulla risposta dei potenti della terra quando si sottolinea la necessità della pace. «C’è chi dice, è vero ma dobbiamo difenderci… E poi ti accorgi che hanno la fabbrica degli aerei per bombardare gli altri. Difenderci no, distruggere. Come finisce una guerra? Con morti, distruzioni, bambini senza genitori. Sempre c’è qualche situazione geografica o storica che provoca una guerra... Può essere una guerra che sembra giusta per motivi pratici. Ma dietro una guerra c’è l’industria delle armi, e questo significa soldi».
La nota della Santa Sede
A margine dell’intervista, a seguito di alcune anticipazioni, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede ha precisato che «il Papa usa il termine bandiera bianca, e risponde riprendendo l’immagine proposta dall’intervistatore, per indicare con essa la cessazione delle ostilità, la tregua raggiunta con il coraggio del negoziato. Altrove nell’intervista - prosegue la nota di Matteo Bruni -, parlando di un’altra situazione di conflitto, ma riferendosi a ogni situazione di guerra, il Papa ha affermato chiaramente: "il negoziato non è mai una resa". L’auspicio del Papa resta quello sempre ripetuto in questi anni, e ripetuto recentemente in occasione del secondo anniversario del conflitto: "Mentre rinnovo il mio vivissimo affetto al martoriato popolo ucraino e prego per tutti, in particolare per le numerosissime vittime innocenti, supplico che si ritrovi quel po’ di umanità che permetta di creare le condizioni di una soluzione diplomatica alla ricerca di una pace giusta e duratura"».
Fonte: Avvenire, 9 marzo 2024.
L’Ucraina e il Medio Oriente, il Papa: "E’ più forte chi ha il coraggio della bandiera bianca"
Le guerre e l’industria delle armi, i potenti e la pace e il coraggio della negoziazione al centro del colloquio del Pontefice con il giornalista Lorenzo Buccella, di cui Vatican news ha anticipato alcuni passaggi
Una lunga intervista concessa a Rsi, la tv della svizzera italiana, che andrà in onda il 20 marzo nel programma culturale ‘Cliché’ e della quale Vatican news anticipa alcuni passaggi salienti. Al centro del colloquio con il giornalista Lorenzo Buccella, i conflitti in Ucraina e a Gaza.
Sono parole forti quelle di Papa Francesco. "Credo che è più forte chi vede la situazione, chi pensa al popolo, chi ha il coraggio della bandiera bianca, di negoziare. E oggi, si può negoziare con l’aiuto delle potenze internazionali" dice. La guerra in Medio Oriente? "La fanno due, non uno. Gli irresponsabili sono questi due che fanno la guerra" afferma. Sottolinea come "a volte gli interventi umanitari servano a coprire il senso di colpa". E mette l’accento su chi parla di difesa, "ma poi bombarda gli altri".
Dietro una guerra c’è l’industria delle armi
Come rispondono i potenti della terra al Papa quando chiede la pace? "C’è chi dice: è vero, ma dobbiamo difenderci. E poi ti accorgi che hanno la fabbrica degli aerei per bombardare gli altri. Difenderci no, distruggere. Come finisce una guerra? Con morti, distruzioni, bambini senza genitori. Sempre c’è qualche situazione geografica o storica che provoca una guerra...Può essere una guerra che sembra giusta per motivi pratici. Ma dietro una guerra c’è l’industria delle armi, e questo significa soldi". "Mi diceva l’economo, un mese fa - mi dava il rendiconto di come stavano le cose in Vaticano, sempre in deficit - mi diceva: lei sa dove oggi gli investimenti danno più reddito? La fabbrica delle armi. Tu guadagni per uccidere. Più reddito: la fabbrica delle armi". "Terribile la guerra. E non esiste una guerra bianca. La guerra è rossa o nera". "Io questo lo dico sempre: quando sono stato nel 2014 al Redipuglia ho pianto. Poi lo stesso mi è successo ad Anzio - racconta -, poi tutti i 2 novembre vado a celebrare in un cimitero. L’ultima volta sono andato al cimitero britannico e guardavo l’età dei ragazzi. Terribile. Questo l’ho detto già, ma lo ripeto: quando c’è stata la commemorazione dello sbarco in Normandia, tutti i capi di governo hanno celebrato quella data ma nessuno ha detto che su quella spiaggia sono rimasti ben 20 mila ragazzi".
Il coraggio della bandiera bianca
"Credo che è più forte chi vede la situazione, chi pensa al popolo, chi ha il coraggio della bandiera bianca, di negoziare. E oggi si può negoziare con l’aiuto delle potenze internazionali. La parola negoziare è una parola coraggiosa. Quando vedi che sei sconfitto, che le cose non vanno, occorre avere il coraggio di negoziare. Hai vergogna, ma con quante morti finirà? Negoziare in tempo, cercare qualche paese che faccia da mediatore. Oggi, per esempio nella guerra in Ucraina, ci sono tanti che vogliono fare da mediatore. La Turchia, si è offerta per questo. E altri. Non abbiate vergogna di negoziare prima che la cosa sia peggiore”.
A Gaza guerra di due irresponsabili
"Dobbiamo andare avanti. Tutti i giorni alle sette del pomeriggio chiamo la parrocchia di Gaza. Seicento persone vivono lì e raccontano cosa vedono: è una guerra. E la guerra la fanno due, non uno. Gli irresponsabili sono questi due che fanno la guerra". "Poi non c’è solo la guerra militare, c’è la ’guerra-guerrigliera’, diciamo così, di Hamas per esempio, un movimento che non è un esercito. E’ una brutta cosa".
La precisazione del portavoce del Vaticano: “Il Papa non chiede a Kiev la resa”
L’intervento di Matteo Bruni mette chiarezza e confuta l’interpretazione data da alcune agenzie di stampa sulle affermazioni del Pontefice riguardo “il coraggio della bandiera bianca” e la guerra in Ucraina.
’’Il Papa usa il termine bandiera bianca, e risponde riprendendo l’immagine proposta dall’intervistatore, per indicare con essa la cessazione delle ostilità, la tregua raggiunta con il coraggio del negoziato. Altrove nell’intervista, parlando di un’altra situazione di conflitto, ma riferendosi a ogni situazione di guerra, il Papa ha affermato chiaramente: “Il negoziato non è mai una resa", precisa il portavoce del Vaticano. ’’L’auspicio del Papa - ribadisce Bruni - resta quello sempre ripetuto in questi anni, e ripetuto recentemente in occasione del secondo anniversario del conflitto: ”Mentre rinnovo il mio vivissimo affetto al martoriato popolo ucraino e prego per tutti, in particolare per le numerosissime vittime innocenti, supplico che si ritrovi quel po’ di umanità che permetta di creare le condizioni di una soluzione diplomatica alla ricerca di una pace giusta e duratura’’’.
Fonte: RaiNews.
- Ci sono 0 contributi al forum. - Policy sui Forum -