#CorriCovid19
Arriva da Siena il racconto scelto dalla redazione per il contest che sta riscontrando il favore dei lettori. Anche l’autrice riceverà un ebook pubblicato dalla casa editrice Zerobook. CONTINUATE AD INVIARE LE VOSTRE TESTIMONIANZE
Ho sognato che perdevo la borsetta e dentro c’era la mia identità. “L’avrò lasciata a casa”, mi ripetevo. Nel vagare confuso tra le immagini che la mia testa si ostinava a riproporre, la visione di una strada lunghissima, con alberi spelacchiati sui fianchi, si alternava a quella di un signore in compagnia di un cane basso e grasso. Poi il primo cambio di prospettiva che arriva proprio come un flagello: intorno a me, più nessuno: il deserto. Nessuno a cui chiedere chi fossi. “Cerco casa mia. C’è qualcuno? Dove sono di preciso”. Non la trovavo sebbene fossi certa di essere a un tanto così…
Santo cielo, e adesso dove sono? Ah sì! Un altro cambio di scena. Dal paesaggio mi sembra Siena – abbastanza logico visto che ci vivo – ma dove? Sento che non dovrei essere qui. Sono di fronte alla farmacia, in fila dall’esterno. Davanti a me soltanto tre persone, due dentro e una sulla soglia. Dietro di me altre quattro. Chi è dentro, è fermo su delle linee bianche; mi sembra delimitino uno spazio, a occhio direi una distanza di oltre un metro; loro però per sicurezza ne saltano una e si piantano alternati: uno sì, uno no. Noto che respirano a stento e guardano in basso. Come me hanno mascherine e guanti; quelli fuori cappellini e occhiali. Perché indossiamo delle mascherine? C’è un posto di blocco in fondo al piazzale.
“Ma che c’è oggi nell’aria? Con queste cose sulla faccia, mi riconosceranno?”, la mia mente pensa di tutto; poi si fissa su un dettaglio inventato – maledetti sogni – e percepisce un’incongruenza: quelle non sono divise d’ordinanza e quelli non sono affatto poliziotti, e sicuro come sto caXXX di virus non mi riconosceranno. Ah ecco, perché ci mettiamo le mascherine! Mi metto a correre. Dio, che sogno. Prima però riesco a comprare i farmaci. Mi fanno male gli occhi. Corro. Sono stanca. Urlo. C’è qualcosa che mi sta appiccicato, non mi molla: è la maglietta, sono sudata fradicia e finalmente mi sveglio. Già incazzata.
Mi guardo intorno e riconosco la mia piccola fortezza. Mi faccio un caffè e l’odore avvolge il mattino e i pochi metri quadrati in cui viviamo. Di là, nella stanza più comoda, la persona a me più cara e un quadrupede peloso. Sul tavolo, la lista dei farmaci per immunodepressi e il mio kit personale inganna-corona (mascherina, amuchina gel, guanti monouso). Il caffè è ancora caldo, faccio il bis e guardo gli ultimi lanci dell’Ansa. Pochi tamponi ma tanti contagi. Morti di e per il virus. E menefreghisti che si credono supereroi che evidentemente non hanno mai perso la borsa o il mantello né tantomeno la propria identità. Le mie, invece, sono sempre a casa. State tranquilli.
Simona Merlo
Siena
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Mi complimento con l’autrice perché molte persone si possono ritrovare in quello che ha scritto che ritengo:
realistico nel contenuto
fantastico nell’esposizione
profondo nell’espressione.
Inoltre penso che descrive con molta profondità di pensiero il momento di notevole difficoltà nel quale viviamo.
Rosy