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Addio a Juliette Gréco

Francia, si è spenta a 93 anni la cantante Juliette Gréco

di Redazione - giovedì 24 settembre 2020 - 3139 letture

È morta la cantante francese Juliette Gréco, ne ha dato notizia la famiglia. Nata a Montpellier il 7 febbraio 1927, a 16 anni partecipò alla resistenza francese contro gli occupanti nazisti. "Juliette Gréco si è spenta mercoledì 23 settembre 2020 nella sua amata casa di Ramatuelle. La sua vita era fuori dal comune", hanno scritto i familiari in una nota all’agenzia di stampa Afp.

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Juliette Greco - 1966

Considerata la musa degli esistenzialisti francesi negli anni Quaranta, debutta, ancora molto giovane, esibendosi come cantante nei caffè parigini di Saint-Germain-des-Prés. Nel 1949 conosce il trombettista Miles Davis, giunto a Parigi - con una band composta da Tadd Dameron, Kenny Clarke, James Moody e Pierre Michelot - per una serie di concerti al Paris Jazz Festival. I due hanno un’intensa relazione, ma una volta tornato negli Stati Uniti (dopo appena un paio di settimane), Davis cade in una profonda depressione che sfocia negli anni bui dell’eroina.

Il repertorio delle canzoni di Juliette Gréco è incentrato su versi scritti da autori famosi, come Raymond Queneau (Si tu t’imagines), Jean-Paul Sartre - amico personale della cantante - (La Rue des Blancs-Manteaux), Jacques Prevert (Les feuilles mortes), testi poi messi in musica.

Attrice di rilievo, sa distinguersi per interpretazioni notevoli anche per il pubblico italiano, con lo sceneggiato televisivo Belfagor, trasmesso dalla Rai negli anni Sessanta del Novecento.

Si è sposata tre volte: con l’attore Philippe Lemaire (1953-1956; da cui ha avuto una figlia, Laurence-Marie Lemaire), con l’attore Michel Piccoli (1966-1977) e col pianista Gérard Jouannest (dal 1988 ad oggi).

Fonte: RaiNews


La bona che faceva impazzire gli esistenzialisti anni Sessanta

Ma a noi piaceva davvero Juliette Gréco? Ultimo prodotto di un fenomeno culturale e legato al mondo dell’intrattenimento - la canzone d’autore francese, dietro di lei stava una tradizione che recava i nomi di Mistinguett e Edith Piaf. È un mondo che segue le evoluzioni di una società che transita dalla civiltà ottocentesca a quella industriale e poi consumistica. Nella rigidità sociale dell’epoca, l’ascensore sociale funzionava male se si era donne, non proprio bellissime, e appartenenti a classi sociali inferiori. Coco Chanel divenne da sartina stilista, Edith Piaf da tappabuchi canterina negli spettacoli dei bassifondi della città, cantantessa. L’arte della canzone permetteva un salto sociale altrimenti permesso solo a donne-corpo, amanti per industriali o aristocratici, carne da macello del puttanaio europeo. Edith Piaf fu l’artista che compì il salto forse più interessante: scoprendo nuovi talenti, e nello stesso tempo facendo da sfondo sonoro per la storia francese che si avviava a una improvvisa accelerazione negli anni del “miracolo economico”. Dopo la morte di Piaf, si ritrovò Juliette Gréco a svolgere quel ruolo di trait-d’union tra mondo della musica, società e ambienti culturali; ma ora siamo nel mondo più cerebrale e ristretto - gli esistenzialisti, il jazz per l’élite, il nuovo cinema francese. Un mondo che piega su se stesso, che troverà la strada sbarrata dalla crisi del 1975 - in Francia prima che in Italia, con la guerra d’Algeria e la fine del colonialismo. Juliette Gréco a differenza di Edith Piaf era una bonona, una specie di Brigitte Bardot della canzone ma propensa più ad assumere panni dark e introiettati. Per lei scrivono gli anarchici Jacques Brel, Leo Ferré; grandi autori come Charles Trenet, Serge Gainsbourg, Gérard Jouannest.

Da giovanissima aveva conosciuto Sartre, Picasso, Camus, Mauriac. “La mia intelligenza è fatta di udito. Ascolto molto e ascolto bene. Ai miei orecchi più che al mio cervello devo che la mia adolescenza sia stata culturalmente da miliardaria, da enfant gaté. Io, quando avevo bisogno di un consiglio o di una spiegazione, anziché rivolgermi a un padre o a una madre, andavo da questi signori e, con il mio libro in mano, chiedevo: Cosa vuol dire questo, Jean-Paul? Cosa vuol dire questo, François? Loro mi rispondevano subito e io, pazza di gratitudine, li amavo come un padre o una madre.” – disse in un’intervista.

Dopo Camus la cultura francese si ripiega su se stessa, oppure continua a sbraitare retoricamente e pomposamente come un pappagallo fuori trespolo. Gréco fa parte di quel ripiegamento. Le generazioni del Sessantotto francese porteranno ancora in piazza Sartre ma la distanza tra loro e quel mondo è abissale. Torniamo all’interrogativo iniziale: ma a noi piaceva davvero Juliette Gréco?

Sergej



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