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Tempo di lupi e di comunisti

Tempo di lupi e di comunisti : La storia mitica della ragazza che sfidò la mafia / Vera Pegna. - Milano : Il Saggiatore, 2015. - 182 p., [X], br. ; 19 cm. - (Piccola cultura ; 44). - ISBN 978-88-428-1960-8.

di Sergej - mercoledì 13 febbraio 2019 - 5205 letture

Tempo di lupi e di comunisti, di Vera Pegna è tra i libri di politica e di vita vissuta che andrebbero riletti periodicamente. Il libro è stato edito nel 1992 dalla casa editrice La Luna, e nel 2015 ampliato e con aggiornamenti, da Il Saggiatore. Il memoriale originario di Pegna non prende oltre l’ottantina di pagine - molto si deve all’Istituto Gramsci siciliano, a Giuliana Saladino e a Marcello Cimino; Pegna tornò nella memoria a quell’esperienza politica all’epoca della liquidazione del PCI, attorno al 1989. L’esperienza di una ragazza in Sicilia, una svizzera che si trova a fare volontariato con Danilo Dolci e poi si avvicina al PCI e viene mandata dal partito a Caccamo: la “repubblica di Caccamo” come lei la definì, perché in quel mondo tempo e storia sembravano essere fermi all’Ottocento. Lei vi arriva nel 1962.

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Copertina del libro di Vera Pegna "Tempo di lupi e di comunisti" edito da Il Saggiatore

Il paese è dominato dalla mafia (in seguito si scoprirà che la famiglia locale ha un ruolo di preminenza nella Cupola) che ha già ammazzato due oppositori e domina incontrastata tanto che il PCI non riesce neppure a partecipare alle elezioni comunali. Pegna riesce a far partecipare il PCI alle elezioni e fargli prendere 4 consiglieri comunali. Ma quello che fa ancora oggi commuovere è l’umanissima descrizione dei fatti e delle persone, la situazione di degrado e di disperazione, ma anche i lampi di dignità, la speranza nella lotta sociale, politica, come possibilità di un mondo migliore. Uno spaccato della Sicilia del tempo, che già nelle sue città più popolose si avviava a cambiare pelle - e con essa la mafia che da contadina diventava imprenditrice, si avviava la stagione delle morti eccellenti e delle stragi con gli esplosivi.

Uno spaccato sul modo di fare politica dei comunisti, che dopo l’interessata montagna di fango riemerge nella sua purezza. Perché per quanto scalcagnato e limitato fosse il PCI siciliano, nei suoi (pochi e con scarsi mezzi) uomini e donne migliori ha rappresentato un momento positivo nella storia politica e sociale di quest’isola. La forza innanzitutto dell’organizzazione, che comunque assicurava una presenza centrale e un punto di riferimento; la possibilità del partito di poter inviare, nei territori dove era più debole - propri funzionari per provare a rivitalizzare le forze locali. Nei limiti certo di una Regione povera e arretrata - dunque povera e arretrata anche nei suoi uomini e nelle sue donne migliori. Quella di Pegna non è una storia isolata - il PCI nel dopoguerra ha diverse figure simili a quelle di Pegna (penso a Lentini una come Graziella Vistré), così come il PSI le ebbe prima della Seconda guerra mondiale: si pensi a Maria Giudice.

E’ una storia che purtroppo tende oggi a ripetersi, ma stavolta a fronte della mancanza di una organizzazione politica altrettanto forte. Nell’edizione del 2015 Pegna torna a Caccamo, e la situazione apparentemente mutata la rende conscia di come il vecchio nemico non è stato mai sconfitto: ha cambiato pelle, ha reso tutto più grigio e oggi non sai più chi sono gli amici e chi i nemici; la mafia è mimetizzata: nel tuo vicino di casa, nell’insegnante dei tuoi figli, nei tuoi amici. Tutti sono antimafiosi, tutti sentitamente srotolano la retorica antimafiosa, ma gran parte sono intimamente, indefessamente, immarcescentemente mafiosi e continuano ad attuare la politica dell’omertà, del sorrisetto, della calunnia, per poter isolare chi osa scartare, chi non ci sta. I ragazzi e le ragazze dell’isola possono aggrapparsi alla memoria di queste figure del passato, chi “in illo tempore” lottò. Questi “estranei”, per nascita e per cultura. Perché dei contemporanei, dei concittadini, non c’è proprio nulla di buono da prendere.


Sinossi

È il 1962. A Caccamo, poche anime nell’entroterra palermitano, il boss don Peppino Panzeca siede comodo davanti alla sezione del Pci, pronto a intimidire chiunque voglia entrarvi. Qualcuno sta montando un altoparlante sul balcone. D’un tratto spunta una ragazza, che agguanta il microfono: «Prova, prova, per don Peppino. Se rimane seduto davanti a noi, allora è vero che è un mafioso; e se è così, allora gli chiedo di alzare gli occhi e sorridere ché gli voglio fare la fotografia». Paura e sgomento attraversano la piazza, insieme a una domanda: chi è quella fimmina tinta che osa sfidare con tale baldanza il potere mafioso? Quella ragazza ventottenne, arrivata al volante di una Topolino targata Ginevra, si chiama Vera Pegna. La sua è una storia straordinaria, una storia da film. Nata in una famiglia antifascista, in cui si è sempre parlato di libertà e giustizia, Vera vuole fare di più, sporcarsi le mani.

Decide di partire per Partinico e seguire l’attività del Centro studi di Danilo Dolci, «il Gandhi siciliano», per poi presentarsi al cospetto della Federazione palermitana del Partito comunista: non so nulla di politica, dice, ma fatemi fare qualcosa di utile. C’è da salvare Caccamo, è la risposta, in mano alla mafia collusa con il potere politico. L’arrivo di Vera è un terremoto. È lei che arringa la gente strada per strada, che scrive a mano i volantini di protesta, che discute con i mezzadri per un’equa divisione dei prodotti. È sempre lei che parla di diritti e dignità alle donne ferme in ascolto dietro le persiane chiuse. Finalmente, anche i suoi compagni possono essere comunisti davvero, uscendo allo scoperto e denunciando i soprusi, per aggiungere concretezza all’ideale politico, per dare il buon esempio contro omertà e immobilismo.

Nell’incredulità generale, il coraggio e il lavoro indefesso di Vera e di tutta la sezione vengono premiati: alle elezioni amministrative il Pci conquista ottocento voti e quattro seggi su trenta, formando per la prima volta dopo decenni un fronte d’opposizione in consiglio comunale. Cinquant’anni dopo, richiamata dai giovani che hanno ascoltato il racconto della sua vita mitica dai padri e dai nonni, Vera Pegna torna al «suo» paese, scoprendo che è cambiato, che la sua determinazione ha dato frutti eccellenti nella lotta per la democrazia e la libertà, ma che ancora molto c’è da fare. Sullo sfondo di una Sicilia rurale e remota, eppure così familiare, di morti sparati e silenzi colpevoli, Tempo di lupi e di comunisti è la storia vera di una donna vulcanica e agguerrita, di un Peppino Impastato al femminile che non ha mai smesso di combattere a fianco degli oppressi, per cercare la verità.

Vera Pegna è nata nel 1934 ad Alessandria d’Egitto, si è laureata a Ginevra, ha militato nella Federazione comunista di Palermo, è stata consigliere comunale a Caccamo, ha fatto parte del Comitato Vietnam a Milano. Come interprete di conferenza ha lavorato in Europa, Asia e Africa.


Altre recensioni: Il Mangia libri.

Il Fatto quotidiano.

Una intervista sul portale radio Rai.



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