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Racconto di una giornata di maggio al presidio No Muos di Niscemi

Ci racconta del suo arresto, del carcere, dei domiciliari, del foglio di via, dei suoi tre figli, e ce lo racconta sì con serietà, ma anche con la leggerezza e la serenità di chi sa di essere nel giusto.

di Daniela Leotta - mercoledì 15 maggio 2013 - 3142 letture

Il tutto è iniziato con la decisione di raggiungere, in un assolato dopo pranzo, insieme ad una mia cara amica, il campo S.Teodoro “liberato” di Librino, per festeggiare il primo maggio tra partite di rugby, panini vegetariani e non, birra e concerti annebbiati dal fumo dell’arrosto di salsicce, il tutto immerso in un piacevolissimo panorama interessato da voli alternanti di rondini e aerei. Quasi subito dopo l’ingresso, la nostra attenzione viene catturata da un’allegra fanciulla che, forte di un banchetto variopinto, mette in bella mostra, come fossero (o forse lo sono) reliquie sacre di una battaglia ancora aperta: magliette, spille, adesivi, e altri gadget, con la volontà di ricordare che il movimento NoTav ha bisogno del sostegno di tutti. “Piacere sono Nina”, ci sentiamo dire. La ragazza è valsusina e impiega pochissimo tempo nel raccontarci, con fierezza ed umiltà, la sua storia come attivista NoTav, anche se preferirei dire come assediata abitante della Val di Susa. Ci racconta del suo arresto, del carcere, dei domiciliari, del foglio di via, dei suoi tre figli e ce lo racconta sì con serietà, ma anche con la leggerezza e la serenità di chi sa di essere nel giusto, facendoci anche capire che le “bastonate” devono essere un motivo in più per non arrendersi. Non c’è drammaticità, ma una sana consapevolezza che incanta e contagia. La bancarella mette in evidenza anche un cartellino in cui si manifesta il bisogno di un passaggio per Niscemi. Non lo noto direttamente ma mi viene riferito dalla mia amica la quale era a conoscenza della mia volontà di andare “uno di questi giorni” al presidio di Niscemi. Mi riavvicino al banchetto e metto al corrente l’interessata della possibilità di poter offrire il passaggio richiesto, ma riservo a me la possibilità di ripensarci, dicendo che le darò una risposta definitiva in serata o al massimo nella mattinata del giorno successivo. Ci scambiamo i numeri di telefono. Poco dopo, complice la mia volontà di voler andare davvero al Presidio, decido di evitare ad altri l’attesa che nasce dall’incertezza e comunico la disponibilità. Cerchiamo, non senza difficoltà, l’accordo sul dove e quando vederci il giorno dopo e lo faccio stavolta con Lia, l’altra simpatica ragazza valsusina che il giorno dopo avrei conosciuto anche come nonna di un bellissimo bambino grazie alle foto e ai video mostratimi con tenerezza sul suo telefonino. E’ fatta.

La mattina dopo ci vediamo puntuali in un punto preciso di Catania e partiamo alla volta di Niscemi. La giornata è bella e a Niscemi ci aspettano oltre che i ragazzi del presidio ben 34 gradi centigradi. Prima di imboccare la statale Catania-Gela ci fermiamo ad una stazione di servizio. Per lo stato italiano le due donne sono delle criminali e questo forse spiega la determinazione con cui decidono di offrirmi il caffè e di farsi carico delle spese carburante per poi risalire in macchina e rapirmi con i loro racconti. Si scusano e si accusano di essere logorroiche, mi commuovono per poi farmi sorridere subito dopo, mi stordiscono generandomi un piacevole flusso di emozioni. Il panorama della statale 417 si frammischia alle mie immagini mentali delle montagne della Val di Susa, in particolare il loro paesino Chiomonte, e il risultato non mi dispiace affatto.

Arriviamo a Niscemi alle 11 circa, le ragazze decidono di farsi lasciare in paese per raggiungere il mercatino e parlare con la gente del posto, io invece proseguo e mi dirigo al presidio con l’intenzione di montare al più presto la tenda che mi servirà per la notte. Raggiungo con facilità il posto ricordando bene la strada avendola percorsa a piedi il giorno della manifestazione. Mi fermo e varco il cancello aperto, saluto, mi presento e chiedo dove posso montare la mia tenda. Per fugare ogni sospetto sottolineo che sono l’amica che ha a riportato a Niscemi le valsusine. Riesco a montare malamente la tenda, ma tutto sommato sono soddisfatta del risultato, poteva andare peggio. All’ora di pranzo ci si riunisce attorno ad una grande tavolata sotto gli eucalipti, siamo una dozzina circa. Conosco meglio i presidianti, tra questi c’è un ragazzo con degli occhi azzurri, un sorriso dolcissimo e una voce calma e piacevole, che al solo guardarlo o ascoltarlo ci si sente più buoni, sicuramente molto più di quando si mangiano i panettoni che pubblicizzano a natale caricati di tanta responsabilità, nelle sacre tv. E’ Nicola. Ricordo il nome, avevo letto qualcosa su internet. Fresco di arresto per danneggiamenti e resistenza ai pubblici ufficiali. Pensavo fosse il Muos quello pericoloso, poiché danneggia il panorama e la salute pubblica e mette in serio rischio l’intera popolazione siciliana e che quindi va arrestato. Eravamo in tanti a manifestare il 30 marzo a Niscemi per questo motivo. Beh..non mi rimane che prendere atto che questo Nicola deve essere davvero potente se, nonostante le dimensioni notevolmente inferiori, è considerato più dannoso e pericoloso del Muos. Mentre faccio queste considerazioni, una strana e leggiadra creatura si muove silenziosamente tra l’erba, passa accanto alla mia tenda e quasi la sfiora e mi sento per questo onorata. Se ne sta in disparte zig-zagando tra gli alberi e solo ad un certo punto, sempre silenziosamente si avvicina al tavolo per raccogliere qualche pezzo di pane e riallontanarsi. Nina mi fa sapere che è Turi Vaccaro e mi chiede se lo conosco, dopo qualche secondo di esitazione con una voce che mi esce stranamente acuta, rispondo di sì. Dopo una decina di minuti Turi ritorna, gli porgo la mano e finalmente mi presento, sorride, ci canta una canzone e poi ci abbraccia. Nel pomeriggio andiamo in paese, le ragazze ci tengono molto a farmi vedere il tramonto al belvedere del paese e il murales realizzato in una parete di una palazzina lì vicino, da Blu, uno tra i dieci migliori street artist contemporanei (The Observer ), dal titolo emblematico di Moustro. Camminando tra le stradine di Niscemi, Lia mi racconta del giudice Giancarlo Caselli e della sua posizione repressiva nei confronti dei no Tav, firmando decine di arresti e dimostrando di difendere interessi affaristico-mafiosi. Ma come, il giudice anti-mafia? Non lo sapevo… Non so molte cose in effetti, come ad esempio che non è vero l’obbligo di portarsi sempre dietro la carta d’identità. Vengo informata anche che se ti perquisiscono la borsa o altro, hai il diritto di chiedere di farti redigere il verbale. Non so neanche che le dimostrazioni NoTav sono iniziate 22 anni fa. Le discussioni continuano tra i tavoli di un baretto del paese, consumando birra, vino rosso, arancini e pizzette. Scherzo un po’ con Max sulla notorietà calata improvvisamente su Niscemi “chi lo avrebbe detto!” già i “muntagnusi!”, così, mi fa sapere, vengono indicati dai catanesi gli abitanti di Niscemi e lui lo è. Al tavolo ci sono anche Beppe, un chiazzese (abitante di Piazza Armerina), anche lui attivista no muos, e un altro niscemese che ci racconta amareggiato che gli hanno da poco incendiato il trattore come atto di ritorsione in risposta, molto probabilmente, alle sue posizioni anti-muos. Torniamo al presidio che è già buio e piove. Mi ero quasi dimenticata del Muos, ma tornata al presidio, l’antenna più alta agghindata di lucette come fosse un enorme inquietante albero di natale, svetta minaccioso e prepotente e mi ricorda perché sono lì e sembra dirmi con un ghigno, “CI SONO E SONO QUI A DOMINARE TE E LA TUA TERRA”. Prendo atto che l’antenna di sera è ancora più angosciante che di giorno.

In serata è prevista la proiezione di Diaz, il film di Daniele Vicari che narra le vicende avvenute la notte del 21 luglio 2001 all’interno della scuola Diaz, quando la polizia irrompe a scopo punitivo nei locali dove alloggiano i dimostranti pacifisti in occasione del G8 di Genova. Mi fa piacere che proiettino quel film perché non avevo ancora avuto modo di vederlo e sono contenta di vederlo proprio al presidio. Il film viene proiettato all’interno di un tendone. La prima riflessione o il primo paradosso nasce nella mia mente mentre osservo la scena del lancio della bottiglia sul blindato della polizia da parte dei manifestanti, episodio che se pur senza conseguenze sarà occasione per motivare le decisioni che avrebbe preso la questura qualche ora dopo. La prima riflessione è che la presenza della polizia sarà sempre il cuscinetto, il muro tra chi contesta e chi viene contestato e ogni contestazione finisce per essere sempre e solo uno scontro con le forze dell’ordine, perdendo la sua vera forza e il suo vero obiettivo, pur rimanendo un importante gesto simbolico. Ma le forze dell’ordine esistono proprio per questo, essere un muro (o un mulo?) contro il quale ogni forma di dissociazione è costretta a schiantarsi, a fermarsi senza poter andare oltre. La seconda riflessione o il secondo paradosso sorge invece vedendo proprio la scena dell’incursione alla scuola Diaz. Per proteggere 8 persone lo stato decide di mettere a rischio la vita di centinaia di giovani, non solo non li protegge ma gli scatena contro una forza inaudita, cieca, obbediente. Dovrei darlo per scontato ma mi sorprende lo stesso la violenza fredda e determinata con la quale i poliziotti danno inizio alle loro danze rabbiose e brutali. Non posso evitare di ricondurre i miei pensieri al film che avevo visto proprio la sera prima di partire: Danny the dog (2005), in cui un ipotetico malavitoso interpretato da Bob Hopkins, alleva un orfano (Jet Li) come fosse un pit-bull, condizionandolo in maniera tale che ad un suo semplice ordine di attacco e levando il collare che il ragazzo porta sempre al collo, quest’ultimo diventa una feroce arma di distruzione e di morte di fronte alla quale i nemici del suo padrone non hanno scampo. Già, quei poliziotti hanno agito in maniera simile all’ordine di attaccare, senza testa né cuore, fedeli al comando del padrone, hanno sguinzagliato e dato forza a tutte le loro pulsioni aggressive e condizionate. L’addestramento condizionato delle truppe antisommossa riferito alle ragazze da un poliziotto che presenta ancora i barlumi di umanità, sarà l’argomento principale del mattino dopo con Nina e Lia in macchina al ritorno verso Catania. Mi raccontano anche di come i militari in congedo temporaneo dall’Afganistan vengano improvvisamente deviati dalle loro famiglie e dalle loro case per essere con urgenza destinati alle difese dei cantieri del Tav, accrescendo così la rabbia in loro nei confronti dei dimostranti.

Gli eventi narrati nel film sono drammatici e a rendere il tutto più commovente sono i commenti di Nico e il silenzio improvviso di Nina. L’atmosfera si sdrammatizzerà più tardi grazie ad una vecchia chitarra e ad una sofferta preparazione di una spaghettata di mezzanotte. Lascio gli amici per raggiungere la mia tenda e riposare. Mentre ripenso prima di addormentarmi alla giornata trascorsa, mi viene in mente uno dei tanti episodi raccontatomi dalle mie amiche, quello delle tende sollevate con le gru dai poliziotti ai presidi NoTav, con dentro i manifestanti. Rifletto anche sulla prospettiva che in mattinata si metta in atto un blocco contro .. e mi preoccupo di mettere a rischio quel poco che rimane in me di desiderio di tranquillità borghese.

Il giorno dopo ripartiamo per Catania, Lia e Nina devono essere all’aeroporto entro l’una circa. Saluto i miei nuovi amici conosciuti al presidio, lascio un contributo nella cassettina rossa sperando possa essere utile, mettiamo le valigie in macchina e andiamo. Il rientro è molto più silenzioso rispetto all’andata, sarà perché avevamo fatto nottata o forse perché le ragazze erano dispiaciute di lasciare la Sicilia. Giunte all’aeroporto ci salutiamo con dignità ma traspare lo stesso una certa commozione. Io torno a casa umanamente arricchita, con nessuna voglia di dimenticare e più cosciente che avere paura e preservare i nostri cari dalle conseguenze di atti compiuti in direzione ostinata e contraria significa rilegarli ad un mondo prigioniero della paura e che quindi non li proteggiamo ma li condanniamo e gli insegniamo a inchinarsi ancora una volta alle prepotenze. Sarei felice di ritornare al presidio al più presto e di trovarci molta più gente di quanta ne ho trovata l’ultima volta. Che Niscemi possa diventare un cuore pulsante della Sicilia e accolga il meglio della popolazione, piuttosto che offrirsi in silenzio e sacrificarsi alle grandiose manie di grandezza e distruzione di governi stranieri. Non a caso il cartello di benvenuto al presidio è l’ironico e sarcastico: Welcome to N.Y.SCEMI.

Nina: http://www.youtube.com/watch?v=HENGiGCvNbI


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