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Quell’esortazione ai giovani di Petr Kropotkin

L’appello ai giovani di Petr Kropotkin è attuale nei toni e nelle parole, poiché li invita a conoscersi e a sentirsi umani partecipando alla vita della comunità.

di Salvatore A. Bravo - domenica 24 marzo 2024 - 501 letture

Ci sono messaggi universali che attraversano il tempo, la verità è eterna, in quanto parla alla profondità di ogni essere umano, lo invita ad essere se stesso, ovvero un essere pensante, il cui logos gli chiede di dare una forma qualitativa alla sua esistenza. La verità entra nella storia, essa si fa strada entrando nella vita di ogni uomo. Qualità e oggettività razionale si incontrano nella verità e la fondano. La formazione è la forma del senso, essa ha il compito di essere d’ausilio ai giovani per conoscere se stessi. L’indole personale, di conseguenza, trova il suo compimento nella razionalità sociale dell’essere umano, contribuisce alla qualità delle relazioni che intrecciano comunità e politica.

Il nostro tempo è segnato dalla “carezza del male”, il capitalismo e l’aziendalizzazione di ogni esperienza vitale ed esistenziale coltivano nei giovani l’individualismo astratto e la fuga nel piacere indeterminato. Essi divengono la carne da cannone per il mercato che, mentre ne sollecita le pulsioni derealizzanti, li cannibalizza.

L’appello ai giovani di Petr Kropotkin è attuale nei toni e nelle parole, poiché li invita a conoscersi e a sentirsi umani partecipando alla vita della comunità.

Lottare contro le ingiustizie e le contraddizioni sociali significa dare forma e senso ai propri talenti, metterli a disposizione della comunità è già prassi, in quanto la responsabilità sociale e politica è lotta per l’emancipazione. Essere giovani vuol dire confrontarsi con un bivio: bisogna scegliere il conformismo o la prassi. La libertà non è l’accumulo indifferenziato di titoli e di denaro, ma è nella consapevolezza delle perverse dinamiche che l’autoritarismo in modo metamorfico attua per irretire i subalterni. Spezzare le catene del dicitur è l’inizio di un’esistenza umana nella comunità, l’incipit per la ricerca della verità:

Io immagino che voi siete giovani dai diciotto ai vent’anni, che avete terminato il vostro tirocinio professionale o i vostri studi, e state per entrare nella vita. Immagino che voi avete lo spirito libero dalle superstizioni che si cerco di instillarvi, che non avete paura del diavolo e non credete nelle fandonie dei preti; e, ciò che più importa, immagino che voi non siate di quegli zerbinotti, triste prodotto di una società decrepita, che vanno per le vie pavoneggiandosi coi loro pantaloni alla moda e colla faccia da scimmiotti, avidi soltanto di godimenti brutali... Immagino, insomma, che voi siate giovani dal cuore ardente ed entusiasta, ed è perciò che mi rivolgo a voi” [1].

Egoismo di Stato/Mercato

La conoscenza e la passione per talune discipline non deve consumarsi in un gesto solitario, non bisogna stordirsi al fuoco della propria passione. Il talento scoperto dev’essere condiviso, deve diventare forza di contatto con il mondo reale al fine di renderlo razionale. L’individualismo elitario, che il filosofo russo vede proliferarsi all’orizzonte è il volto “nobile dell’egoismo proprietario”. Ci si isola dal mondo, ci si aliena da esso e si riproduce la divisione sociale e la contrapposizione elitaria e autoritaria. Coloro che si nutrono della loro passione sono simili agli ubriachi che dipendono dal loro egoista piacere che li conduce alla rovina:

“Ma, forse, tu dirai: «Vada al diavolo la pratica! Voglio consacrarmi alla scienza pura come l’astronomo, il fisico, il chimico. La scienza porterà sempre i suoi frutti almeno alle future generazioni!» Bene! Però, intendi prima su ciò che tu cercherai nella scienza. Sarà semplicemente per il piacere – immenso, è vero – che lo studio dei segreti della natura e l’esercizio delle nostre facoltà intellettuali? In questo caso io ti domanderò : qual differenza passa fra lo scienziato che coltiva la scienza per passare piacevolmente la vita e l’ubriacone che cerca nella vita il piacere immediato e lo trova nel vino? Lo scienziato ha certamente scelto una fonte migliore di soddisfazioni, perché la scienza gliele procura più intense, più durevoli; ma è tutto qui! L’uno e l’altro, lo scienziato e l’ubriacone, hanno lo stesso scopo egoista, il piacere individuale” [2].

Per lottare contro il sistema con le sue inesorabili disuguaglianze i giovani devono conservare lo scandalo dinanzi alle ingiustizie. Petr Kropotkin coglie il punto nodale, oggi tragicamente vero, il sistema formativo e sociale coltiva nei giovani l’ipostatizzazione delle ingiustizie. La scuola azienda sostiene con la didattica volta all’addestramento l’autopromozione competitiva e inocula nelle nuove generazioni l’egoismo di Stato/Mercato. Le istituzioni etiche nella loro corsa nichilistica insegnano che l’egoismo e la fuga dalla realtà sociale sono il fondamento per vincere nella competizione del mercato globale. L’egoismo di Stato coincide con le pratiche del mercato:

"Ecco un ricco proprietario; egli domanda lo sfratto di un contadino che non gli ha pagato 1’affitto. Dal punto di vista legale, non c’è da esitare: poiché il contadino non paga, deve andarsene. Ma se noi analizziamo il fatto, ecco ciò che troviamo: il proprietario ha sempre sciupato le sue rendite in allegri banchetti, il contadino ha sempre lavorato; il proprietario non ha fatto nulla per migliorare le sue terre, e nondimeno il loro valore si è triplicato in cinquant’anni, grazie al maggior valore acquistato col tracciato di una ferrovia, con le nuove strade comunali, col prosciugamento delle paludi, col disossamento del terreno incolto e il contadino, che ha contribuito più di tutti a dare questo maggior valore alla terra, si è rovinato: è caduto nelle unghie dell’esattore, è schiacciato dai debiti, e non può più pagare il proprietario. La legge è esplicita: essa dà ragione al proprietario. Ma voi, per cui le funzioni giuridiche non hanno ancora soffocato il sentimento della giustizia, voi, cosa farete?” [3].

Per opporsi all’egoismo di Stato e alla carezza del male bisogna coltivare la propria intelligenza. Quest’ultima non è il calcolo per raggiungere obiettivi ma è “intus-legere”, è capacità di ascoltare la voce della coscienza sociale presente in ogni soggetto, essa lo invita a non fatalizzare il male e a smascherarlo nelle sue menzogne:

Se voi «ragionate», invece di ripetere ciò che vi fu insegnato; se voi analizzate e spogliate la legge da quelle nubi di finzioni che la circondano, per nasconderne l’origine – questa legge che è il diritto del più forte, e la cui sostanza è sempre stata la consacrazione di tutte le oppressioni, retaggio della storia sanguinosa dell’umanità –, voi sentirete un supremo disprezzo per essa. Capirete che restando al servizio della legge scritta vi metterete ogni giorno di più in opposizione con la legge della coscienza; e siccome questa lotta non può durare, o voi farete tacere la vostra coscienza e diventerete un birbante, o romperete il legame della tradizione e verrete a lavorare con noi per 1’abolizione di tutte le ingiustizie economiche, politiche e sociali” [4].

Intelligenza sociale

L’intelligenza della coscienza sociale deve donare il senso alla produzione scientifica. La tecnica è posta dall’umanità, per cui può essere usata dalle oligarchie per sfruttare e controllare i salariati, ma se vissuta con l’intelligenza politica può liberare gli esseri umani dalla fatica e, specialmente, se messa a disposizione della comunità può diventare il mezzo con cui soddisfare i bisogni reali di ciascun membro di essa. Le scelte umane sono determinanti per circoscrivere i fini e progettare un diverso modo di vivere; l’impossibile è possibile:

“Infine se voi studiate i recenti progressi industriali, vedrete che le operaie tessitrici non han guadagnato nulla, proprio nulla, dalla scoperta dei telai meccanici. Ogni macchina ha aumentato la disoccupazione. Così i minatori muoiono per anchilostoma sebbene vi siano le perforatrici a corona di diamante. Se voi discutete i problemi sociali con quella indipendenza di spirito che vi ha guidato nei problemi tecnici, arriverete necessariamente a questa conclusione: che sotto il regime della proprietà privata e del salario, ogni nuova scoperta, lungi dall’aumentare il benessere del lavoratore, non fa che rendere la schiavitù più dura, il suo lavoro più brutale, la disoccupazione più frequente, le crisi più acute, e colui che possiede già tutti i godimenti è il solo che ne approfitta” [5].

Anche la storia dev’essere riscritta, essa non è una successione di potenti e istituzioni che si sono alternate in nome del principio di autorità. La storia ad uso e consumo dei potenti insegna ai sudditi la pratica del silenzio e dell’accettazione dell’autorità. I giovani devono sovvertire l’uso ideologico della storia, ne devono svelare la “corrente calda” occultata dall’oligarchia. La storia è il tempo e lo spazio dei popoli che hanno cercato, a volte con successo, di resistere alle oligarchie con la creatività dell’intelligenza sociale. Alla favola bugiarda della storia scritta dai potenti bisogna sostituire la verità:

“Voi, amanti della scienza pura, se siete penetrati dai principi del socialismo anarchico, se avete compreso tutta l’importanza della rivoluzione che si prepara, non vedete che tutta la scienza dev’essere rifatta per metterla in accordo coi nuovi principi? Che si tratta di fare in questo campo una rivoluzione molto più importante della riforma scientifica del diciottesimo secolo? Non comprendete che la storia - oggi favola prescritta sulla grandezza dei re, degli uomini illustri e dei parlamenti - è tutta da rifare dal punto di vista popolare, dal punto di vista del lavoro compiuto dalle masse nell’evoluzione dell’umanità? Che l’economia sociale - oggi consacrazione della speculazione capitalista - è tutta da elaborare di nuovo, tanto nei suoi principi fondamentali quanto nelle sue innumerevoli applicazioni? Che l’antropologia, la sociologia, l’etica devono essere rifatte completamente, e che le scienze naturali, studiate sotto un nuovo aspetto, devono subire una modificazione profonda nel modo di concepire i fenomeni naturali e nel metodo di esporli?” [6].

Chiunque abbia cuore e coscienza ed è riuscito a mantenere integra la propria umanità in un sistema corrotto non può che mettere a disposizione i propri talenti per un mondo nuovo, in cui la scienza e la tecnica sono a servizio dell’umanità. Il senso etico dello scandalo va difeso dai condizionamenti della società di classe, esso è la radice che conduce a intraprendere la lotta, a schierarsi e a non essere “indifferenti”:

“Insomma, voi tutti che avete cultura e talento, se avete cuore, venite, voi e le vostre compagne, a metterli al servizio di quelli che ne hanno maggiormente bisogno. E sappiate che se voi venite, non come padroni, ma come compagni di lotta; non per governare, ma per ispirarvi in un ambiente nuovo che cammina alla conquista dell’avvenire; non per insegnare, ma per comprendere le aspirazioni delle masse, per indovinarle, per formularle, e poi lavorare senza posa, continuamente e con tutto lo slancio della gioventù, a farle entrare nella vita; sappiate che allora, ma allora soltanto voi vivrete una vita perfetta, una vita razionale. Vedrete che ogni sforzo fatto in questa vita porta largamente i suoi frutti; questo sentimento di accordo fra i vostri atti e la voce della vostra coscienza vi darà forze che non sospettavate nemmeno latenti in voi stessi. La lotta costante per la verità, per la giustizia, per l’eguaglianza in mezzo al popolo, cosa volete di più bello nella vita?” [7].

Chiudere/aprire le prigioni

La lucida analisi di Petr Kropotkin dimostra la grandezza della cultura russa e il suo grido libertario incontra un uomo e uno scrittore di altro schieramento politico. Dinanzi alla scuola fucina di individualismo non possono che riecheggiare le parole di Papini che dinanzi alle istituzioni chiuse alla storia e alla realtà sociale e aperte solo ai voleri del potere esorta ad abbandonare le istituzioni votate alla negazione della coscienza umana, esse sono spazi per l’addomesticamento e non già per la libertà:

“Diffidiamo de’ casamenti di grande superficie, dove molti uomini si rinchiudono o vengon rinchiusi. Prigioni, Chiese, Ospedali, Parlamenti, Caserme, Manicomi, Scuole, Ministeri, Conventi. Codeste pubbliche architetture son di malaugurio: segni irrecusabili di malattie generali. Difesa contro il delitto – contro la morte – contro lo straniero – contro il disordine – contro la solitudine – contro tutto ciò che impaurisce l’uomo abbandonato a sé stesso: il vigliacco eterno che fabbrica leggi e società come bastioni e trincee alla sua tremebondaggine. Vi sono sinistri magazzini di uomini cattivi – in città e in campagna e sulle rive del mare – davanti a’ quali non si passa senza terrore” [8].

Le parole di Massimo Bontempeli sono illuminanti, il filosofo pisano ci rammenta che la scuola è istituzione etica, poiché coltiva la prassi sociale mediante la formazione, la quale non dev’essere schiacciata sull’utile e sul mercato, ma dev’essere il luogo dove le catene della menzogna sono oggetto di conoscenza, solo, in tal modo è possibile riportare la qualità nella quantità e cominciare una nuova storia:

Deve avere, la scuola, una giusta separatezza dalla società. Non separatezza nel senso che non deve occuparsi dei problemi sociali, ma nel senso che non deve essere schiacciata sulla immediatezza sociale. La scuola viene rovinata quando si comincia a dire – e l’esito finale sarà l’abolizione del valore legale del titolo di studio – che non deve fare altro che dare le abilità che servono al sistema economico, all’affermazione sociale. In questa maniera si è di fatto abolita la scuola” [9].

Abolire la scuola riducendola ad una costola del mercato significa annichilire l’umanesimo e tale verità, palese ormai ai più, attende che il nostro senso dello scandalo si traduca in azione politica.

[1] Petr Kropotkin, Ai Giovani, Mondodisotto, capitolo I

[2] Ibidem

[3] Ibidem, Capitolo II

[4] Ibidem

[5] Ibidem

[6] Ibidem, Capitolo III

[7] Ibidem

[8] Giovanni Papini, “Chiudiamo le scuole”, Vallecchi – Editore, Firenze, 1919

[9] Massimo Bontempelli, La convergenza del centrosinistra e del centrodestra nella distruzione della scuola italiana, Petite Plaisance, Pistoia, pag. 6


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