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Quando la democrazia diventa impero

Il mondo di Atene / Luciano Canfora. - Roma-Bari : Laterza, 2011. - pagg. 520

di Sergej - martedì 17 luglio 2012 - 4364 letture

"La critica storica è rappresentata da una letteratura presso che infinita, nella quale ciascun autore presenta come resultato della vera critica storica le proprie affermazioni, e queste affermazioni sono spesso non del tutto concordi o del tutto opposte a quelle degli altri [...]. Prendere le opere più recenti e credere ad esse sarebbe molto comodo e sbrigativo; ma non sempre il libro più recente ci arreca i risultati migliori: parlare per ultimo non vuol dire avere ragione; e, per citare un esempio adatto al caso nostro, il piccolo libro oramai semisecolare del Tocqueville su L’ancien régime et la Révolution contiene tanti risultati solidi e incontrovertibili, raggiunti attraverso ricerche larghe e profonde e illuminate da una mirabile genialità, quante non se ne trovano in centinaia di volumi in seguito pubblicati. Per potere con piena sicurezza accettare le affermazioni di un autore a preferenza di quelle degli altri, occorrerebbe sempre risalire alle fonti e rifare per conto proprio su ciascuna notizia contestata il lavoro critico già fatto dagli altri, occorrerebbe anzi a rigor di termini rifare il lavoro puranche su le notizie pacifiche, in quanto non è detto che la concordia universale sia prova sicura di verità" (G. Salvemini, La rivoluzione francese, 1907, pp. VII-IX)

Questa lunga citazione da Gaetano Salvemini la troviamo a pag. 465 del saggio che Luciano Canfora dedica a Il mondo di Atene, al termine del saggio quasi una avvertenza postuma, e a inizio degli apparati - bibliografie, glossario, cronologie e indice analitico. Questa lunga citazione ci dice anche di come il libro di Canfora non sia un saggio di divulgazione spicciola, ma sia un saggio che si muove nell’ambito della critica storica e storiografica. Un testo "importante" per vari motivi.

La storiografia italiana dopo il 1945 ha vissuto alterne vicende legate soprattutto al carattere provinciale e di rimessa, rispetto alla storiografia tedesca francese e anglosassone. Questo nonostante alcune punte avanzate come Arnaldo Momigliano (che è stato per me autore formativo e rifondativo) e pochi altri, e un tentativo negli anni Settanta del secolo scorso di rinnovamento, alla luce di influenze economiciste e strutturaliste, e di colore marxista. A livello sociale si è verificato una frattura tra quanto rimaneva diffuso, a livello comune e scolastico, e quanto si faceva - in maniera non coordinata, eterogenea e individuale - a livello accademico. Lo strutturarsi dell’università in forme di piccole baronie certamente non ha favorito né la ricerca né la formazione di ceti sociali formatisi nelle università che esprimessero a livello politico e amministrativo le cose imparate sui banchi di scuola. Gli studi umanistici, in Italia, non hanno incrementato il numero di lettori né hanno prodotto apparati critici degni di questo nome (i libri della Fondazione Valla, volenterosi, sono una pallida cosa rispetto ai "monumenta" di testi critici e apparati prodotti in Francia o in Germania). Senza gli strumenti (gli apparati critici, le edizioni critiche e filologiche ecc.) è come avere delle fabbriche senza macchinari. Negli ultimi anni a rompere un po’ il grigiore di questo mondo abbiamo avuto i libri di Luciano Canfora che hanno saputo coniugare attività critica e filologica e capacità di uscire fuori dallo steccato rigidamente accademico.

Dietro Canfora è il mondo culturale e critico formatosi nel "laboratorio Italia" tra la fine degli anni Sessanta e la metà degli anni Settanta del Novecento. Una cultura di critica proveniente dalla sinistra politica e dal marxismo che finquando è rimasta a ricicciare i luoghi comuni economicisti e puramente ideologici non ha prodotto molto oltre che chiacchiera, ma che riconfrontandosi con le cose, con il testo, con la materialità dell’archivio può ancora dare risultati innovativi. E provare a re-inquadrare la materia con occhi d’oggi senza perdere la consistenza del passato, senza operare l’annullamento del passato svuotandolo per attualizzare tutto e tutti. Sarebbe facile pensare ad una Atene del IV-V secolo AC come a una New York d’oggi, città cosmopolita e centro dell’Impero. Aristofane come un Woody Allen e Socrate come un Walter Benjamin o un Wittgenstein. Chi volesse divulgare troverebbe sempre il mondo di attualizzare tutto, e distorcere tutto. Non è il percorso di Canfora, che pone attraverso la sua Atene, problemi che sono i nostri, ma "rileggendo le fonti" e - dove è necessario - ricollocando al loro posto personaggi e avvenimenti che la divulgazione scolastica ha nel tempo spostato di senso e di significato.

Niente è più "attuale" del nostro mondo che pensare a una cosa come "democrazia", che diventa "impero". Pensiamo agli Stati Uniti. Del 2002 è il fortunato libro Impero : il nuovo ordine della globalizzazione, di Toni Negri e Michael Hardt (in Italia edito da Rizzoli editore). Con quel saggio viene divulgato a circoli meno ristretti il concetto di "impero" applicato all’Occidente guidato dalla democrazia nordamericana, che era invece concetto largamente dibattuto all’interno della cultura anglosassone (si pensi quantomeno ai saggi di Ludwig). Da quel momento la propensione all’analisi non più ideologica ma "tecnica", che era stata di Machiavelli e poi della pubblicistica del Seicento, con lo smantellamento della scuola marxista torna a funzionare. L’occidente, davanti ai nuovi problemi del mondo non più bipolare, torna a leggere i propri classici, a rimeditare attorno a concetti come impero romano, impero bizantino, e "impero ateniese". Il libro di Canfora ci aiuta a fare il punto su un gran numero di questioni. Innanzitutto sulla ridefinizione del concetto di "democrazia" (governo del "demo", che ad Atene significa una cosa ben concreta) contrapposta all’oligarchia golpista e tendenzialmente filo-spartana. Il benessere di Atene si fondava sullo sfruttamento delle risorse non solo degli schiavi, ma anche delle città e delle risorse degli "alleati". La guerra contro Sparta è stata un conflitto non solo tra due eserciti, ma tra due strutture sociali diverse.

E porta a ridefinire i personaggi - e con essi i miti connessi e sovrapposti della vulgata - protagonisti di quella lunga storia. Da Socrate (così vicino agli oligarchi golpisti) fino a Demostene (al soldo dei Persiani). La critica e la filologia sono nemiche del mito, anche se forniscono cibo al raffermo cinismo italico, tanto più che del passato ateniese si salvano in gran parte - come sempre - i testi e i documenti dei vincitori mai dei perdenti. E in quella storia, gli oligarchici hanno avuto la mano protesa della storia successiva (l’ellenismo) per cui i testi di Tucidide, di Senofonte e degli altri che democratici non erano, sono diventati la base della cultura europea. Salvo poi ognuno a travisare quanto più possibile tutto e tutti, per poter portare acqua al proprio mulino così che testi reazionari come quelli degli oligarchici sono potuti diventare invisi ai reazionari dell’Ottocento e del Novecento e via così, nel rimescolamento continuo della storia e delle storie.

Storia basata sulle fonti e storia documentaria, che indaga non la società ma un particolare aspetto della società di Atene. Anche gli aspetti militari o culturali in fondo sono in secondo piano. Quella di Canfora è una storia tutta politica. Lui è interessato allo scontro tutto politico tra oligarchici e democratici, e punta l’attenzione soprattutto sulle differenze e sulle divisioni all’interno della "parte" oligarchica. Quel che si analizza è la tecnica di un colpo di Stato, ovvero come le conventicole dei ricchi reazionari - raggruppati in "eterie" (ma non saranno una roba tipo lupanari?) - hanno progressivamente minato lo Stato democratico fino al golpe morbido (ma costellato di uccisioni politiche che hanno innescato una strategia della tensione ad Atene e un regno del terrore) con le istituzioni democratiche che si consegnavano alla fine agli oligarchici. E gli oligarchici divisi nella lotta per il potere, che hanno provato vari modelli istituzionali, sempre all’insegna del restringimento della base "elettorale", con esiti sempre più disastrosi. Al di là dell’utilizzo che se ne può fare per trovare le comparazioni con la storia attuale, un libro, quello di Canfora, che rimarrà almeno per una generazione di studiosi (anche se in Italia l’attuale "generazione" è piuttosto scarsa) quale punto di riferimento (attualmente, ci sembra, isolato).

Canfora prova a rileggere la storia di Atene - attraverso le "fonti" ovvero i testi, non attraverso i dati economici e molto poco su quelli sociali (e questa è una parzialità dell’opera di Canfora) -, ci aiuta attraverso quella storia a comprendere anche la nostra attuale storia (fatta di imperi che si contrappongono, di imperi che si sfaldano, di democrazie che si trovano all’improvviso a dover fare i conti con la penuria e la fine dell’abbondanza), prova attraverso la ridefinizione dei testi e la ricostruzione filologica (e persino parentale) a riportare i piedi a terra, nella saldezza delle cose che sono realmente accadute e non nelle cose che noi avremmo voluto fossero accadute. Adesso attendiamo la prossima generazione di filologi e di critici che correggano Canfora e le sue letture e interpretazioni, e che ci facciano andare avanti.


Il mondo di Atene / Luciano Canfora. - Roma-Bari : Laterza, 2011. - pagg. 520

Dalla quarta di copertina:

«Sì, noi lo guidammo quel sistema politico: perché ritenemmo nostro dovere tenere in piedi il regime. Però sia chiaro: noi, gente da senno, sapevamo bene cosa fosse la democrazia. Ma su questa forma di follia universalmente riconosciuta non c’è molto di nuovo da aggiungere. Abbatterla non potevamo ancora, mentre c’era la guerra e voi ci stavate addosso».

In questa sferzante diagnosi dell’erede di Pericle è racchiusa la spiegazione dell’enigma Atene: governo di popolo e dominio di signori.

Da oltre duemila anni, Atene rappresenta molto più che una città nell’immaginario occidentale. Il secolo compreso tra le riforme di Clistene (508) e la morte di Socrate (399) è diventato modello universale, insieme politico e culturale. Politico perché si ritiene che ad Atene sia stata inventata la democrazia, cioè il regime istituzionale e di governo oggi più diffuso nel mondo. Culturale perché ad Atene fiorirono filosofia, storia, teatro, letteratura, arte e architettura che ancora oggi consideriamo riferimenti obbligati. Il mondo di Atene riporta la città alla sua storia, incrinando la sua immagine idealizzata e restituendocela così come emerge dalla ricchezza delle fonti contemporanee. Luciano Canfora smonta la macchina retorica su Atene, dimostrando che i critici più radicali del sistema furono proprio gli intellettuali ateniesi. Eventi centrali dell’intera narrazione sono la parabola dell’impero marittimo ateniese sconfitto da Sparta, la lacerazione che esso determinò nel mondo greco fino a coinvolgere il regno di Persia, la rinascita dell’impero nella medesima area geo-politica, la sua crisi e l’esito inedito, rappresentato dal trionfo dell’ideale monarchico realizzato dall’egemonia macedone.



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