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La sanità dei burocrati

I burocrati sembrano oramai i veri padroni della nostra salute. Un diritto inalienabile della persona umana sancito dalla nostra carta costituzionale. E’ possibile andare oltre?

di Emanuele G. - mercoledì 7 ottobre 2009 - 2662 letture

Inquieta il fatto che la sanità sia diventata una variabile dipendente della ragioneria e dell’econometria. Non si pensa, cioè, a tutelare il diritto alla salute dei cittadini, ma semplicemente a “razionalizzare” il comparto in base a parametri più o meno chiari. Questo sta accadendo da quando la sanità pubblica è stata indicata come uno degli attori principali della crescita esponenziale dell’enorme deficit pubblico italiano.

Certamente una cura ricostituente deve essere effettuata, ma si rischia di ammazzare lo stesso ammalato. Prendiamo il caso del recente accorpamento del reparto di Ostetricia/Ginecologia dell’Ospedale di Lentini con quello di Augusta. Sembra che la causa del trasferimento sia dovuta a un parametro non raggiunto. Ossia quota 400. Orbene, poiché il nosocomio leontino gestisce una quantità inferiore a tale quota allora è scattato il provvedimento di accorpamento con l’ospedale zonale più vicino. I burocrati regionali hanno fatto il conto di quanto tempo impiega una puerpera di Francofonte a raggiungere Augusta? E se la puerpera soffre di gravi patologie che possono mettere in pericolo la sua vita e quella del nascituro? Chiusa quella divisione il territorio è assolutamente sprovvisto di una struttura atta a un parto sicuro e controllato. Si è pensato a questi dati? Spesso l’Ospedale di Lentini è utilizzato da puerpere provenienti anche dalla vicina Scordia, provincia di Catania, e da comuni interni della provincia di Siracusa. Sortino e Buccheri in particolar modo. Per risparmiare su una struttura si aggrava il territorio di un alto costo sociale. Inoltre, si è pensato a quanto costa un trasferimento in ambulanza dall’Ospedale di Lentini a quello di Augusta? Come potete vedere alcune cose non quadrano e implicano da parte della Regione opportune risposte in merito.

Qualche giorno fa le dichiarazioni dell’On.le Confalone di Siracusa mi hanno fatto sorgere alcuni dubbi. L’On.le Confalone spiegava perché è stato salvato l’Ospedale di Noto. Ciò è avvenuto perché tale ospedale è stato considerato “stabilimento” e quello di Avola “ospedale”. In sintesi uno “stabilimento” indica una struttura sanitaria a metà strada fra il poliambulatorio e l’ospedale. E’ tuttavia una struttura di minor importanza rispetto al classico ospedale. Questa distinzione sembra non essere chiara in riferimento agli Ospedali di Lentini e Augusta. Tuttavia il fatto che si stiano trasferendo reparti da Lentini ad Augusta fa presumere che per la Regione l’”ospedale” sia quello di Augusta e lo “stabilimento” quello di Lentini. Se così fosse la situazione sarebbe drammatica per il comprensorio leontino. Sarebbe la prova del volere ridimensionare l’Ospedale di Lentini a qualcosa a metà strada fra il poliambulatorio e l’ospedale. Un’entità poco chiara e per questo non in grado di fornire servizi all’altezza della situazione, efficienti e in linea con le gravissime problematiche ambientali in atto. Quindi cosa ne sarà del nuovo Ospedale? Uno scrigno bello dal di fuori, ma in realtà vuoto al suo interno? E tutti quei discorsi di trasformare l’Ospedale di Lentini da ospedale di zona a ospedale di area? Una devastante presa in giro per le nostre comunità? Anche qui risposte certe sono d’uopo poiché non si può essere opachi in riferimento a una tematica così basilare quale quella sanitaria.

La riflessione che si deve fare è a questo punto la seguente: la sanità può essere ostaggio di numeri e pensieri paludosi? Ancora, quale modello di sanità vogliamo dare ai cittadini? Basta strutturare un sistema attorno a medici di base e ospedali? In che modo integrare la sanità con le strutture socio-assistenziali presenti sul territorio? Credo che dibattere questi argomenti sia in realtà un modo per capire come creare un “welfare” in grado di incontrare i bisogni reali di una società complessa.

Mi pare che un sistema imperniato quasi esclusivamente sulla figura del medico di famiglia e dell’ospedale non dia garanzia di completezza di assistenza a noi cittadini. Bisogna, a mio giudizio, che l’attività del medico sia maggiormente collaborata da altre figure e/o strutture presenti sul territorio. Questo permetterebbe di sviluppare una reale prevenzione con conseguente diminuzione di ricoveri ritenuti non necessari. Infatti, nell’anno 2008 ci sono stati ben 250.000 ricoveri appartenenti a questa tipologia. Giocare sulla prevenzione significa attivare tutta una serie di reali economie che potrebbero svincolare ingenti somme per una reale assistenza sanitaria di prossimità.

Ecco, l’assistenza sanitaria di prossimità deve rappresentare il nuovo modello di sistema sanitario qui da noi. Essa è territorializzata e pertanto vicina ai bisogni dei cittadini. Si articola su strutture agili capaci di dare risposte in tempo reale. E’ radicata sul territorio. Riesce ad assicurare un continuum di attività sanitarie e socio-assistenziali di buon livello. In breve, lavora su una forte integrazione fra figure professionali, strutture e procedure. Vogliamo scommettere su tale modello o intendiamo continuare a gestire un deserto dove il cittadino ci perde anche la vita?

Poi che senso ha che ci siano da un lato i distretti sanitari e dall’altro quelli afferenti all’assistenza socio-sanitaria. Non sono inutili doppioni? Perché non inserirli in un unico quadro normativo e di sistema in modo da aumentare sul serio l’offerta di reale assistenza sul territorio in favore di noi cittadini? Avere bisogno di assistenza sanitaria implica delicate esigenza di natura sociale. La malattia determina un costo sociale molto alto. Anche quando si accusano patologie definite di minimo impatto. Essere in condizioni di salute approssimative condiziona pesantemente la tua vita di tutti i giorni e quella dei tuoi cari. Da qui la necessità che non ci sia solo assistenza sanitaria, ma assistenza socio-sanitaria. La sanità è una rilevante questione sociale. Mentre uno dei punti qualificanti di una vera politica sociale è la questione afferente alla sanità e alla salute.

Qualcuno mi dirà che costruire un simile sistema costa parecchio e a tutt’oggi di soldi non ce ne sono. Considerazione sensata, ma una sanità realmente territorializzata contribuisce in maniera decisiva all’indice di “wellness” di noi cittadini. In soldoni, una società dove si controlla in modo efficace la salute evita costi sociali alti e difficilmente gestibili. Ciò che si risparmia con i costi sociali può essere speso per finanziare il modello di assistenza sanitaria delineato poc’anzi. Ma non sarebbe meglio definirlo di ASSISTENZA SOCIO-SANITARIA?


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