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Aldo Brandirali "Lezioni di politica" - primo ciclo

Con il presente intervento inizia a collaborare con il nostro blog Aldo Brandirali storico dirigente del PCI di Milano nei primi anni sessanta. In seguito, leader dell’Unione dei Comunisti Italiani. Negli anni ottanta entra a far parte di Comunione & Liberazione. E’ stato assessore nella giunta Albertini.

di Emanuele G. - giovedì 29 gennaio 2015 - 2336 letture

PRIMO CICLO

"I fondamentali della politica"

PRIMA LEZIONE

A) Cosa è la politica

Innanzitutto la politica è una attività svolta da persone . La persona che si assume il compito di far politica ha la sua identità in quel che viene prima della politica, e che struttura la sua serietà e il suo spirito di servizio. Sia ben chiaro allora che la dimensione ideale, la moralità, la vocazione, si compongono seguendo la salvezza, la strada vera, il senso del vivere. Ma non si può giudicare la politica con criteri mondani, oggi non si capirebbe ove poggiare la speranza.

Poiché il seguire è anche appartenere a una comunità, deve essere chiaro che l’amicizia non è limitata al far politica di ciascuno. La comunità, o la compagnia in Cristo, viene prima di ogni specifico compito che ciascuno assume.

L’agire in quel che ci si sente più adeguati, è a responsabilità personale. Non ci sono le scarpe della comunità e neppure gli artigiani nostri, non la casa della nostra cooperativa, non gli affari fra di noi. Dunque neppure il partito politico della comunità. Certo ci sono scelte che si fanno perché ci si fida del lavoro di un amico, ma la comunità non dice che si deve fare tutti così. Questo sarebbe limitante la libertà che si impegna nella ricerca della santità.

Con questo criterio si dovrebbe anche guardare come elettori, tenendo conto che ognuno deve maturare un giudizio. Per questo è utile fare gruppi e circoli, forme associative che si aiutano a giudicare la politica. Comunque un buon criterio è guardare alla storia personale del candidato, per essere certi del livello dei valori che cerca di portare e della serietà con cui affronta il compito di rappresentare singole situazioni. Ma senza far prevalere un moralismo, per cui si finisce con il giudicare aprioristicamente la formazione politica per la sua moralità, fino a ritornare alla identità politica come realtà pura e salvifica.

B) L’arte della politica è comporre la complessità

Per permettere l’unità della nazione e del suo popolo. Dunque ogni politico si assume la rappresentatività di parti specifiche del Paese, e poi diventa capace di tessere i rapporti con altri nella politica diventando unitario e compositore di alleanze.

Da questa responsabilità viene il fatto che le proprie idee o i propri programmi non possono fondarsi sull’odio verso le altre parti della politica, si tratta solo di credere nella propria ipotesi e poi di accettare cose giuste che possono essere perseguite anche dall’altra parte politica.

In campagna elettorale , al fine di raccogliere consenso, si è tentati di definire l’altro come un pericoloso nemico, e ancor peggio, si è tentati di dar ragione ai sentimenti di paura e di chiusura diffusi nel popolo. Questo significa andare in coda, non essere esempio educativo ma furbo sfruttatore delle arretratezze del popolo. Bisogna capire che se si divide il Paese si riducono le possibilità di risolvere i problemi. Per questo il politico è bene che si assuma una responsabilità educativa e che l’elettore non si lasci andare a una mentalità reattiva, che si motiva solo nell’andare contro qualcosa. Per questo la polis è quella base culturale che fissa i valori comuni di tutto il popolo, ed è buona regola democratica essere rispettosi di questi. In particolare contro l’oppressione delle donne, contro il razzismo, contro il non rispetto della legge, contro il nazismo e lo stalinismo, contro la divisione degli esseri umani a seconda del loro stato economico o di istruzione. Se lo scopo è quello del fare il bene comune è evidente che si tratta di unire e non di dividere il Paese. Nell’attuale sistema elettorale si prevede la tendenza al bipartitismo, dunque a due progetti politici diversi e in competizione.

Si può sintetizzare la possibile diversità di progetto politico fra: liberali e sociali .

I liberali tendono a favorire la dinamica della competizione e del mercato, avendo fiducia nella libertà individuale. Da questo gli obiettivi: meno tasse e meno burocrazia.

I sociali tendono alle politiche solidali per risanare le ferite delle diseguaglianze, tendono a mettere al centro lo Stato come garante delle condizioni di pari diritti dei cittadini. Da questo gli obiettivi: forte stato sociale e regole comuni.

Da questa schematica sintesi si comprende che la competizione viene di volta in volta vinta dalla visione che è più necessaria in un determinato periodo. Si vince dentro le circostanze, e non perché si è veri e giusti. Si capisce anche che ci sono molte ragioni nell’altra parte politica.

C) l’abilità della politica è saper fare quello che è possibile

E dunque avere molta flessibilità nel fissare le alleanze e nel decidere il comportamento nel voto dentro le istituzioni. Una parte politica all’opposizione può contribuire alla decisione di maggioranza. In politica non esiste la via giusta. E’ necessario guardare la vita sociale come il risultato di una composizione imperfetta fra uomini pieni di debolezze e incoerenze, dunque tenere in conto il dramma dell’esistenza. Da questo viene l’elogio dell’imperfezione in politica, come ci ha spiegato il Cardinal Ratzinger.

Dalla cultura cattolica riceviamo l’evidenza dei valori costitutivi della natura umana, riceviamo anche lo spirito di libertà della persona, l’idea di sussidiarietà, e dunque la critica dello statalismo . Ma quando agiamo nella vita pubblica sappiamo bene che il nostro compito è concordare con altri che la pensano diversamente, e dobbiamo rendere possibile la miglior posizione comune attraverso le alleanze più utili. L’arte del possibile ci rende sempre politici che tendono al governo del Paese, e non eterni oppositori. Questo non vuol dire che spesso ci si troverà all’opposizione rispetto ad un governo che si fonda su di un’altra visione progettuale. Ma non si deve diventare maniaci dell’essere contro, cosa questa che caratterizza coloro che perseguono la perfezione, o coloro che credono che tutto sia in mano ad un oscuro potere che ci manipola tutti. Abbiamo detto che la perfezione non esiste, ma dobbiamo anche dire che il superpotere non esiste . Da cattolici sappiamo che l’uomo non si fa con le proprie mani, e se è davvero così non può neanche dominare oscuramente su tutto. Certo ci sono superpotenze, ci sono multinazionali, c’è la massoneria, c’è lo Stato guida, a altre forme di prevaricazione della libertà e della democrazia . Ma dobbiamo credere che ciò che contraddice la vita vera infine rimane sconfitto. Dobbiamo credere che la realtà è fondamentalmente positiva. Che la città di Dio è sempre presente nella città dell’uomo. Questo mette la speranza anche nella politica.

A partire da questa logica di servizio si tratta di ascoltare la vita vera, le dinamiche che la caratterizzano, e capire come non diventare negativi nelle cose che si fanno con leggi e opere pubbliche. In particolare dalla vita vera viene un grido potente sulla pesantezza dello stato e della Pubblica Amministrazione, troppe tasse, troppa burocrazia, troppe norme farraginose e incomprensibili. Mentre le opere pubbliche attese sono in grave ritardo.

I ritardi della politica nel nostro Paese sono talmente tanti che il governare è quasi disperante. L’arte del possibile deve svilupparsi con il senso delle priorità, è molto importante avere quella visione di insieme della realtà del Paese che suggerisca di fare subito alcune cose in attesa di poterne fare altre.

SECONDA LEZIONE

"Potere e classe dirigente"

A) Il potere è necessario

Vuol dire poter prendere le decisioni, colui che lo detiene deve fare buon uso del potere.

Nella realtà inizia la vocazione di ogni persona, e si esprime il lavoro umano , il fare insieme, lo spessore della persona, è una tensione costruttiva che rende vera la parola popolo, e si capisce che il popolo al lavoro chiede alla politica di fare quello che serve al lavoro in corso, ovvero : servizi e norme.

Il potere diventa servizio se la persona che lo esercita si sente servitore del popolo. Dunque si capisce che il potere avuto con il consenso raccolto è un incarico assunto , e che lo si assolve se si resta in contatto con gli elettori e si ascoltano i loro problemi e loro proposte. Per mettersi in ascolto della vita sociale e delle comunità locali e intermedie la politica deve favorire la crescita della partecipazione democratica, dei luoghi comunitari dove le persone sono in rapporto con gli altri, superano la condizione dalla responsabilità di famiglie e lavoratori si comprendono le condizioni e i mezzi per poter ammodernare tutti i servizi e le leggi.

Essere classe dirigente vuol dire avere una possibilità di decidere per il bene comune, per questo è necessaria una gratuità, ovvero agire superando l’interesse personale. Ricordiamo di politici che hanno generato grandi opere e sviluppi positivi nella democrazia. Eppure avevamo presente anche azioni contraddittorie e di tipo egoistico. Ma i limiti dell’umano non devono diventare l’ultima parola. Il lavoro ben fatto è la vera ultima parola.

B) Il potere autoreferenziale

Avere il potere e farne uso solo per le proprie ragioni egoistiche, sia personali ( soldi, immagine, consenso ) che di categoria ( corporazioni o lobbies che sono sostenute dal potere e a loro volta lo sostengono ). E’ quasi naturale, diventa segno della propria abilità e nel contempo fornisce i mezzi per mantenere il potere.

Questo succede sempre, in ogni forma di governo della cosa pubblica, la furbizia, il profitto, il gusto del dominio, sono innati nella natura umana. Ma ci sono due fattori che possono evitare questa deriva: uno è la vera presenza vocazionale e al servizio del popolo, l’altra è la presenza di fattori di reciproco controllo , come dinamica fra istituzioni. Nello stessa formazione dello Stato i legislatori hanno tenuto conto del controllo reciproco e delle necessarie autonomie, dunque importante è la dinamica interna alle varie funzioni di potere. Per esempio l’autonomia della magistratura è importante per controllare gli altri livelli del potere. Ma per continuare l’esempio la politica deve mantenere il suo ruolo di legislatore, e la magistratura deve solo applicare le leggi.

Un danno enorme è stato provocato dal clientelismo e dal corporativismo: Il grande indebitamento del nostro Paese, che ci costringe a limitare tutti gli interventi necessari al miglioramento. Anche questo si può limitare , dipende da una vera strada di riforme, dipende anche dalla emersione del ruolo dell’apparato dirigenziale che deve applicare le decisioni della politica, devono lavorare per coerenza con la volontà riformatrice della politica e non impedirla, per difendere posizioni acquisite. Serve una struttura di funzionari che lavora seriamente per ottimizzare i servizi e ridurre i costi.

I dirigenti degli apparati rispecchiano la presenza della cultura della polis e del senso dello Stato. Anche in questo la responsabilità educativa della politica, che deve orientare le assunzioni e le carriere nella burocrazia. Se la burocrazia è particolarmente ottusa e inefficiente si deve andare a vedere la debolezza della politica. Nel formarsi delle classi dirigenti non ci sono solo gli eletti dal popolo ma anche i moltissimi che vengono nominati nei ruoli pubblici. Costoro devono essere consapevoli della progettualità riformatrice e devono fare quello che è utile per applicare le decisioni di riforma.

C) La dinamica della democrazia

Deve essere sempre possibile il ricambio per via democratica di governi e classi dirigenti. Le regole che fissano il sistema elettorale rendono più o meno competitivo il sistema di alternanza democratica. Democrazia vuol dire presenza di soggetti politici che si presentano con le loro visioni e le loro proposte di priorità delle riforme. La loro competizione nella espressione del consenso permette una dinamica costruttiva. Se il controllo verticistico del potere paralizza la democrazia, il fattore della dinamica di miglioramento viene a mancare.

Per la democrazia ci deve essere vita libera di movimenti e associazioni, che permettono la partecipazione attiva di tutti nella vita comune. Infine democrazia vuol dire poter scegliere sia i programmi che le persone che vengono elette. Le imperfezioni della democrazia sono sempre presenti, periodicamente si pongono riduzioni della democrazia.

Adesso il problema, che ha motivato il bipolarismo, è di superare la frammentazione delle proposte e dei gruppi politici. Ma deve essere data natura competitiva semplice e non esasperata al bipolarismo. Premio di maggioranza limitato, non legittimante un governo di minoranza. Soglia di sbarramento per i partiti minori che non diventi esclusione generalizzata. Ripristino delle preferenze anche per l’elezione delle Camere. Limitazione della pretesa di nomina dal vertice dei listini bloccati o dei capilista.

Nel mondo contemporaneo la democrazia non sta bene. Pensiamo alla Cina, che ha il partito unico, in essa la sola democrazia è il congresso del partito, che deve saper tenere unito il Paese. Pensiamo all’India, che ha il sistema delle caste e dunque differenti diritti degli esseri umani. La sua democrazia è comunque ristretta ai privilegiati.

Pensiamo al mondo arabo, dove la pretesa di parti religiose di identificarsi con il potere rende impossibile una competizione politica. Per questo le garanzie minime di libertà sono spesso opera dei militari, che con la loro disciplina sono al disopra del conflitto religioso. Pensiamo all’Europa come faro di democrazia, come sia grave che non ci si ricordi più della sacralità della persona umana, base della ragione della democrazia, perché fondata sul rispetto delle libertà personali. Il prevalere oggi di una cultura appiattita nel relativismo provoca , in particolare negli organi di governo europeo, la prevalenza di un tecnicismo spesso burocratico.

Infine pensiamo agli Stati Uniti, nei quali la democrazia è fondata su una forte ragione di libertà individuale. Questa democrazia ha una grande competizione fra i poteri forti che cercano di impadronirsi dei partiti e dunque di controllare gli eletti.

La libertà di avere armi in casa, e l’obbligo di pagare la sanità, generano una società con profonde ferite nella convivenza, ma la dinamica democratica è sempre presente con i suoi correttivi. Tutto questo ci dimostra che la democrazia è sempre in movimento, e la sua costruzione come vita comune non è mai completa.

TERZA LEZIONE

"La partecipazione democratica"

A) Le egemonie

Egemonia vuol dire costruzione di reti che controllano i processi di opinione e che distribuiscono lavoro, guadagni, privilegi. Purtroppo le reti dell’egemonia politica sono molto presenti nel nostro Paese. In primo luogo nel controllo delle case editrici e delle redazioni dei giornali. Poi il controllo delle televisioni, il controllo politico della magistratura. Il controllo delle reti clientelari di cui c’è specializzazione in Meridione. Dipendenti pubblici assunti senza vera utilità, lavori socialmente utili che generano i propri propagandisti politici.

Le regioni rosse sono spesso strutture in modo vincolante su cooperative e funzionari sindacali e di partito.

IL nord del paese ha la presenza di poteri economici che influenzano fortemente la partecipazione alla vita pubblica.

Risanare il Paese vuol dire sconfiggere i sistemi di egemonia. Le spese pubbliche vanno delimitate e sottoposte a indici di valutazione. Le regole democratiche devono garantire la partecipazione popolare aperta alle opinioni diverse, dunque il monopolio televisivo o dei giornali deve essere impedito. il clientelismo, le corporazioni, i poteri forti, sono meccanismi da sorvegliare, delimitare mediante regole e strutture di controllo, al fine di non gonfiare la spesa pubblica senza nessuna utilità sociale.

E poi ci sono le reti malavitose, mafie e camorre, che da tanti anni praticano sistemi di egemonia sulla vita pubblica, mediante il controllo dei voti e il ricatto degli apparati e dei politici. Ma queste sono già combattute nella coscienza pubblica, anche se non si riesce a comprendere come milioni di elettori finiscano con il votare come da indicazioni malavitose.

Per correggere queste manipolazioni la democrazia ha deciso di non usare più le preferenze nel sistema elettorale , ma in questo si è impoverita la possibilità di scelta da parte degli elettori. Attualmente, nella politica nazionale, con classi dirigenti scelte dai capi dei partito , abbiamo una presenza avvilente nelle nostre istituzioni, molto servilismo e molti ignoranti ma che piacciono al capo.

La presenza della vitalità sociale, di movimenti e comunità diventa un fattore della libertà di vita democratica, come ha fortemente spiegato in un suo magnifico intervento Don Giussani al Congresso della DC ad Assago nel 1987.

B) Il consenso

Le posizioni di parte offerte alla competizione democratica sono movimenti ( o partiti) che hanno una loro ipotesi di azione riformatrice o di conservazione. Ai cittadini la scelta con il voto deve poter avvenire grazie alla presenza di variegati luoghi di confronto e dibattito. Nella forza di comunicazione la politica cerca soldi, e diventa una parte importante il finanziamento della politica.

Come si è visto nel diffuso sistema delle tangenti , la distribuzione di contratti e di finanziamenti avviene in forma irregolare. Siccome il Paese ha una larga fascia di vita economica in nero, di corruzione della vita pubblica, di distribuzioni a pioggia di sostegni pubblici, tutto questo corrompe la possibilità di partecipazione libera e di base popolare della politica.

Bettino Craxi, che il bersaglio della repressione del finanziamento illegale dei partiti, disse, in un suo ultimo discorso al Senato, che le lobby alla ricerca di sostenitori nella politica devono essere rese note e controllate dalle regole comuni. Questo avviene già oggi nel Consiglio d’Europa. Ma non è ancora possibile in Italia. Le lobby sono la parte meno diffusa del bisogno di rappresentanza, ma sono significative perché dicono che nella politica sono in gioco interessi concreti. Basti pensare alle case farmaceutiche, che lavorano con i prezzi fissati dal Governo. E’ logico pensare che le loro pressioni sui politici siano molto forti.

E ancora di più le grandi imprese di costruzione che possono fare le grandi opere pubbliche, hanno le gare di fare, ma si vedono spesso manipolazioni delle gare.

Per questo il finanziamento della politica deve avvenire in modo regolamentato ma garantendo la libertà di partecipazione, sia di interessi, sia di convincimenti.

Non è una soluzione adeguata il finanziamento da parte dello Stato. Questo tende a generare partiti mantenuti che impediscono il ricambio nei partiti op dei partiti. Il finanziamento a base libera permette di generare forza alla luce di presenze reali che sono interessate alla proposta.

Il sistema delle primarie promosso dalla sinistra italiana ha il pregio di avere un confronto di massa su chi mettere in lista e serve anche ad avere finanziamento diffuso. Il limite di questo sistema è che non c’è un sistema di discussione nella partecipazione.

D) Democrazia dei partiti

Per la loro vita interna, con la partecipazione alla decisione comune, facendo in modo che i migliori diventino parti della classe dirigente del Paese.

Siamo definitivamente usciti dal partito di massa, con milioni di iscritti e migliaia di cellule base. Ora il partito politico è decisamente il partito degli eletti e dei candidati.

Nell’area politica di centro-destra il dirigismo ha avuto tendenze autoritarie, per cui risulta ancora molto fumosa la democrazia interna. Il miglior processo di confronto auspicabile per la nostra visione popolare è il Congresso periodico dei sostenitori e delle forme associative, sul modello americano.

Gli elettori devono partecipare ai luoghi del fare insieme, generando comunità che costruiscono il benessere sociale, e da queste comunità arrivare alle proposte da fare alla politica e giudicare le posizioni assunte dai politici. I politici che si vogliono confrontare con la rappresentanza dovrebbero invitare le persone del popolo a presentarsi come partecipi di luoghi comunitari, nei quali si è giudicato la politica e si è diventati capaci di fare proposte alla luce della propria esperienza. Alla politica il compito di ascoltare, di raccontare le buone prassi, di riconoscere le situazioni esemplari con le quali vale la pena di approfondire le proposte di riforma.


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