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Abruzzo: il futuro svenduto al cemento e alla speculazione

di Alessio Di Florio - martedì 14 dicembre 2010 - 3884 letture

Non s’intravede all’orizzonte alcun progetto programmatico, alcuna visione del futuro. E intanto prosegue la colonizzazione e il saccheggio del territorio da parte delle mafie e della speculazione. Si cancella la parte migliore del territorio, si bloccano progetti come il Parco della Costa Teatina, si devastano fiumi e valli, milioni di euro vengono letteralmente gettati via in mega progetti inutili per la collettività. Tutto in nome del profitto di pochi.  
 

"L’Abruzzo è una regione camomilla, facilità di penetrazione, costi d’insediamento minimi e zero conflittualità". Sono le parole con le quali un dossier di qualche anno fa della multinazionale scozzese Petroceltic descriveva l’Abruzzo. Queste parole sono diventate negli anni la condanna dell’Abruzzo. Perché, nonostante i tantissimi tentativi di resistenza e di rivolta morale e civile di larga parte della popolazione, dei movimenti e di molte associazioni, restano da scolpire nella pietra per quanto riguarda la classe politica, troppo spesso totalmente prona agli interessi privati e speculativi e interessata da gravissimi casi di corruzione. Anche con la complicità di parte della stessa società civile che, ben lungi dal svolgere il suo dovere di critica e sorveglianza civile e sociale, si lascia letteralmente comprare dai poteri forti, tradendo i cittadini, per un piatto di lenticchie o per molto meno di trenta denari, rappresentati spesso da lauti finanziamenti o da cooptazioni nelle stanze dei bottoni.  

Da tanti troppi anni colate di cemento, mega progetti dispendiosi quanto inutili, infiltrazioni malavitose, stanno ipotecando e devastando il futuro dell’Abruzzo. E la classe politica è, nei fatti, connivente. Sempre più ostaggio di un far west dove imperversano consorterie e comitati d’affari, mentre un coacervo di illegalità e devastanti speculazioni si stanno impossessando del territorio. In tutto questo le infiltrazioni delle varie mafie e di note multinazionali stanno disegnando una vera e propria colonizzazione della Regione, che favorisce il business di pochi (esemplare la situazione della "deriva petrolifera", la cui cartina delle concessioni somiglia sempre più all’Africa coloniale) e impone il totale saccheggio.  

IL MASSACRO CONTINUO DEI FIUMI 

Nelle scorse settimane grande preoccupazione hanno destato le esondazioni di molti fiumi, soprattutto nell’alto pescarese e nell’aquilano. Abbiamo assistito a scene che, per alcuni giorni, hanno ricordato le gravi emergenze di Sarno di alcuni anni fa e di Vicenza dei mesi scorsi. Non sono calamità naturali, come spesso vengono etichettate, o decise da chissà quale fato avverso. Sono il frutto di una scellerata mancata gestione del territorio che ha permesso di devastare alvei dei fiumi, cementificando ovunque. Recentemente il mensile Focus si è occupato di 7 dei fiumi più inquinati d’Italia, due di questi sono abruzzesi: il fiume Saline e il fiume Aterno-Pescara. Augusto De Sanctis, referente acque del WWF Abruzzo, in occasione della pubblicazione del mensile ha ricordato che "nel Piano di Tutela delle Acque recentemente adottato dalla Giunta Regionale per il 25% dei fiumi abruzzesi si rimanda al 2027 il risanamento" e sul fiume Saline "invece di pensare alla bonifica, si vogliono realizzare nuove strade e ponti per circa 16 milioni di euro". 

Il WWF Abruzzo ha recentemente denunciato il massacro di un bosco di salici e pioppi "grande quanto 30 campi di calcio" sul fiume Tronto per... scoraggiare la prostituzione sulle sue rive, e la devastazione del fiume Treste (dove è stato riconosciuto un Sito di Interesse Comunitario per la presenza di una rarissima testuggine) ridotto in "uno stato pietoso, alterando completamente in quel tratto qualsiasi processo ecologico e interrompendo la connessione ecologica tra aree di valle con le aree di monte" da ruspe che sono state viste "scorazzare e sbancare direttamente in alveo".  

CONSUMO DI SUOLO E STATO DEL PAESAGGIO: I DOSSIER E LE DENUNCE DI WWF E ITALIA NOSTRA 

Il 29 Ottobre scorso il giornalista de La Stampa Giuseppe Salvaggiulo

ha presentato a Pescara il suo libro "La Colata", sul saccheggio del territorio italiano. Un saccheggio che sta letteralmente cancellando il futuro dell’Italia (e che vede anche nell’Abruzzo una delle sue avanguardie). Nell’occasione il WWF Abruzzo, che ha invitato Salviaggiulo, ha presentato un dossier sul consumo di suolo in Abruzzo e un possibile decalogo per salvare quel che resta. Denuncia Camilla Crisante, presidente del WWF Abruzzo, che "il modello insediativo abruzzese...sta determinando una vera e propria crisi del paesaggio". Infatti "poche sono le aree libere da strade e centri abitati. In un territorio poco industrializzato le falde e i fiumi sono pesantemente compromessi da quasi 1200 siti inquinati" e "sono state aggredite le colline e anche le pregevoli aree montane". Secondo lo stesso Salvaggiulo

"L’Abruzzo segue un modello che sta letteralmente impoverendo l’Italia" e gli amministratori "nei fatti hanno premiato pochissimi costruttori a svantaggio della qualità della vita dei cittadini". Tra le altre, leggiamo nel dossier che i boschi di querce secolari dell’Alto Vastese "sono ormai dominati da una disordinata e onnipresente selva di torri eoliche che hanno ormai connotato questo territorio in senso industriale", nelle piane dell’Aquilano "gli splendidi mandorleti tradizionali sono ormai intervallati da cave" e "le aree dello zafferano descritte da Silone come Navelli e S. Pio delle Camere sono assediate da capannoni industriali ed artigianali sparsi, autorimesse e strade degne di periferie di metropoli (vedi il raddoppio della SS. 17)", le "aree costiere sono fragilissime, segnate dell’erosione e dall’impossibilità di evolvere naturalmente a causa della cementificazione imperante". Su quest’ultimo punto citato viene chiesto "di tener conto dei potenziali effetti dei cambiamenti climatici e dell’erosione, cercando di ripristinare la mobilità della linea di costa e ricostituzione di ambienti dunali che ostacolano i processi erosivi". A corredo di questo viene allegata la foto degli ambienti dunali, totalmente in stato di abbandono e incuria, della spiaggia di Casalbordino. Una spiaggia interessata nei mesi scorsi da un milionario ripascimento di sabbia, su cui è tornato nei giorni scorsi il WWF Zona Frentana e Costa Teatina, denunciandone il totale fallimento. Già il 31 ottobre scorso gli attivisti dell’associazione hanno rilevato l’arretramento della linea di battigia fino a 10 metri. A metà dicembre l’arretramento è ormai totale, vanificando totalmente i milioni spesi. Da non dimenticare che il prelievo della sabbia era previsto al largo della spiaggia di Punta Penna, all’interno della

Riserva di Punta Aderci. Uno dei pochi luoghi di pregevole bellezza e integrità rimasti (grazie soprattutto al lavoro e alla passione di chi ci lavora e la difende quotidianamente) che ne sarebbe uscito devastato. La mobilitazione civile ha impedito che questo scempio avvenisse. Nel dossier del WWF Abruzzo viene, tra l’altro, anche chiesto di "dare attuazione alla Direttiva SEVESO sulla pianificazione delle aree attorno agli impianti industriali a rischio di incidente rilevate (che sono circa 25 nella Regione)." Parole che ben si adattano a diversi di questi impianti, come per esempio quello della stessa Casalbordino che (oltre a suscitare immensa preoccupazione in parte della cittadinanza e ad essere stato teatro negli anni di diversi incidenti gravissimi, l’ultimo l’anno scorso, alcuni anche mortali), a causa di una pessima programmazione urbanistica, ha reso complicatissima l’approvazione del Piano Regolatore Comunale.  

Il 21 Ottobre 2010 Italia Nostra ha presentato il suo Primo Rapporto Nazionale sulla Pianificazione Paesaggistica. L’Associazione denuncia che l’attuale Piano Paesistico dell’Abruzzo (approvato nel 1990) "è stato caratterizzato dalla soccombenza della tutela del paesaggio ai differenti interessi economici" mentre il redigendo nuovo Piano

presenta "gravi carenze nei contenuti e preoccupanti negligenze nell’impostazione". E’ assente "qualsivoglia politica di tutela paesaggistica nel territorio dell’Abruzzo colpito dal terremoto dell’aprile 2009....il commissariato per la ricostruzione propone illegittimamente come riferimento-base di tutela, non il piano regionale paesistico vigente, ma il controverso nuovo piano paesaggistico in elaborazione (a cura di Ecosfera-Inu) e, soprattutto la sua devastante e liberatoria Carta dell’armatura urbana". 

Il 7 dicembre scorso WWF, Mila DonnAmbiente, EcoIstituto Abruzzo, Comitato Abruzzese per il Paesaggio, Italia Nostra e Ville e Luoghi Dannunziani hanno denunciato la cancellazione in corso della storia di Pescara. Le associazioni denunciano "l’abbattimento, per ricostruzione ex novo, e in cemento, di un elenco sempre più lungo di palazzi d’epoca otto-novecentesca, segni importanti, anche esteticamente, del tessuto urbano; la possibile cancellazione di ogni memoria di Borgo Marino nord, uno dei luoghi fondativi e identitari di Pescara; le sorti troppo aleatorie del Quartiere Pineta, dove, villino dopo villino, si procede verso la devastazione dell’architettura di pregio e la banalizzazione dell’ultimo quartiere pescarese di forte qualità urbana" mancando di rispettare anche stringenti vincoli di conservazione e tutela (come sui villine del "Quartiere Pineta") imposti dalle leggi e dai Piani vigenti.  

Nessuno ricorda più, anche se non sono passati molti anni, la battaglia intrapresa da pochi coraggiosi ambientalisti per impedire la costruzione di Megalò, l’avveniristico centro commerciale di Chieti Scalo sorto in una zona a fortissimo rischio idrogeologico a pochissimi passi dalle sponde del fiume Pescara dove la legge vieta tassativamente di costruire. In caso di esondazione del fiume la catastrofe sarebbe immensa. Nel 1992 il fiume Pescara sfondò ogni barriera distruggendo tutto quello che la marea incontrò. Nel 1888 l’acqua sommerse interamente le case, trascinandosi via le persone che avevano trovato rifugio sui tetti. Eppure abbiamo, neanche molto distanti l’uno dall’altro, due ipermercati, "Auchan Mall" e il già citato "Megalò".  

A Francavilla la

linea Maginot di appartamenti costruiti con vista mare ha dato origine al termine "francavillizzazione", per indicare un fenomeno di così esasperata cementificazione della costa. Clamoroso, tra i tanti, il caso del Fluenti. I lavori del resort, costruito letteralmente sulla sabbia (con i lavori che l’anno scorso fervevano a pochi passi dai bagnanti), sono proseguiti fino a pochi passi dalla conclusione senza le autorizzazioni della Capitaneria di Porto e dell’Agenzia del Demanio. Come sia stato possibile che nessuno si sia accorto prima di un pachiderma del genere? 
 

Il 31 luglio 2008 un vasto incendio interessò Chieti Scalo, a pochi passi da un centro commerciale e da una zona residenziale. L’incendio evidenziò la presenza di una discarica abusiva lungo il fiume Pescara. Le fiamme colpirono materiale plastico, che sprigionò una densa nube tossica. Dopo l’immobilismo iniziale, l’amministrazione si è concentrata nell’attaccare il WWF, reo di aver scoperto e denunciata la presenza di veleni cancerogeni nell’aria (benzene, considerato dall’OMS "cancerogeno certo", e la cui concentrazione era superiore 276 volte al limite di legge). 

LA DISCARICA DI BUSSI E LAVORI SEMPRE PIU’ CONTESTATI 

E’ ormai universalmente nota la storia della discarica di rifiuti tossici di Bussi, probabilmente la più grande d’Europa. Un campo da calcio alto 130 metri di quasi due tonnellate di Arsenico, benzene, cromo esavalente, piombo, mercurio e decine di sostanze cancerogene e tossiche che, per almeno vent’anni, ha avvelenato i pozzi che rifornivano le reti idriche di tutta la Val Pescara. Nei mesi scorsi è diventata ufficiale la notizia della presentazione di un progetto dell’imprenditore pescarese Toto di costruire un un cementificio che andrebbe ad insistere proprio sull’area contaminata. Lo stabilimento prevede, tra le altre, una discarica di rifiuti per il deposito del materiale di risulta delle lavorazioni e una cava estrattiva di argilla e calcare. Il quotidiano abruzzese "Il Centro", nel riportare la notizia, evidenzia gravissimi rischi ambientali: la cava sarà sfruttata per 30 o 40 anni, al termine del quale la collina sarà più bassa, e si potrebbero causare "alterazioni della potabilità dell’acqua". Una sorta di infernale coazione a ripetere, lì dove giacciono veleni si rischia di continuare a inquinare le acque. 

Dopo anni di inerzia è stato avviato un progetto di "capping", fortemente contestato e che non risolverà quasi certamente nulla.

Un progetto per la cui realizzazione l’appalto è stato vinto da Carlo Cericola, imprenditore di Mozzagrogna, grazie ad un ribasso del 15%. I lavori sono iniziati il 10 dicembre scorso. 3 giorni prima l’imprenditore è stato arrestato dalla Guardia di Finanza di Chieti per frode fiscale. L’arresto è stato eseguito a seguito di un’inchiesta totalmente diversa da quella sulla discarica di Bussi e partita oltre un anno fa.  

Il comitato Bussiciriguarda (dove partecipano le associazioni EcoIstituto Abruzzo, Mila Donnambiente, Italia Nostra, Marevivo) denuncia che i veleni di Bussi continuano "imperturbati a per-colare nelle falde e nelle nostre catene alimentari da anni e anni" aggiungendo che "la legge dello Stato sancisce - in attesa delle bonifica - il dovere, per tutti, della messa in sicurezza di emergenza immediata di un sito inquinato , per impedire che il danno continui. La scoperta ufficiale è del 2007 … e noi siamo ancora qui. La tecnica per una reale messa in sicurezza del territorio più popoloso d’Abruzzo esiste … ma il Commissario, con tutti i poteri extra di cui dispone, dopo 4 anni continua a ripeterci che non ci pensa proprio a usarla e che continueremo a bagnarci nei veleni … Fino a quando, per favore …? E perché i soldi mancherebbero per la discarica mentre avanzano per altri lavori discutibilissimi, di cui parleremo a parte?"  

Sicuramente tra i "lavori discutibilissimi" possiamo annoverare il progetto che interesserà il lago di Campotosto, promosso dal commissario per l’emergenza nel Bacino dell’Aterno-Pescara (e che è sempre Adriano Goio, lo stesso della discarica di Bussi). 91 milioni di euro per un progetto che, tra l’altro, prevede la deviazione delle acque del lago verso il fiume Aterno e la fornitura alle reti idriche che riforniscono L’Aquila ma che, per stessa ammissione dei progettisti, perde il 49% dell’acqua immessa. Il WWF Abruzzo denuncia che non è stata preliminarmente classificata la potabilità dell’acqua del lago (nonostante i vari scarichi zootecnici e civili non trattati), che la minore produzione di energia idroelettrica che il progetto comporterà "equivale ad immissioni in atmosfera per 7333 tonnellate all’anno di anidride carbonica" aggiungendo che è "inaccettabile che si punti prima sul "gigantismo ingegneristico" per portare più acqua che si perderà in una rete colabrodo piuttosto che puntare subito sulla diminuzione delle perdite della rete di distribuzione. E’ talmente evidente questo fatto che i progettisti hanno provato a prevenire questa ovvia osservazione evidenziando che vi saranno altri interventi del Commissario che verranno fatti in un futuro non precisato" 

L’AQUILA, IL TERREMOTO E LE MAFIE 

A pagina 236 di Gomorra, lo scrittore Roberto Saviano ha denunciato che, per anni, anche nell’aquilano e in Abruzzo, si è sostituito il cemento armato con la sabbia prelevata in Campania sulle sponde del fiume Volturno. Queste le sue parole: "Io so e ho le prove. So come è stata costruita mezz’Italia. E più di mezza. Conosco le mani, le dita, i progetti. E la sabbia. La sabbia che ha tirato su palazzi e grattacieli. Quartieri, parchi, ville. A Castelvolturno nessuno dimentica le file infinite dei camion che depredavano il Volturno della sua sabbia.

Camion in fila, che attraversavano le terre costeggiate da contadini che mai avevano visto questi mammut di ferro e gomma. Erano riusciti a rimanere, a resistere senza emigrare e sotto i loro occhi gli portavano via tutto. Ora quella sabbia è nelle pareti dei condomini abruzzesi, nei palazzi di Varese, Asiago, Genova." Alcuni degli edifici costruiti con quella sabbia sono crollati nel terremoto del 6 aprile 2009.  

Una fortissima denuncia della violenza degli affari, delle mafie e della speculazione a L’Aquila è venuta dal coraggioso e straordinario Angelo Venti che, già nei giorni immediatamente successivi al sisma, ha levato alta la sua voce. Una violenza che ha imprigionato L’Aquila in una gabbia di autoritarismo e militarizzazione. La Protezione Civile è stata il braccio armato di una continua violenza di Stato contro L’Aquila, ancora oggi prigioniera e senza alcuna prospettiva di futuro. Gli aquilani sono stati allontanati dalla loro città, incarcerati in campi organizzati malissimo, con gravi problemi igienici (è incalcolabile il numero di anziani morti solo nei giorni in cui il mondo aveva lo sguardo sullo show di Obama con Stefania Pezzopane, all’epoca presidente della Provincia, e del G8) sorti nei mesi e una militarizzazione assurda e inconcepibile. Nelle tendopoli non era possibile cucinarsi da soli, avere una vita sociale, convocare assemblee o distribuire un volantino. 

Riporto parte di quanto già scritto nel maggio dell’anno scorso, quando scrissi che "Mafie e potentati economici stanno mettendo le mani sulla ricostruzione" permettendo che s’involasse la "Gomorra d’Abruzzo"  

"[...] In 40 giorni abbiamo già visto di tutto. Per evitare parte dei rimborsi pubblici hanno falsificato, abbassandolo, il grado ufficiale del terremoto... Dopo solo una settimana hanno contraffatto le macerie, coprendole con materiali a norma di legge giunti da altri posti. [...] abbiamo visto la processione dei costruttori, con le loro litanie autoassolutorie, che assicuravano la bontà del loro operato, lavandosi pilatescamente le mani. E, addirittura, accreditandosi come partner per la ricostruzione. Probabilmente già pregustandosi gli incassi del De-Cretino Abruzzo... E, mentre migliaia di proprietà e terreni comunali restano inerti, moltissime famiglie, già colpite dal terremoto, si vedono requisire case e terreni dove vivevano e lavoravano.

[...] tra i tanti terribili atti di prepotenza vigliacca e criminale che sono e stanno emergendo, è emersa anche la terribile piaga dello sfruttamento dei lavoratori migranti senza documenti. Decine, forse centinaia di persone, sconosciute ai registri comunali e all’Ispettorato del Lavoro, sono morte e nessuno ha reclamato la loro salma. Inesistenti per tutti, probabilmente straziati dalle ruspe e cancellati con le macerie. Persone delle nazionalità più diverse.[...] Sappiate che esistono anche loro. Lì dove le persone muoiono sotto la sabbia. Dove è tornato lo spettro della tubercolosi, in campi che quotidianamente scivolano verso l’inferno. Dove arriveranno presto i più grandi criminali della roboante Comunità internazionale, trafficanti di armi e speculatori sulle spalle dei poveri e degli oppressi" 

Angelo Venti ha recentemente raccolto in un dossier (che andrebbe letto in tutte le scuole, i consigli comunali, provinciali e regionali e studiato da tutti coloro che esaltano a giorni alterni la "legalità") dell’Associazione Libera le denunce di questi mesi, il "colpo di stato strisciante" dei mesi successivi che ha rinchiuso i cittadini nei campi o li ha dispersi a migliaia di chilometri di distanza dalla propria terra, le speculazioni della "ricostruzione", le incredibili mancanze di chi doveva monitorare le infiltrazioni criminali. 16 pagine fitte di nomi, luoghi, fatti denunciati e documentati puntualmente.  

Lo stesso Angelo negli ultimi anni ci ha offerto uno spaccato dettagliato e preciso di quanto stava accadendo, l’infiltrazione delle mafie e l’affarismo di pochissimi. Basterebbe rileggere i suoi puntuali articoli su Site.it per ricostruire la colonizzazione della Marsica e dell’Abruzzo interno da parte delle mafie, che si sono trovate così ben pronte e attive a spartirsi il lauto banchetto dopo il terremoto del 6 Aprile 2009 .  

Interessantissimo l’articolo "Le mani sull’Abruzzo interno: la colonizzazione discreta dell’isola felice" pubblicato nel numero del dicembre 2007 di Site.it ( http://www.site.it/le_testate/site.it%20MARSICA/siteMARSICA%202007-12%20web.pdf  ). Vi leggiamo che "...Sono ben 24 i beni confiscati alle mafie in Abruzzo, di cui 12 nella Marsica: immobili appartenenti alla Banda della Magliana a Cappadocia, Scurcola Marsicana e Tagliacozzo, una villa sequestrata ad Avezzano nella Operazione Tulipano.

Uno spaccato sulla tratta degli esseri umani nel Fucino - con tutto il corollario di corruttela, criminalità, prostituzione e sfruttamento - emerge dal reportage Giuda si è fermato ad Avezzano pubblicato a febbraio sulla rivista Left.

E poi ancora le condanne per riciclaggio, nel processo di primo grado celebrato a Palermo, al gruppo che ruota intorno a Ciancimino e Lapis, le cui società estendono i tentacoli fino a Tagliacozzo, Avezzano, Carsoli e Sulmona.". Nello stesso numero troviamo l’articolo "Un pezzo di Sicilia tra i monti incontaminati d’Abruzzo: gas, villaggi turistici, rifiuti ed energia" (che merita di essere letto per intero http://www.site.it/un-pezzo-di-sicilia-tra-i-monti-incontaminati-d%e2%80%99abruzzo-gas-villaggi-turistici-rifiuti-ed-energia-2/06/2008/ ) che ricostruisce la storia di Alba d’Oro, dei prestanome e del tesoro dell’ex sindaco di Palermo don Vito Ciancimino.  

VASTO, LABORATORIO DELLA SPECULAZIONE EDILIZIA. ARRIVERA’ UNA HISTONIUM 3? 

Un laboratorio della speculazione edilizia, e delle infiltrazioni criminali, è Vasto, consegnata alla totale cementificazione dall’attuale Piano Regolatore Generale, approvato diversi anni fa ma ancora al centro delle discussioni politiche cittadine. Un PRG che ha immerso la città in un’immensa colata di cemento, rendendo di fatto impossibile una corretta gestione del territorio. Una cementificazione selvaggia che ha saccheggiato e devastato la città e le sue bellezze e che sembra senza freno. 

Nel 2007 Vasto fu interessata dall’inchiesta Histonium 1, che smantellò una ’ndrina (attiva anche in altre regioni) guidata dal boss calabrese Michele Pasqualone

( giunto in Abruzzo per il "soggiorno obbligato" che scontava in una villa di Contrada Cervara), che taglieggiava imprenditori e commercianti. I proventi dell’attività criminosa venivano investiti nell’usura e nell’edilizia, dove la cosca si sta impadronendo del mercato del calcestruzzo. Un anno dopo l’inchiesta Histonium 2 accertò che Michele Pasqualone continuava a gestire la cosca anche dal carcere. Dopo questa seconda inchiesta estorsioni, minacce, cruenti attentati (accoltellamenti, sparatorie), incendi sembrarono cessare.  

La situazione dell’ordine pubblico a Vasto sta nuovamente precipitando. Le autorità cercando di tranquillizzare la cittadinanza, riducendo tutto a episodi di vendette personali, microcriminalità e vandalismo diffuso. C’è anche questo, ma i segnali di una torta nuovamente appetibile per le organizzazioni criminali sembrano esserci tutti, e c’è chi parla apertamente di una nuova stagione criminosa all’orizzonte che, non potrebbe essere diversamente, parte dall’edilizia. La speculazione c’è, e appare irrefrenabile. Migliaia di appartamenti sono totalmente invenduti. E, in molti punti della città, appaiono cartelli con i sigilli dell’autorità giudiziaria. A dimostrazione che qualcosa di concreto c’è. Molti terreni, dove sono sorte come funghi palazzine, secondo quanto riportato dal quotidiano Il Centro sono stati acquistati al doppio o al triplo del loro reale valore. Immobili che, nella stragrande maggioranza dei casi, rimangono invenduti. Lì dove vengono venduti, il prezzo è di gran lunga inferiore a quello di mercato. Il settore edilizio appare quindi totalmente fallimentare e foriero di perdite. Ma si continua a costruire. Secondo il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri, recatosi tempo fa in Abruzzo e le cui dichiarazioni sono state raccolte dal quotidiano Il Centro, «È uno dei segnali più forti della presenza della ’ndrangheta. Nella normalità infatti, gli imprenditori costruiscono un primo lotto, vendono gli appartamenti già sulla carta e solo dopo aver recuperato i soldi iniziano i lavori di costruzione di altri edifici. Quando avviene il contrario, e si costruisce pur avendo un grande invenduto, lì c’è l’infiltrazione della criminalità organizzata che ricicla il denaro sporco. Bisogna intervenire in fretta se non si vuole consegnare il territorio a ’ndrangheta e camorra». 

Dopo oltre vent’anni è stato presentato un nuovo progetto per la costruzione di una città satellite a sud della Città, al confine con San Salvo (che, tra le altre cose, già soffre la presenza di analoghi agglomerati urbani). Un progetto che ha già incontrato una fortissima opposizione politica. In una città con le previsioni del PRG totalmente sovradimensionate rispetto alla realtà (sostanzialmente tra quanto previsto nel Piano e la realtà la forbice è di quasi ventimila abitanti...), dove circa 3000 appartamenti sono disabitati, dove in intere zone della città è stato finora impossibile garantire la costruzione di strade e la fornitura dei servizi essenziali (basterebbe fare una visita in alcuni quartieri a pochi passi dal centro per trovare autentiche "cattedrali nel deserto" mentre in altri, come contrada Montevecchio, aumentano gli allarmi per frane e smottamenti) non si spiega come sia possibile prevedere la costruzione di altre migliaia di alloggi.  

E, in questo panorama, sconcerta ed appare sempre più assurdo il "panico" che sembra suscitare tra alcuni esponenti politici ed operatori economici la previsione di realizzare (finalmente, dopo un’attesa ormai decennale dalla sua istituzione!) il Parco Nazionale della Costa Teatina. Un panico espresso, anche negli ultimi mesi, soprattutto dal "Partito del Cemento" che ha consegnato Vasto alla sua attuale situazione urbanistica. Nel Settembre scorso, a ridosso di un Consiglio Comunale che avrebbe dovuto discutere della perimetrazione cittadina del Parco, alcuni esponenti politici hanno pubblicamente preso posizione contro la sua realizzazione, chiedendo allarmati se sia conveniente e, con accuse demagogiche e strumentali (assolutamente non supportate dai fatti che, anzi, evidenziano esattamente l’opposto) se non ingesserebbe lo sviluppo del territorio.  

Non sono passati molti mesi da quando abbiamo esultato per la bocciatura del progetto di porto turistico alla foce del torrente Lebba

che un’analoga "follia" (come l’ha definita il presidente dell’ARCI Lino Salvatorelli, giudizio condivisibile e da sposare in toto) si sta abbattendo sulla costa vastese: un progetto di porto turistico (leggermente ridimensionato nel numero dei posti barca) a sud della Città, tra le località Trave e Casarsa. Una nuova inaudita aggressione al territorio in una zona di notevolissima bellezza (già compromessa e minacciata da svariate costruzioni) che sarebbe dovuta diventare Riserva Naturale già da diversi anni. Analogo progetto di costruzione di un porto turistico (in quel caso insieme ad un resort!) è in discussione a San Vito. Progetti totalmente inutili (quanto devastanti!) considerando che, secondo i dati del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture del 2007, in Abruzzo sono già oltre 40 posti barca per km (contro una media nazionale di 18!), in un panorama generale di crisi economica e di forte perdita dei porti già esistenti (è agli onori della cronaca regionale la gravissima situazione del porto di San Salvo, non distante dal luogo dove vorrebbero costruire il nuovo porto a Vasto), come si potrebbe notare anche nella nostra zona(con in più l’inquietante caso di un’inchiesta della magistratura in Molise per infiltrazioni mafiose nella gestione del porto di Campomarino). 

Ma non è finita. In piena zona industriale, a pochi passi dalla Riserva Naturale di Punta Aderci, insistono due progetti di centrale a biomasse. Alcune fonti parlano addirittura di una possibile terza. Il primo progetto (4 Megawatt) è della società Histon Energy, l’impianto è stato classificato "Insalubre di Prima Classe" e la vicinanza di pochi metri alla Riserva avrebbe un fortissimo impatto. Il secondo (almeno 16 MW) si realizzerebbe all’interno degli impianti della società Puccioni. Ma secondo alcune persone la EcoFox avrebbe contattato alcune cantine sociali della zona per chiedere di entrare in una società di nuova costituzione. Questa nuova società dovrebbe costruire, con quanto fornito dalle cantine sociali, un impianto a biomasse da 1 MW.  

LE SCANDALOSE PASSERELLE DEI NOSTRI POLITICI. DUE RICORDI PERSONALI CHE NON SI CANCELLERANNO MAI 

Non smetterò mai di scandalizzarmi (e di sentirne sempre sulla pelle la violenza e il senso di nausea) per due episodi dell’ultimo anno e mezzo che mi hanno visto spettatore. Episodi che è dovere ricordare, anche quasi ossessivamente.  

Queste le parole con le quali descrissi il primo nell’estate 2009: 

"All’incirca un mese fa a Cupello (paese dell’Alto Vastese) c’è stato un incontro pubblico, alla presenza del presidente della Regione Abruzzo Gianni Chiodi e di Remo Gaspari, un nome che forse fuori d’Abruzzo non dice quasi più nulla ma che è stato tra i protagonisti della DC regionale negli ultimi decenni .

Argomento ufficiale della serata: lo sviluppo d’Abruzzo e le energie rinnovabili. Dopo il comizio di Chiodi, la dott.ssa Maria Rita D’Orsogna (ricercatrice in una delle più prestigiose università statunitense, e che vanta collaborazioni con università di tutto il mondo, dal Canada all’Australia, quindi non proprio una sprovveduta...) ha chiesto la parola, per poter fare una sola semplice domanda a Chiodi: cosa ne sarà del futuro dell’Abruzzo e delle concessioni petrolifere che (dati ufficiali del Ministero per le Attività Produttive) occupano quasi metà regione? E’ stata fisicamente strattonata e spintonata mentre Chiodi e il suo vicino di tavolo la insultavano pesantemente. Insulti estesi ad alcune persone che hanno tentato di difendere la dott.ssa D’Orsogna dall’aggressione fisica. A questo punto è intervenuto Remo Gaspari. Zio Remo ha calcato la mano sugli insulti, affermando che sono gli stessi che hanno sempre fatto il male dell’Abruzzo. Una regione che, parole sue testuali o quasi, è soffocata dai costi di 26 ospedali (la gran parte inutili) e di un clientelismo che impedisce qualsiasi sviluppo. La gran parte delle persone presenti, immobili durante l’aggressione, hanno applaudito Gaspari e preso le sue parti. Remo Gaspari, lo ripetiamo, di quegli ospedali e del clientelismo politico ne è stato (ed è tutt’ora, in parte) non soltanto un protagonista, ma il grande architetto. Padrino della DC, la su abitazione è stata meta di pellegrinaggio per centinaia, forse migliaia, di persone, prone a chiedere favori ed elargizioni. Per moltissimi anni è stato lui il crocevia politico di ogni manovra politica, di ogni feudo di favori e scambi elettorali. Dopo una delle peggiori stagioni politiche abruzzesi, sentire quel che afferma, e constatare che è ancora seguito, offende le coscienze civili e democratiche. Sentirlo offendere una insigne ricercatrice universitaria e lavarsi le mani, come novello Pilato, del clientelismo rampante è deprimente. Una scena a metà tra il vecchio professore de ’La città vecchia’ di Dé Andre e il vecchio acido che voleva sposare Lady Marion in Robin Hood." 

E questa è parte della descrizione del secondo: 

"[...] Una decina (almeno quanti ne ho potuti contare) di politici di ogni schieramento si sono alternati sul palco, distruggendo qualsiasi possibilità di dibattito democratico e realizzando una passerella demagogica e patetica. Politici che in questi anni, da amministratori dei loro comuni ma non solo, hanno chiuso gli occhi sulla letale minaccia della petrolizzazione della nostra regione (salvo poi minacciare di denunciare gli attivisti del WWF Andrea Natale e Maria Laura Pierini dopo una segnalazione) hanno tentato un improbabile "risciacquatura nell’Adriatico" della loro credibilità politica (che era e rimane sotto zero). 

Tra tutti spicca Remo Di Martino, attuale assessore provinciale alla Cultura, incredibilmente inviato dallo stesso presidente Enrico Di Giuseppantonio in sua rappresentanza. Incredibilmente perché Di Martino, da amministratore del Comune di Ortona, negli anni è stato tra i più grandi difensori del progetto ENI di costruzione del cosiddetto "Centro Oli". Di Martino ha dato vita ad un’arringa nervosa e offensiva, nei confronti di Maria Rita D’Orsogna e di tutti i presenti. [...]". (da notare che lo show di Di Martino proseguì sul suo blog, dove irrise Maria Rita e dove definì le proteste dei cittadini, stanchi di sentirsi prendere in giro da chi li voleva addirittura denunciare per essersi opposti alla costruzione del "Centro Oli" di Ortona, "interruzzioni frizzi e lazzi") 

Merita di essere ribadito ancora una volta. L’Abruzzo ha sete di nomi, cognomi, indirizzi, circostanze che vanno portate alla luce del sole. Bisogna trovare la forza di avere il coraggio che portò un avvocato pescarese, oltre vent’anni fa, a scrivere il libro La mafia in Abruzzo. Non bisogna mai perdere la forza di denunciare, indignarsi, lottare. Lasciarsi prendere dallo scoramento e arrendersi sarebbe il più grande regalo alle cricche che si stanno spartendo la ex Regione verde d’Europa.

Alessio Di Florio


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