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Terraferma

Regia di Emanuele Crialese. (Ita/Fra, 2011, drammatico, 88 min) Con Giuseppe Fiorello, Filippo Pucillo, Donatella Finocchiaro, Timnit T., Mimmo Cuticchio).

di Orazio Leotta - lunedì 5 settembre 2011 - 5240 letture

“Terraferma” di Emanuele Crialese, presentato in concorso alla 68° edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, costituisce un bell’ esempio di cinema del presente. Un film sull’ immigrazione, sul fenomeno dei cosiddetti clandestini e sui viaggi di questo tipo che hanno fatto balzare all’onore delle cronache l’isola di Lampedusa, non sotto l’aspetto turistico, ma per quello dei tanti migranti che vi giungono e che sono, appunto, in cerca di una terraferma. Emanuele Crialese

Ma sull’isola (di cui nel film non si fa mai espressamente il nome, perché come tiene a precisare il regista, sono storie che possono capitare in qualunque posto d’Italia e del mondo), anche Giuletta (la Finocchiaro), Donatella Finocchiarogiovane donna rimasta vedova per la morte prematura del marito vittima del mare, è in cerca della sua terraferma, in quanto vorrebbe lasciare l’isola per assicurare un futuro migliore al figlio Filippo.

L’incontro tra Giulietta e Sara (Timnit T.), condotta in salvo dal barcone comandato da Ernesto (Mimmo Cuticchio), cambia le vite di entrambe le donne. Giulietta prima aiuta a partorire Sara, poi s’impegna a farla giungere a Torino dove vive suo marito, immigrato cinque anni prima; Sara, di contro, con la sua presenza distrae Giulietta dal suo intento di lasciare l’isola.

Gli altri personaggi del film sono Ernesto appunto, pescatore che vorrebbe fermare il tempo; lotta per difendere dei valori arcaici, ma sani, intrisi di moralità, di etica. E’ paziente e vuole insegnare al nipote Filippo l’arte della pesca e di come si gestisce una barca, in quanto lo vede distratto, più attento a valori effimeri, a volte necessari ma pericolosi e pertanto agisce per senso di protezione verso il nipote.

Nino (Fiorello), zio del ragazzo, ha abbandonato la pesca ritenendo più redditizio occuparsi dei turisti affittando barche, ombrelloni e sdraio. Molto attento a difendere il buon nome dell’isola e minimizzando sul fenomeno dei clandestini. Il giovane Filippo (Pucillo) recita praticamente se stesso, lampedusano che ha vissuto in prima persona molti sbarchi.

Crialese ci rappresenta sia il momento dell’accoglimento che quello del respingimento, perché in ognuno di noi coesistono entrambi gli istinti. I pescatori tendono a salvare le vite di questi uomini, le forze dell’ordine a rispedirli a casa, ma in fondo noi tutti siamo un po’ pescatori un po’ poliziotti, come Giulietta, che lotta tra l’accoglimento e l’ostilità.

Pertanto Crialese non giudica, non prende posizione, ponendo volutamente degli interrogativi allo spettatore. Resta però l’equivoco legislativo di fondo: può una legge prevedere che se tu salvi le vite dei migranti in mare sarai processato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina?

Un cenno a parte lo merita poi Timnit T., colei che interpreta Sara. Fortemente voluta dal regista perché realmente protagonista di uno sbarco, in cui persero la vita 73 persone e lei fu l’unica donna a salvarsi dei 4 superstiti. Avere visto su un giornale il suo volto raggiante come se si accingesse a una nuova vita, come se fosse giunta in paradiso, lo convinse a volerla nel cast.

La stessa, ha partecipato assieme a Crialese alla sceneggiatura del film aggiungendo o cancellando parti di storia basandosi sulle sua personale esperienza. Al tempo stesso il film rappresenta una metafora circa la perdita della bussola un po’ da parte di tutti relativamente a questo problema, dove i valori morali vanno a farsi benedire, unita a una risposta fortemente inadeguata da parte dello Stato e in parte anche dei mezzi d’informazione.


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