Messina, Siracusa e Ragusa. Gli elettori contro gli apparati di partito

Siamo sulla strada giusta, ma il malcontento della gente deve assumere caratteristiche più politiche che protestatarie.
Le recenti elezioni amministrative che si sono tenute in Sicilia hanno indicato che siamo sulla strada giusta. Intendo dire che i cittadini – a fatica e senza moti plebiscitari – stanno riacquisendo il diritto a determinare il proprio destino e quello dei territori, devastati dall’incuria, dove vivono (male) e lavorano (poco). E’ un dato di fatto davvero encomiabile. Soprattutto in una terra nota per aver originato pessimi fenomeni di gattopardismo.
Messina, Siracusa e Ragusa rappresentano una ventata di novità importante in un sistema, quello politico, che spesso fa rima con pantano e compromessi di ogni genere. Vediamo cosa è successo in queste tre città. Nella città dello stretto è andato in tilt la politica del clientelismo. Quella stessa politica che ha spinto nell’abisso del “default” la città e voleva a tutti i costi il ponte. La città ha preso coscienza che un certo limite di decenza era stato oltrepassato da tempo. Pertanto, ha ritenuto di affidare a un professore (Renato Accorinti) le speranze di un comunità annientata da apparati politico-massonici-mafiosi che fino a qualche mese sembravano inamovibili. A Siracusa la storia si muove sulla stessa falsariga di Messina, ma con una particolarità ben precisa. La candidatura di Giancarlo Garozzo è da leggere nel tentativo di liberare un Pd prigioniero delle logiche correntizie fine a se stesse. In un certo senso il neo sindaco di Siracusa ha incarnato quel desiderio di uscire dalle contorte logiche delle segreterie dei partiti per riappropriarsi della città. Anche a Ragusa ci si è mossi su questa onda. Lì lo scontro era davvero fra la vecchia politica e quella nuova. Fra chi aveva costruito un inconfessabile accordo fra destra e sinistra e chi cercava di parlare alla città con un nuovo linguaggio. Come ha osato il Pd presentare come candidato sindaco un Giovanni Cosentini espressione storica del centro destra ibleo? Alla fine ha vinto il candidato del Movimento a Cinque Stelle Federico Piccitto. In breve, la tanto criticata “società civile” che batte un concreto segno di vita e si assume l’onore e l’onere di governare città, uonini, donne e territori.
Tuttavia, bisogna mettere in guardia da alcuni problemi. Interni ed esterni. Il problema interno che a mio avviso è quello più scottante è la generale incapacità dei movimenti protestatari della “società civile” ad esprimere una cultura di governo. Sono bravi a protestare, a creare movimento, a individuare le reali situazioni critiche. Ma quando questo movimento entra nella c.d. “stanza dei bottoni” spesso ha performance non del tutto brillanti e condannano comuni, città e territori ad anni di filosofia del nulla. In conseguenza di ciò invito non solo i sindaci eletti, bensì il movimento che li ha espressi ad andare con i piedi di piombo. Una cosa è stare fuori dalla “stanza dei bottoni”, un’altra cosa è esserne dentro. La dimensione cambia in maniera radicale. Quando si è fuori si può perdere tempo in discussioni di lana caprina. Quando, al contrario, si è dentro è necessario avere tempi definiti per dare risposte a comunità allo stremo perché manca il lavoro, la casa, i servizi sociali, la vivibilità e tanto altro ancora. Questa volta a Messina, Siracusa e Ragusa il movimentismo afferente alla sinistra (se ancora è valido tale termine) deve dare una lezione di capacità di governo. Se no finisce come il Partito Socialista Italiano che nelle elezioni amministrative del 1921 ottenne la maggioranza assoluta nei comuni per poi scialacquare una vittoria amplissima nei numeri proprio perché incapace di assumersi la guida della nazione e di avere nel suo Dna la capacità di governo.
Il problema esterno più rilevante risiede nel fatto che se si vuole cambiare realmente il modo con cui vanno avanti le cose nella nostra amata Trinacria non bisogna avere fretta. Chi ha governato fino ad oggi la Sicilia lascia una terra stremata in ogni settore. Il vento distruttivo del consociativismo, del clientelismo, della mafia, della corruzione e del familismo ha pervaso in largo e in profondità la nostra terra. Quindi, non è perché da Messina, Siracusa e Ragusa pervengono buone nuove che bisogna pensare che la rivoluzione è già fatta e compiuta. Che errore madornale! Messina, Siracusa e Ragusa sono un primo punto di partenza che deve essere seguito da tanti altri punti per ricostruire la dignità di una terra, la Sicilia, oltraggiata oltre il lecito da una corruzione che ne ha minato le architravi civili, etiche e morali. Vedete…cambiare comportamenti divenuti con gli anni sistema di vita non è impresa da affrontare con facili trionfalismi o superficialità. Essi – mi riferisco ai succitati comportamenti sono da emendare con una lunga e anche dolorosa azione di risanamento in profondità della società siciliana. Per fare ciò bisogna avere un progetto concreto e ben organizzato che faccia del realismo il suo snodo fondamentale.
In breve, il vento può davvero cambiare. Necessità di due variabili essenziali: capacità di governo e programmazione a medio-lungo termine. Se no si rischia di rivivere la stagione dei sindaci degli anni novanta che è passata senza far male a nessuno ed, anzi, peggiorando ulteriormente la situazione.
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