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Usb lancia un appello a chi lavora nei mass media

Ritorniamo ad essere custodi della nostra democrazia!

di Redazione Lavoro - mercoledì 1 marzo 2017 - 4453 letture

La frammentazione del mondo dell’informazione e dei mass media ha ricevuto una forte accelerazione negli ultimi anni, anche grazie a – o a causa di – internet.

Oggi occorre ripensare il ruolo della comunicazione e dei suoi operatori: i tanti professionisti e lavoratori che sui giornali, nel web, in radio e in televisione, negli uffici stampa e nelle agenzie di comunicazione, spesso con contratti precari e compensi iniqui, presidiano il diritto dei cittadini ad essere informati, e garantiscono, tra non poche difficoltà, il dibattito democratico in Italia.

Senza equi compensi, senza autonomia, senza indipendenza dai “manovratori del consenso”, non può esserci una compiuta libertà di espressione e di informazione.

La parcellizzazione di ruoli, competenze, attività ha indebolito ancora di più la forza contrattuale di chi opera nei mass media, all’interno dei quali sono sorte nuove figure professionali, mentre altre si sono contaminate o estinte, sullo sfondo di un quadro di riferimento normativo, soprattutto nella stampa tradizionale, che sembra aver smarrito la sua originaria vocazione e identità. Articoli, inchieste (sempre più rare perché scomode) foto, filmati, web, social media, ecc. hanno subito un processo centrifugo che li ha scagliati oltre il perimetro della comunicazione classica e dei suoi protagonisti, spesso ad unico appannaggio dei colossi di internet, con la conseguenza di un maggiore condizionamento degli stessi editori.

Di fronte a questo mutato quadro, e agli scenari, anche inquietanti, che si aprono sul futuro della nostra democrazia – che sarà sempre di più una democrazia digitale – in cui il consenso andrà cioè formandosi sui new media, secondo USB diventa urgente e non più procrastinabile, anche alla luce del rinnovo del contratto di lavoro dei giornalisti, cercare una nuova rappresentanza degli operatori del settore, superando la vecchia logica monolitica della rappresentanza sindacale unica e unitaria, talvolta rimasta tale solo a parole.

USB vuole perciò farsi promotrice, per la prima volta in Italia, di un’aggregazione di operatori dell’informazione e della comunicazione, a ogni livello e in ogni media, che intercetti e raccolga persone anche di estrazioni culturali diverse, anche lontane dalla matrice di USB, per favorire la nascita di un nuovo spazio di confronto. Una zona franca rispetto agli anacronistici sodalizi, che sia una casa comune di professionisti della comunicazione e di cittadini. Per riportare la democrazia dell’informazione al centro del dibattito politico e culturale.

La conoscenza non è, per sua natura un privilegio di pochi. Essere consapevoli di ciò che accade nella società e nel mondo in cui viviamo, è un diritto inalienabile e irrinunciabile. E in quanto tale appartiene a tutti, senza distinzioni. Perché se la verità può essere anche rivoluzionaria, solo la democrazia ci consente ogni giorno di perseguirla e di difenderla.

La prima tappa di questo percorso è un incontro-confronto di chi condivide i principi del nostro appello.

Se vuoi essere protagonista di questa iniziativa, contattaci via mail a: massmedia@usb.it lasciandoci il tuo recapito telefonico, il tuo posto di lavoro ed eventuali tue considerazioni.


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Usb lancia un appello a chi lavora nei mass media
9 marzo 2017, di : Adriano Todaro

L’iniziativa dell’USB è ottima. Sui risultati sono, invece, molto scettico. Nel passato ho partecipato a diverse iniziative di questo tenore: tutte fallite. E non per mancanza di volontà di chi proponeva queste iniziative quanto, piuttosto, per uno sfaldamento inevitabile che avviene quando le iniziative sono a lungo termine e non si vede concretezza nell’azione.

Spesso chi proponeva queste cose aveva solo bisogno di “farsi notare”; poi, una volta assolto questo bisogno, ci si ritirava lasciando il tutto. Ho partecipato al Coordinamento dei giornali locali, a quello dei giornali del carcere. Tutte esperienze fallite. Abbiamo giovani sbattuti per strada a cercare notizie a 3 euro a pezzo. Sono i manovali dell’informazione. Sbattuti in strada senza nessuna preparazione, spesso rischiano di persona, spesso lavorano in condizioni difficilissime.

Parlando con un giovane di un settimanale locale, questo mi raccontava che il suo responsabile gli aveva suggerito di guardare le necrologie affisse sui muri. Se il morto era un ragazzo, sarebbe dovuto andare a casa dei parenti e farsi dire com’era morto. Naturalmente se la morte era avvenuta per una disgrazia o una malattia, aveva possibilità di finire in pagina e guadagnare ben 3 euro. Naturalmente benzina, telefonate e spese varie a suo carico. Ovvio che questo non è giornalismo ma sciacallaggio. E’ vero come dite voi: “Oggi occorre ripensare il ruolo della comunicazione e dei suoi operatori…”. Tenete conto, però, che non ci sono solo i professionisti iscritti all’Ordine, ma ci sono migliaia e migliaia di precari senza domani.

A questo proposito la domanda è: chi li tutela queste persone? Ogni tanto l’Ordine fa qualche proclama, bellissime parole ma senza risultati. Se invece c’è qualche problema che riguarda qualche solone dell’informazione, beh, allora ecco l’Ordine, la Fnsi e tanti altri in prima fila a strillare in difesa della libertà di stampa.

Ben venga, dunque, “una casa comune di professionisti della comunicazione e di cittadini. Per riportare la democrazia dell’informazione al centro del dibattito politico e culturale” come scrivete voi. Non facciamoci, però, troppe illusioni. E poi chi verrebbe a stare all’interno di questa ipotetica casa? Pensate veramente che uno che è riuscito a essere iscritto all’Albo dei giornalisti, lasci tutto per entrare in questa “casa comune”? Io ho i miei dubbi. Varrebbe la pena, su questi problemi, aprire una discussione sulle pagine di girodivite. A questo proposito voglio farvi notare che un giovane che collabora con questa testata, non riuscirà mai a diventare giornalista per tutta una serie di anacronistici diaframmi che non lo permettono (dimostrare di essere retribuito, redazione formata con almeno sei professionisti ecc.). Questo giovane, l’esame a Roma per diventare professionista, non riuscirà mai a farlo. E neppure diventerà mai pubblicista.

Va benissimo, quindi, un incontro-confronto come da voi proposto. Senza però farsi (e fare) illusioni.

Adriano Todaro