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Massimo Troisi...tutto il resto è noia!

Il 4 giugno del 1994 moriva Massimo Troisi. Definito l’erede dei grandi della commedia napoletana, da Totò a Edoardo De Filippo, era molto più semplicemente e solo, Massimo Troisi. Lo ricordiamo con affetto riportando le fasi della sua vita artistica e il rammarico per quello che avrebbe potuto donarci ancora.

di Redazione - martedì 5 giugno 2007 - 17248 letture

Le origini

Nasce il 19 febbraio del 1953 a San Giorgio a Cremano, cittadina confinante con Napoli. Figlio del conducente di treni Alfredo Troisi e di Elena Andinolfi, cresce in una famiglia molto numerosa; abita infatti nella stessa casa con i genitori, cinque fratelli, due nonni, gli zii ed i loro cinque figli. Dell’atmosfera familiare vissuta Troisi lascerà alcune testimonianze anche nei suoi primi due film, Ricomincio da tre e Scusate il ritardo. Dopo aver ottenuto il diploma di ragioneria alla scuola "Il Pantaleo" di Torre del Greco, scrive poesie per diletto ispirandosi a Pasolini, il suo autore preferito, e inizia a recitare, dal 1969 nel teatrino parrocchiale insieme ad alcuni suoi amici d’infanzia, con i quali passava parecchio tempo a giocare a pallone, tra i quali ci sono anche Lello Arena, Nico Mucci, Valeria Pezza e tanti altri. La morte improvvisa della madre, avvenuta nel 1971, lo obbliga a prodigarsi in mille attività familiari e parrocchiali, muovendosi in continuazione. Questa frenetica attività sarà una delle cause della malattia al cuore che lo obbligherà nel 1976, a recarsi in America per un intervento alla valvola mitralica; le spese del costoso viaggio vengono pagate con una colletta tra gli amici.

La Smorfia

Nel 1972 il gruppo si stabilisce all’interno di un garage nella città natale di Troisi, si denomina Centro Teatro Spazio e inizia con recite pulcinellesche nella piena tradizione del teatro napoletano. Due anni dopo arriva nel gruppo il chitarrista Vincenzo Purcaro, che cambia il nome con quello di Enzo Decaro, e nel 1976 il trio - Troisi, Arena, Decaro - prende nome I Saraceni, che l’anno seguente diventa La Smorfia. In teatro ottengono subito grandi successi, dapprima a livello locale e poi a livello nazionale (approdano al cabaret romano La Chanson e anche nei locali del Nord Italia). La radio rende famoso il terzetto nella trasmissione Cordialmente insieme dove propongono gli sketch memorabili dell’Arca di Noè, Annunciazione, Soldati, San Gennaro e tanti altri. La grandissima celebrità arriva con le trasmissioni televisive Non Stop (1977), La Sberla (1978) e Luna Park (1979) diretti dai più valenti registi televisivi dell’epoca, Enzo Trapani ed Eros Macchi. L’ultimo spettacolo teatrale del trio è Così è (se vi piace), citazione dell’opera di Luigi Pirandello Così è (se vi pare). Troisi in particolare diventa il leader del trio, proiettato al ruolo di nuovo interprete della tradizione partenopea. Con la sua gestualità e mimica facciale - che si avvicina a quella di Totò - e col suo linguaggio farfugliante e afasico, a tratti quasi incomprensibile - che ricorda certi monologhi interminabili di Eduardo De Filippo - esprime una ironica e forte critica a tutti i vecchi stilemi napoletani e al disagio universale e i condizionamenti del vivere in una società alienante. Durante la registrazione di uno spettacolo televisivo del gruppo, Troisi fa un incontro fondamentale per la sua carriera, quello con Anna Pavignano, studentessa universitaria di filosofia e psicologia, sua compagna per diverso tempo e soprattutto una fedele collaboratrice: il suo contributo sarà fondamentale per la descrizione delle crisi dei rapporti di coppia, che sarà una tematica ricorrente in quasi tutte le pellicole.

Esordio fulminante al cinema

I risultati si vedono già nel primo film in cui Troisi è regista, sceneggiatore e attore protagonista: Ricomincio da tre, che ottiene un grande successo di pubblico e di critica. In questo film la napoletanità è presente soprattutto nei riti familiari, nelle scaramanzie, nell’inerzia di un mondo immutato e immutabile, al quale il protagonista cerca di reagire con un viaggio a Firenze (città da sempre culla dell’arte e della cultura mondiale) presso una zia, per l’ansia di conoscenza più che dalla voglia di emigrare che aveva contraddistinto i suoi avi. Pedinato da un suo amico napoletano (Lello Arena) che lo infastidisce oltre ogni misura, trova ospitalità presso una ragazza che attende un bambino da un altro uomo. Dopo un forzato rientro a Napoli per il matrimonio della sorella, si rassegna a fare da marito alla ragazza che aveva conosciuto a Firenze e da padre al figlio che questa aspetta. Esordio tra i più folgoranti del cinema italiano di sempre, Ricomincio da tre ottiene 2 Nastri d’Argento per il miglior regista esordiente e il miglior soggetto, nonché 2 David di Donatello per il miglior film e il miglior attore.

La morte e le tradizioni napoletane

L’anno seguente, forse per liberarsi dall’adrenalina del grandissimo successo piombato tutto in una volta, Troisi accetta di dirigersi in uno speciale televisivo trasmesso da Raitre per la serie Che fai, ridi? dedicato ai nuovi comici dell’Italia di inizio anni ’80, dal titolo emblematico - e purtroppo profetico - di Morto Troisi, viva Troisi! durante il quale, in una finta edizione straordinaria del Telegiornale, si annuncia la morte del popolare comico, con tutti gli amici vecchi e nuovi - tra questi Lello Arena, Carlo Verdone, Marco Messeri, Maurizio Nichetti, Renzo Arbore e Roberto Benigni - a sparlare di lui, nei suoi pregi e nei suoi difetti. Si tratta di uno dei più sconcertanti e sottovalutati documenti dell’arte comica di Troisi e generale; qui mette veramente in pratica le parole di Totò: Non c’è niente che provochi singulti di ilarità generale come a un funerale, che è lo spettacolo della morte

Sempre nel 1982, recita da guest-star insieme all’amico Lello Arena nel film No grazie, il caffè mi rende nervoso nel quale un fantomatico difensore delle tradizioni di Napoli (la pizza, le canzoni, il mandolino) cerca in tutti i modi di impedire lo svolgimento del "Primo Festival Nuova Napoli" dedicata ai talenti emergenti, al nuovo che avanza, finendo col provocare ancora una volta la morte di Troisi, a livello più grottesco, in un vicolo, dentro un organetto e con la pizza in bocca; in questo film i monologhi di Troisi nell’albergo, al commissariato e dal giornalaio sono considerati tra i momenti più esilaranti della sua arte.

Il sentimento e la scoperta dell’America

La seconda tappa importante della carriera cinematografica arrivò nel 1983, con la sua opera seconda richiesta a gran forza dal pubblico: Scusate il ritardo, nel quale il protagonista, parente stretto di quello del film precedente, è più timido e spaesato a livello sentimentale, si rivela incapace di consolare un suo amico da una crisi affettiva e a sua volta incapace di amare la sua donna. Un altro grandissimo successo di pubblico lo ottenne nel 1984 con Non ci resta che piangere, a fianco di un Roberto Benigni da lui molto lontano per lingua e gestualità, divertimento molto apprezzabile, ricco di citazioni storiche e lampi surreali. In particolare risulta esilarante la scena della dettatura di una lettera a Girolamo Savonarola, in cui si cita in maniera esplicita la coppia Totò e Peppino De Filippo; nella richiesta della liberazione di Vitellozzo si unisce in maniera magistrale l’irruenza popolaresca tipica toscana con l’arte di arrangiarsi napoletana.

Nel 1986 ha un piccolo ruolo nel film diretto da Cinzia Torrini, cineasta fiorentina autrice di un’opera prima molto apprezzata dalla critica, Giocare d’azzardo. Con Hotel Colonial tenta la carta del cast internazionale, girato in Colombia. Qui Troisi interpreta un traghettatore napoletano emigrato in Sudamerica senza fortuna; nel film aiuterà il protagonista nella ricerca del fratello.

Le malattie immaginarie

Nel 1987 ancora una volta Troisi lavora davanti e dietro la cinepresa, con il film Le vie del Signore sono finite, più ambizioso dei lavori precedenti, dall’ambientazione molto più curata, nel quale il protagonista è un malato immaginario studiato da psicologi, lasciato dalla sua donna e perseguitato per la sua malattia - siamo in epoca fascista - si trova a consolare un suo amico, malato autentico e reduce da una visita a Lourdes, e innamorato non corrisposto proprio della stessa donna che aveva lasciato. Il film vince il Nastro d’Argento per la migliore sceneggiatura.

Con Ettore Scola e Marcello Mastroianni

Nel triennio seguente collabora soltanto come attore con il regista Ettore Scola e con Marcello Mastroianni in tre film di buon livello: Splendor (1988) sulla morte presunta della sala cinematografica, dove è un proiezionista maniaco dei film e delle donne; Che ora è? (1989), sui rapporti contrastati e conflittuali tra padre e figlio, sicuramente il risultato più convincente del connubio e per il quale è stato premiato con la Coppa Volpi ex aequo con Marcello Mastroianni alla Mostra del Cinema di Venezia; e infine Il viaggio di Capitan Fracassa (1990) dove per la prima e unica volta riveste i panni di Pulcinella che interpretò nelle recite improvvisate degli esordi teatrali.

L’ultima regìa e l’ultima interpretazione

L’ultima regia firmata Troisi è quella di Pensavo fosse amore, invece era un calesse, del 1991, di cui è ancora una volta anche sceneggiatore e protagonista insieme con l’attrice Francesca Neri, che esamina ancora una volta la difficoltà di amarsi nella confusa società contemporanea. All’inizio del 1994 Troisi deve recarsi ancora una volta in America per un controllo alla valvola cardiaca, e la scoprono gravemente danneggiata: deve sottoporsi con urgenza a un nuovo intervento chirurgico, ma l’attore non può rimandare le riprese del suo nuovo film a cui tiene in maniera particolare. Il suo ultimo film, Il postino (1994), diretto da Michael Radford, è una rilettura piuttosto libera del romanzo di Antonio Skàrmeta Ardiente paciencia che si concentra soprattutto sul legame di amicizia tra il poeta Pablo Neruda in esilio in Italia - interpretato da Philippe Noiret - e un umile figlio di un pescatore, portalettere in cerca di ragazze, che dal poeta impara non soltanto l’amore per la letteratura e la passione politica, ma anche la capacità di riconoscere ed esprimere le emozioni più profonde.

Un Oscar soltanto sfiorato

Il film viene dominato da un Troisi in stato di grazia tanto che il pubblico e la critica americani, che due anni dopo la scomparsa lo scoprono per la prima volta, ne sono entusiasti tanto da accordargli una nomination all’Oscar postuma come miglior attore. Quell’anno vinse Nicolas Cage con Via da Las Vegas, ma l’ultima commovente prova di attore di Troisi fa breccia nel cuore di tutti: delle quattro nomination il film si aggiudicò quella per la colonna sonora, scritta dal maestro Luis Bacalov. Troisi è il quarto attore a ricevere una nomination all’Oscar dopo la morte; in precedenza l’avevano ricevuta James Dean per Il gigante (1957), Spencer Tracy per Indovina chi viene a cena? (1967), Peter Finch per la stupenda interpretazione in Quinto Potere di Sidney Lumet (1977) - unico dell’elenco ad aggiudicarselo.

La scomparsa improvvisa

Troisi muore nel sonno il 4 giugno 1994, 24 ore dopo aver terminato le riprese del suo ultimo film, girato tra Ischia, Procida, Pantelleria e Salina, nella casa della sorella a Ostia, nei pressi di Roma, a soli 41 anni. La costernazione è grande in tutto il paese, Nanni Moretti (tra i primi a raggiungere il luogo) e tutti i suoi amici si mostrano visibilmente sconvolti dalla notizia, il Telegiornale di Raidue apre con una celebre sequenza ininterrotta per ben 15 minuti del film Scusate il ritardo - quella del litigio sulla scalinata con Lello Arena - con una sola, semplice scritta: Ci mancherai. La prima pagina del Manifesto dell’indomani avrà una foto a tutta pagina dell’attore e il titolo Non ci resta che piangere, con l’articolo di fondo di Enrico Ghezzi. Troisi lascia un vuoto incolmabile nella storia dello spettacolo italiano e un’eredità assai scarna - 12 film, gli sketch, lo speciale e le interviste televisive - ma difficile da dimenticare.

Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Massimo_Troisi


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