Breve storia della Sicilia attraverso i suoi castelli

Breve storia della Sicilia attraverso i suoi castelli, tratta dal saggio introduttivo di Gioacchino Vaccaro al volume “Castelli medievali di Sicilia”, che sintetizza, fra l’altro, i vari contributi dei saggi di Salvatore Boscarino (Castelli di Sicilia, memoria e conoscenza), di Camillo Filangeri (Considerazioni sull’impianto dei castelli normanni), di Rodo Santoro ( L’arte della difesa nei castelli siciliani), di Ferdinando Maurici,direttore scientifico dell’opera (La terminologia dell’insediamento e dell’architettura fortificata nella Sicilia medievale), di Nino Vicari ( Il patrimonio castellano della Sicilia. Recupero e destino), di Paola Misuraca (Criteri per il catalogo).

di Pina La Villa - sabato 16 luglio 2005 - 9310 letture

Breve storia della Siciliafra XI e XVI secolo, attraverso i suoi castelli

In mano bizantina dal 535, La Sicilia dovette fronteggiare, innalzando mura e fortilizi, le scorrerie e la conquista dei musulmani (dall’827 al 902). I bizantini, dal canto loro, tentarono di riconquistare l’isola e non mancano le contese all’interno stesso del mondo musulamno, per cui fu necessaria la manutenzione delle vecchie fortificazioni e la costruzione di nuove. Nel 1061 la conquista normanna: “trent’anni di guerra che strapperanno la Sicilia al mondo islamico e la porteranno nel solco della storia occidentale”.

La conquista impone il controllo del territorio, si costruiscono residenze fortificate per i nuovi padroni francesi e italiani.La monarchia degli Altavilla impone la sua supremazia avocando a sé e mantenendo alcune fra le principali città e fortezze. “Sorge così una generazione di castelli normanni che, negli esemplari superstiti (Paternò, Adrano) riproduce ed importa nella grande isola mediterranea il modello continentale e nordico del donjon roman”.

La potenza del demanio reale verrà ricostruita e rafforzata da Federico II di Svevia, soprattutto quando una grande rivolta nella Sicilia orientale - soffocata nel sangue fra il 1232 e il 1233 - fornirà all’imperatore l’occasione per progettare e dar vita ad una nuova straordinaria fioritura di architettura fortificata. Castello Ursino a Catania, il castello di Augusta, il castel Maniace a Siracusa sorgono negli anni ’30 del XIII secolo e costituiscono un capitolo a sé, del tutto separato dall’esperienza dell’architettura castellana siciliana d’epoca normanna. “Giunge e si afferma anche in Sicilia il modello del “castrum” a pianta quadrata, con cortine turrite, cortile centrale e ali edilizie. E’ un modello dalle radici antiche, romane e bizantine, che si era conservato soprattutto nel mondo islamico, per rifluire quindi in Europa attraverso la mediazione essenziale dell’esperienza crociata”. Federico II aveva infatti conosciuto queste fortezze in Terrasanta - vi era stato anche imprigionato e ne aveva quindi apprezzato le qualità. “Su questa tradizione si innesterà, nell’architettura dei castra federiciani in Sicilia, la maestria costruttiva, il rigore matematico dei cistercensi che una celebre fonte cronachistica ci presenta come architetti e maestranze agli ordini di Federico per costruirgli “palacia e domus.”

La pluralità degli influssi e la varietà delle culture ci testimoniano l’inventiva, le conoscenze e le capacità tecniche delle maestranze impiegate.

Una nuova fase nella costruzione dei castelli è quella aperta dai Vespri siciliani, la rivolta del 1282. I castelli dell’isola - già appartenuti ai signori franco-angioini - vengono assegnati a feudatari o castellani regi scelti fra i fedeli della nuova dinastia barcellonese(di tradizione filosveva o immigrati catalani e aragonesi.)

Ma la Sicilia aragonese di Pietro III e soprattutto il regnum indipendente di Federico III hanno molti nemici: il regno rivale di Napoli, la Francia, il Papato di Bonifacio VIII , la stessa corona d’Aragona. Il regno di Federico III (1296) è un regno assediato che si circonda di nuove mura e si punteggia di nuovi castelli. “Sorgono allora infatti la nuova cinta muraria di Palermo e, fra gli altri, i castelli di Monte Bonifato, Brucato, Castroreale, Montalbano e Santa Lucia che controllano i ventri molli della Sicilia, particolarmente esposti agli sbarchi angioini: il golfo di Castellammare, quello di Termini, il fertile piano di Milazzo.”

“Come al tempo di Federico imperatore, è ancora soprattutto la Corona a gestire e controllare la costruzione di castelli. Ma sotto Federico III, che ha un disperato bisogno di forti alleati, anche la grande feudalità comincia (o ricomincia) a costruire castelli e palazzi fortificati: Castelbuono dei Ventimiglia è l’esempio più significativo. Il crescere della potenza baronale reca con sé i germi della crisi della monarchia siciliana. Alla guerra contro il regno angioino, con il suo contorno di tradimenti e passaggi alla parte avversaria, si unisce presto una lunga e inestricabile serie di scontri civili fra fazioni feudali e casate avversarie, allo scopo di controllare i sempre più deboli successori di Federico III.”

“Gli ultimi sovrani del “regnum” indipendente, Ludovico ’ il fanciullo’, Federico IV ’il semplice’ e quindi sua figlia Maria sono ostaggi della grande feudalità comitale che si dilania in lunghi conflitti che assumono a tratti le caratteristiche di una guerra di tutti contro tutti. La Sicilia si ricopre di una nuova, numerosissima generazione di castelli. Sono fortilizi costruiti in clima di guerra continua, per la difesa dei feudi e dei raccolti agricoli, il controllo delle strade, dei porticcioli d’imbarco dei cereali (i ’caricatori’), dei confini mutevoli di una complessa geografia feudale. Essi sorgono spessissimo in siti impervi e isolati e ne mutuano l’aspetto arcigno e risentito”.

“Fino alla metà del XIV secolo il castello era stato in Sicilia un episodio di architettura eminentemente urbana. L’incastellamento feudale del Trecento aggiunge un gran numero di fortilizi rurali, spessissimo privi di centro abitato corrispondente, isolati nelle campagne: accanto a grandi castelli, si costruiscono numerosi fortellicia, a volte anche molto piccoli e poveri dal punto di vista tecnico. Straordinaria è però, sempre o quasi, la capacità di queste architetture di fondersi alla geologia con la ricerca di siti rupestri e accidentati, divenendo così parte integrante e qualificante del paesaggio; divenendo essi stessi paesaggio. Il castello di Mussomeli (che giustamente merita qui il ruolo di cover castle) è l’esempio più meritatamente famoso”

Rodo Santoro, distinguendo fra castelli del demanio (urbani) e castelli feudali (per lo più rurali) e notando, per i primi, che la distanza fra il castello e le prime case della città doveva essere pari alla gittata massima della più potente arma da lancio, distingue la diversa tipologia dei secondi:

“i feudi erano quasi tutti nei territori interni dell’isola, in zone per la loro gran parte caratterizzate da un’orografia molto mossa. In questo quadro i pochi centri abitati pressoché spopolati e i casali erano separati da distanze rese lunghe da una viabilità primitiva e tortuosa. Molti dei primi castelli feudali siciliani - dall’XI al XIV secolo - presentano una particolarità: quella di andarsi ad impiantare sulla sommità di rocche naturali già caratterizzate dalla presenza di antichi ingrottamenti, grandi o piccoli che fossero. Si tratta di quegli acrocori rupestri già utilizzati dalle popolazioni siciliane come ridotti difensivi contro le scorrerie saracene nei secoli della grande epopea siciliana. L’impianto castellano feudale generalmente si caratterizza per essere ex-novo e se già esiste un centro abitato, sia pur minuscolo, va a collocarsi presso di questo. Altrimenti, insieme al primo embrione del castello - la turris - nasce anche un micro-borgo, abitato dai villani che sono stati concessi al padrone feudale: la terra” Saranno, questi villani, “i primi difensori armati della nascente struttura castellana dell’oppidum feudale”

“il sito d’impianto del primo embrione castellano viene scelto nel punto più alto del sedime prescelto; un acrocoro rupestre, una cresta rocciosa, un colle posto a dominio visivo e di quota, della zona circostante. Se necessario questo elemento naturale sporgente viene ulteriormente elevato gettandovi sopra e tutt’intorno terra di riporto.[...]La collina - naturale o artificiale - prenderà il nome latino medievale di mocta e la turris (il dongione) che vi si eleverà sopra sarà, in sostanza, la prima forma di castello feudale. La base della motta verrà recintata, in un primo tempo, con una palizzata di legno identificando così il futuro perimetro della cinta castellana. I villani costruiranno le loro prime misere abitazioni oltre questa palizzata, oppure continueranno a vivere nelle grotte scavate sui fianchi della rupe sulla quale il loro nuovo padrone sta innalzando la sua torre in muratura”.

“La difficile riconquista catalano-aragonese e quindi, al principio del XV secolo, l’organizzazione dell’amministrazione viceregia aprono una pagina nuova della storia siciliana. La feudalità isolana viene profondamente rinnovata dall’afflusso di nuove casate iberiche e vedrà ridimensionate, dopo gli ultimi assestamenti, le proprie ambizioni politiche. Si pongono le basi di una lunga, sostanziale e duratura fedeltà del regno e della sua nobiltà alla corona d’Aragona e poi alla Spagna”.

“La Sicilia è pacificata e i castelli dell’interno - tanto feudali che demaniali - perdono progressivamente rilevanza militare e strategica. Le coste dell’isola al contrario, rimangono una zona ’calda’ e pericolosa, esposta all’aggressività dei nemici dell’Aragona e quindi della Spagna, primi e più temuti fra tutti i barbareschi e i turchi. Quando, tra la fine del ’400 e i primi del ’500, si delinea lo scontro fra i due imperialismi ispanico e ottomano, la Sicilia si ritroverà, ancora una volta, su una faglia geopolitica più che mai in movimento. La risposta all’espansione turca nel Mediterraneo sarà una straordinaria fase di fortificazione delle città portuali e delle coste isolane: come è stato ben scritto, in Sicilia il “secolo di ferro farà onore al suo nome”.


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