Logo Girodivite
 

Giro80 / Segnali di fumo

Luglio 2001, di Pina La Villa

10/07/01
Da Repubblica, 2-7-01. Clarice Lispector, giornalista brasiliana che scrive le sue sensazioni, sul giornale. Scrivere per lei significa: "cercare di riprodurre l'irriproducibile, sentire fino in fondo il sentimento che altrimenti rimarrebbe appena vago e soffocante, benedire una vita che non è stata benedetta".
Il libro di cui si parla in questo articolo è La scoperta del mondo, traduzione di Manno Raggini, Tartaruga edizioni, che raccoglie tutti i suoi articoli.
"parlare, come diceva Pessoa, è il modo più semplice di renderci sconosciuti"

Articolo di Ida Dominijanni sul Manifesto: le donne leggono di più ma non leggono i quotidiani. Da una ricerca francese il risultato che i due sessi leggono i quotidiani in maniera diversa. Ma, dice l'autrice dell'articolo, ancora i quotidiani non recepiscono, tanto è vero che le prime cose che tagliano sono proprio le rubriche culturali, che piacciono di più alle donne.
Di letture femminili ha parlato anche Roselina Salemi all'incontro al chiostro di Santa Maria del Gesù - Catania - per la presentazione del libro di Giorgio Montefoschi, La felicità estrema . E' vicedirettrice di un giornale femminile e da una statistica fatta dal suo giornale risulta che Montefoschi è amato dalle donne, perché racconta "storie": il quotidiano e i grandi sentimenti. In quest'ultimo libro, la fede.

La giornata l'ho però dedicata alla lettura del libro di Laura Mariani sul teatro e il femminismo, su Giacinta Pezzana. Figure femminili interessanti - Eleonora Duse, Sibilla Aleramo, Giorgina Saffi, Gualberta Beccari. Il teatro come modo per sperimentare, conoscere, diverse identità, il teatro e le attrici consapevoli dei temi del femminismo, anzi, nel caso delle prime attrici - Pezzana - un sostegno alla causa femminile e un'idea di teatro molto vicina all'emancipazionismo e alla filantropia di Alessandrina Ravizza. Vari spunti: Nora di Ibsen, Medea nella tradizione teatrale (la maternità, la vendetta, il tradimento), Sibilla Aleramo (ancora una volta la maternità, l'arte e la vita, ma in maniera diversa da D'Annunzio.)


22/07/01
Stamattina Catania si è svegliata grigia. Il tavolo del mio terrazzo, nonché il pavimento, sono ricoperti di polvere lavica. Il mio terrazzo sembra finalmente sontuoso ed elegante. Quasi listato a lutto
Ieri sera il sit-in in Via Etnea.

24/07/01
Le bugie hanno le gambe lunghe e consentono di arrivare lontano, molto lontano, per esempio a fare il presidente del consiglio. A sentirsi finalmente accolto al tavolo dei grandi (della terra). Berlusconi aveva proprio la faccia del parvenu.
Il blitz di sabato notte a Genova, e tutto quello che è accaduto prima: una classe politica che non può, per cultura, tollerare il dissenso. Non ce la fa proprio. E vuole che si sappia. Tutta la vita di Berlusconi è come il G8, chiusa, blindata, falsa tranquillità, falsa ricchezza.
Il vertice del G8 ha fallito perché ha dimostrato esattamente quello che è, il governo idem.
Una sicurezza falsa e poggiante sull'insicurezza della maggioranza del mondo, una ricchezza falsa e basata sulla povertà del mondo.
Saranno talmente forti da sopportare che le loro carte siano state scoperte? Purtroppo si.
Il simbolo, l'immagine.
La verità del sangue, del sudore, della paura, della insensatezza della violenza, la falsità delle parole, del mondo di cifre, di piani, di dichiarazioni, di strette di mani, di sorrisi finti.

29/07/01
Di ritorno dalle mie brevi vacanze e dopo una notte di sonno, quello che mi resta come emozione e come immagine è il mare luminoso che ci circondava mentre con l'auto percorrevamo le strade vicino a Castel Tusa, S.Stefano di Camastra, Gioiosa Marea, Patti, Milazzo. E i palazzi, soprattutto quello di S.Stefano di Camastra. In quelle stanze piene di luce e quasi immerse nel mare, con le mattonelle a fiori, è lo sfondo ideale di storie d'amore, di armonia, di bellezza. Il Settecento ambiguo della Sicilia, perché in quel palazzo non riesco a immaginare durezza, oscurantismo, inquisizione. Quello doveva essere il palazzo di un uomo - una donna, una famiglia - illuminato. Non a caso hanno fatto lì una biblioteca e il museo delle ceramiche, un museo si direbbe en plain air, nulla a che vedere col museo buio, polveroso di Cefalù, dove il sole aveva definitivamente abbandonato gli oggetti del passato millenario della Sicilia, i vasi, le monete, ma anche i quadri su fondo nero che ritraevano personaggi illustri della famiglia Mandralisca e quelli che avevano per oggetto fiori rossi molto simili ai crisantemi. Una gran quantità di oggetti buttati lì quasi alla rinfusa, in contenitori anni sessanta (?!), con rettangolini bianchi battuti a macchina che recavano le indicazioni, i nomi latini delle conchiglie e quelli greci dei vasi. L'unica cosa interessante del museo, due stanze che erano la biblioteca della famiglia, con pesanti mobili scuri pieni di libri antichi, non era visitabile. La bellezza dei luoghi incide sulle persone. Gli impiegati del museo Mandralisca erano pigri, annoiati, tristi, scortesi, quelli del museo di Villa Sergio (oggi Trabia, non so perché) a Santo Stefano di Camastra, erano invece gentili, disponibili.
Visitatori solitari di quella bellezza, ci aggiravamo per le stanze guardando soprattutto dai vetri delle porte sul mare e dai terrazzi, quello al pianterreno è poi diventato un lungomare, di cui usufruisce tutta la città, con le ringhiere in pietra bianca rifinite dalle mattonelle in ceramica decorate, bianca e azzurra. Ma Santo Stefano di Camastra ha anche un'altra terrazza sul mare, accanto ai giardini pubblici, un proseguimento dei giardini pubblici. Alta quanto basta per vedere il mare sotto di te, tranquillo, quasi immobile, e la costa sinuosa che non ha consentito, in quel tratto, alcuna costruzione.
Mi piacerebbe raccontare, con lo sfondo di questi luoghi, la resistenza delle vita alla storia, la felicità strappata alle convenzioni, alle regole, alla violenza, alla miseria, alla povertà, anche quella dello spirito.
E' inquietante che sia stato un uomo solo, con la sua "follia", a realizzare quel museo all'aperto che è Fiumara d'arte. Un tempo erano le città , o la Chiesa quale responsabile del potere ma anche della rappresentazione della comunità, a realizzare grandi opere ispirate al bello e al sacro e non alla funzionalità del mercato. Non lo so se è esattamente così, ma le opere d'arte volute da Antonio Presti e inserite nel paesaggio, sono proprio belle. Ed è riuscito a dare il senso della bellezza che nasce dal rispetto dei luoghi, da un'interpretazione dei luoghi, la finestra sul cielo sulla spiaggia di Villa Margi, che valorizza il mare e rende unica la spiaggia; il muro di ceramica, con opere di vari artisti, che si protende sulle valli e le montagne attorno a Castel di Lucio, una città di montagna, forse simile a quelle trentine o giù di lì. Il labirinto di Arianna, che abita la cima di un colle altrimenti spoglio, la vela su uno slargo della strada che scende verso il mare. I miti umani reinterpretati e resi fruibili, nella loro bellezza, da tutti, anche da quelli che non entrano e non entreranno mai in museo, anche da me che con l'arte contemporanea ho poco a che fare. Il fiume, il mare, la montagna, tre ambienti naturali come sfondo dell'arte contemporanea. La concretezza nella pesantezza dei materiali, la pietra, il cemento armato. Un senso della bellezza che ha qualcosa a che fare con la tradizione della lavorazione della ceramica che trova a Santo Stefano di Camastra il suo centro, con i laboratori degli artigiani e i numerosi negozi che vendono piatti e vasi di tutte le forme e le dimensioni, in una mescolanza di stili, in cui la tradizione è sempre viva, anche nelle forme stilizzate e nei colori moderni di un artigiano che si chiama, mi pare, Prizzi, che usa un fondo bianco opaco su cui disegna profili di visi deformati dalla forma stessa dell'oggetto e coi colori pastello, meno accessi di quelli che vediamo di solito negli oggetti di ceramica.

30/07/01
Ieri ho letto il dossier che IlSole24ore ha dedicato a Genova il 15 luglio, quando ancora non era successo nulla. Un dossier che era una sorta di vademecum, per giornalisti, visitatori particolari: la storia di Genova, le testimonianze di scrittori presenti e passati - una bella pagina di Montale, poesie di Caproni e Campana, descrizioni di Valery, Marc Twain, Claudel - e poi l'intervento del sindaco, tutto volto a disegnare l'immagine di una città che vuole diventare veramente centro di cultura - nel 2004 Genova sarà città della cultura - e rilanciare il suo ruolo di città turistica e portuale. Guida ai musei, alla cucina, alle pagine on-line. Un'occasione per la città , per i cittadini. Nulla di tutto questo, poi. Neanche i "grandi" però hanno goduto della città rimessa a nuovo, dei suoi musei, della suggestione dei suoi "carruggi" e del porto. Non ne avrebbero goduto comunque, è una questione fisiologica, i "grandi" hanno altro a cui pensare, poveri loro, nessuno spazio mentale e di sensibilità per il bello, per le cose, per il concreto e il quotidiano, da cui sono totalmente esclusi.
C'era una pagina del dossier, una pagina intera, dedicata al servizio offerto, e innovato per l'occasione, di ospedali, unità mobili di pronto soccorso, autoambulanze.

Oggi non ho comprato il giornale, il Manifesto non esce. Sulla Sicilia, al bar, in prima pagina sempre l'Etna e anche alla Tv splendide, "spettacolari", immagini del cratere in piena attività e della colata, che somigliava ai polaretti che oggi ho comprato per mia figlia, anche se di un colore rosso brillante che nei polaretti non c'è.
Berlusconi insiste col dire che è tutta colpa del movimento antiglobalizzazione, violento, e della volontà di chi avrebbe orchestrato tutto per non far cogliere il grande significato politico del vertice. Insomma, se qualcosa è andato storto, la colpa è del movimento e dei vertici della polizia, nominati dal centrosinistra, se qualcosa è andata bene, e lo asserisce solo lui, è merito del governo. Peccato che lo dica solo lui, e che anche in altre città europee ci sono state manifestazioni di protesta per come le cose si sono svolte nelle caserme e durante le manifestazioni di quei giorni.

31/07/01
Visto ieri sera all'arena Argentina un film di Bolognini del 1960, Il bell'Antonio. Si tratta della rassegna del lunedì dedicata ai film restaurati.
Il film lo avevo visto da piccola e il libro l'ho letto anch'esso forse troppo presto e non l'ho riletto ogni volta che ho pensato che Brancati va riletto, rilanciato, rivalutato, ripensato…
La visione del film pone, fra l'altro, un interessante confronto fra il libro, ambientato durante il fascismo, e il film, ambientato nel presente (1960).
Prima questione: le donne. E non come ossessione, gallismo, seduzione, sesso come in genere sono lette in Brancati, ma come oggetto di un amore impossibile, impossibile per la stessa miseria delle donne. Qui sembrava che all'inizio fosse possibile un'intesa, un amore vero, così come il protagonista lo cerca sulla scorta dei versi di una poesia che viene recitata dallo stesso Mastroianni, ma come voce fuori campo. Poi prevale la storia, il costume, Catania, la Sicilia e la roba, una borghesia gretta, clericale e monarchico-democristiana, piccola, anche la città fotografata appare sfocata, mai volta a rendere a pieno i volumi, la bellezza cosìcome oggi siamo abituati a guardare alla città - l'occhio affettuoso di un Moretti per Roma, o quello lezioso di Zeffirelli per Catania, o quello attento alla bellezza televisiva delle varie piovre, o quello , ultimo, che tende a ricostruire il contesto nostalgico dei gialli di Montalbano, una Sicilia luminosa e bella, morbida e sensuale, in cui finalmente le dimore simbolo del potere retrivo della sua classe dirigente e di quello della Chiesa diventano patrimonio di tutti. Nel film i muri grigi sono resi ancora più grigi e fatiscenti dal bianco e nero, una città chiusa, che può ospitare al suo interno solo la festa decadente dell'onorevole circondato da lecchini e prostitute o i salotti della Catania bene e bigotta - perfetto il particolare del lampadario e dello specchio protetti dalla polvere con veli bianchi. Barbara Puglisi - Claudia Cardinale - non si accontenta più di un marito innamorato ma impotente. Ma, stranamente, aspetta - i suoi genitori aspettano - per far esplodere il caso che ci sia una richiesta di matrimonio veramente vantaggiosa. Ecco che scatta il meccanismo dell'annullamento da parte della Chiesa. Qui il laicismo di Monicelli e a polemica brancatiana nei confronti della tradizione bigotta catanese e siciliana, evidenziano tutta l'ipocrisia della tradizione cattolica e della Chiesa nella domanda che il padre fa al prete zio di Barbara: perché la chiesa dovrebbe immischiarsi in questo amore così puro come sempre ha predicato, perché essere caro uno e sanguis uno - come recita pressappoco il latino della chiesa - è vietato fuori dal matrimonio e obbligato dentro? No, è tutta una questione di interessi, ancora una volta di robba e il disagio e il grottesco pudore del prete lo evidenziano.
Nel romanzo, che è del 1949: "Dopo tre anni, il matrimonio tra Antonio Magnano e la bella ereditiera barbara non è stato ancora consumato: Antonio, nonostante sia molto innamorato e anzi proprio per questo, di fronte alla moglie prova un'inibizione che è molto vicina all'autentica impotenza. Scoppia lo scandalo, ingigantito dalla fama di seduttore del bell'Antonio e dal clima "farsesco" del gallismo fascista: l'onore del figlio sarà riscattato dal padre settantenne, che morrà in un vicolo malfamato di catania, sotto un bombardamento, con una scarpetta femminile stretta contro il viso. Alla caduta del fascismo Antonio resterà indifferente alle speranze comuni, sorpreso, come appare alla fine del romanzo, da un riflusso improvviso di erotismo" (Garzantina Letteratura)
Sempre le donne sono un sogno tradito, in Brancati, come ne "La noia del '37"
Dice, in questo racconto che parla più esplicitamente di altri del fascismo:
"Le donne, poi, le casalinghe contente che i loro mariti non fossero distratti dalla politica, le corrotte che i loro amanti non fossero indeboliti dal pensiero o resi freddi dagl'ideali, aiutavano in tutti i modi a tenere in piedi l'inganno" p. 101
"Vannantò, se fosse vissuto nel '700, sarebbe stato un pensatore, e avremmo letto di lui qualche articolo nella vecchia Enciclopedia; se fosse vissuto nell'800, sarebbe stato un poeta, e avrebbe combattuto per l'indipendenza greca; vivendo in Italia nell'epoca in cui gli era toccato di vivere, e avendo trent'anni nel '37, faceva l'unica cosa nobile che potesse fare un uomo come lui: si annoiava". p. 102
"Le ragazze riflettevano, più di ogni altra creatura al mondo, la sinistra luce dei tempi. Frasi sportive o sciocche, modi barbari o indifferenti, s'erano impadroniti di quei corpi delicati". P. 103
"La tirannide non si uccide"soleva dire."Si uccide la servitù! Ma io incontro, in ogni passeggiata, non meno di mille facce servili; non posso uccidere mille persone la volta!"[…]
"S'era fermato a Caltanissetta perché aveva subito intuito che qui la noia toccherebbe un punto che altrove non aveva mai sfiorato. La cittadina di pietra gialla, sospesa su una squallida pianura; l'albergo affacciato sulla piccola stazioni da cui trenini affaticati gettavano ogni tanto uno stridulo grido; i portoni chiusi di prima sera, ai piedi dei quali i cani roteavano su se stessi cercando di mordersi la coda; le nuvole che passavano di gran corsa, cacciate da un vento che non aveva tregua; la statua del redentore in cima a un colle su cui piovevano gli sguardi dei carcerati dalle finestrine di un casamento livido; le fabbriche di chitarre ai piedi di vecchie chiese; il mantello del federale zoppo nella nebbia del tramonto; gli avvocati che gesticolavano davanti al portone di casa, mentre sul loro capo, stesa a un filo tra balcone e balcone, la loro camicia gesticolava anch'essa; le conferenze sull'impero, le paoline…cosa gli mancava per portare la noia al grado dell'esultanza?"
[p. 104. Tratto da Il vecchio con gli stivali e altri racconti, in Opere, 1932-1946, Milano, Bompiani]


Editoriale
Zoom
Kaoticamente
Movimento
Segnali di fumo
Tanto per abbaiare...
GiroSegnalazioni
Sponsors
Girodivite 2001

I siti del network
GiroAmici
Download
RedAzione
GiroHome


[Up] Inizio pagina | [Send] Invia questa pagina a un amico | [Print] Stampa questa pagina | [Email] Mandaci una email | [Indietro]
© 1994-2004, by Girodivite - E-mail: giro@girodivite.it