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Giro80
/ Movimento
La guerra al terrorismo è legittima
difesa o vendetta?
un intervento di Carlo Maria Martini,
arcivescovo di Milano
"Ciò che si è fatto e
si sta facendo contro il terrorismo specialmente a
livello bellico rimane dei limiti della legittima difesa,
o presenta la
figura, almeno in alcuni casi, della ritorsione, dell' eccesso
di violenza,
della vendetta?". A chiederselo è stato il card.
Carlo Maria Martini,
arcivescovo di Milano, nel tradizionale discorso di S. Ambrogio
pronunciato
ieri sera, a Milano, nella Basilica dedicata al patrono
della città. Oltre
ad un "giudizio umano morale e severo" sui tragici
fatti dell' 11 settembre,
ha proseguito l' arcivescovo, bisogna chiedersi se, sul
piano poli itico e
militare, "il tipo di operazioni che si vanno facendo
contro il terrorismo
sarà efficace". Il riferimento, ha precisato
Martini, vale non soltanto per
quanto sta accadendo in Afghanistan, ma anche per i recentissimi
fatti di
morte e violenza in Israele: "E' chiaro - ha precisato
a quest' ultimo
riguardo il cardinale - che il diritto di legittima difesa
non si può negare
a nessuno, neppure in nome di un principio evangelico. Ma
occorre una
continua vigilanza e un costante dominio su di sé
e delle proprie passioni
individuali e collettive per far sì che non si insinui
la voluttà della
rivalsa e la dismisura della vendetta". In Medioriente,
per Martini, c' è da
una parte "un terrorismo folle suicida contro cittadini
pacifici e anche
tanti bambini, che non conduce da nessuna parte e che suscita
un crescendo
di ira, indignazione e orrore", dall' altra invece
"atti di rappresaglia,
che è difficile definire ancora come operazioni di
legittima difesa". Senza
contare, poi, le "vere e p roprie azioni belliche,
di fronte alle quali
anche l' osservatore più imparziale riesce più
a cogliere quale sia quella
strategia della pace e della sicurezza che pure è
sempre nel desiderio di
tutto quel popolo la cui sopravvivenza è essenziale
per il futuro della pace
nella regione e nel mondo intero".
Anche se, ha precisato Martini, "non
spetta alla Chiesa dare l' ultimo
giudizio pratico su atti di cui solo pochi conoscono le
modalità ultime e
precise", è tuttavia necessario "un prezioso
controllo democratico stabile e
metodico esercitato dai Parlamenti e da un' opinione pubblica
intelligente e
non faziosa sulla conduzione degli eventuali interventi".
Oltre al
terrorismo e alla violenza, secondo l' arcivescovo di Milano,
"va condannata
ogni ingiustizia e va eliminato ogni affronto alla dignità
umana", nella
consapevolezza che "tutti gli sforzi umani di distruggere
il male e con la
forza delle armi non avranno mai un effetto duraturo se
non si prenderà
seriamente coscienza di come le cause profonde del male
stanno nel cuore e
nella vita di ogni persona, etnia, gruppo, nazione, istituzione
che è
connivente con l' ingiustizia". Per una possibile "inversione
di tendenza",
ha affermato Martini, occorre che "maturi di nuovo
in Occidente, forse
proprio sotto la spinta di eventi così drammatici,
la percezione che è
necessario un cambio di vita, l' adozione di una nuova scala
di valori".
Quella in cui viviamo, è infatti per il cardinale
"una società il cui dio è
il denaro, la cui legge è il successo e il cui tempo
è scandito dagli orari
di apertura delle borse mondiali". E' questa "la
globalizzazione che è
giusto rifiutare", poiché "la follia dell'
autodistruzione minaccia tutti
quanti" e "gli spettri della corruzione, del malgoverno,
del prevalere dell'
interesse privato e tribale su quello pubblico, della dittatura
e del
primato della forza e delle armi, stan no succhiando il
sangue di
innumerevoli poveri della terra". "Sarebbe troppo
facile trovare un solo
capro espiatorio e una sola vittima", ha concluso Martini,
invitando i
credenti al dialogo e alla conoscenza reciproca e al rifiuto
di qualunque
azione "che esprima sentimenti di xenofobia, di antisemitismo,
di minor
rispetto di qualunque sentimento e tradizione religiosa".
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