|
Giro80
/ Movimento
Filosofia e guerra: un intervento di Umberto Curi
DOMANDA: Professor Curi, von Clausewitz,
il generale che spesso si trovò di fronte a Napoleone
uscendonesconfitto in più di una battaglia, in compenso
scrisse un famoso trattato sulla guerra. Ecco, von Clausewitz
definivala guerra come "la continuazione della politica
con altri mezzi".
Sì, effettivamente è una definizione
celebre sia per l'autorevolezza di colui che pronunciò
questa affermazione che è contenuta in un celebre
trattato, il Trattato della guerra, sia perché effettivamente
si tratta di un'affermazione che coglie in maniera sintetica
ed estremamente suggestiva questa connessione stretta tra
guerra e politica. Ma se si
volesse trovare un autore in cui questo rapporto è
interpretato in termini anche particolarmente stretti ,
particolarmente vincolanti, è pressoché inevitabile
riferirsi alla riflessione del filosofo tedesco Carl Schmitt
che è morto pochi anni fa, il quale riprendendo l'affermazione
di Clausewitz secondo la quale appunto la guerra non è
che "la continuazione della politica con altri mezzi",
giungeva a conclusioni ancora più estreme sostenendo
che la guerra è addirittura l'essenza o il presupposto
della politica. Carl Schmitt in qualche modo configurava
la relazione tra guerra e politica come una sorta di circolarità
sulla base della quale a periodi di guerra, e cioè,
per ricondurci alla definizione che davamo prima, a periodi
di soluzione violenta dei conflitti, succedono fasi di soluzione
pacifica dei conflitti, che sono appunto fasi di politica.
Io tuttavia devo dire che non è affatto necessario
condividere la
posizione di Clausewitz e di Schmitt, posizione che ripeto
mi pare sostanzialmente condurre alle estreme conseguenze,
e forse a conseguenze estremistiche, il ragionamento; non
è necessario condividere questa posizione per riconoscere
che in effetti tra guerra e politica (sia dal punto di vista
storico che dal punto di vista filosofico) esiste un legame
preciso e molto stretto. Anzi, la mia convinzione è
che non vi sia orientamento speculativo che
abbia avuto un qualche rilievo nella storia della cultura
occidentale, nel quale non sia possibile ritrovare il riconoscimento
dello stretto legame che unisce politica e guerra.
La politica dovrebbe essere quello spazio
regolato, disciplinato, razionale, in cui le controversie
e gli antagonismi che pure esistono fra gli uomini, vengono
risolti mediante metodi pacifici. Ma credo che potrebbe
essere interessante sottolineare un aspetto che invece per
lo più viene trascurato. Proprio Platone, in un dialogo
particolarmente significativo per quanto riguarda il rapporto
tra guerra e politica, e cioè il dialogo intitolato
a Protagora, ricorda che esiste in qualche modo una radice
anche etimologica comune fra tre concetti che abitualmente
invece, proprio perché in italiano hanno un'espressione
terminologica diversa, noi tendiamo a distinguere: cioè
il concetto di città, il concetto di politica e il
concetto di guerra. E' proprio Platone che ricorda che città
appunto in greco si dice "polis", la politica
è la "politikè tèchne" e
guerra si dice "pòlemos". Tutti e tre questi
fondamentali concetti hanno la medesima radice che è
"pol", anzi sarebbe l'indoeuropeo "ptol",
che troviamo quindi alla base tanto della guerra, "pòlemos",
quanto della politica, "politiké tèchne".
Tratto dall'intervista "Guerra e politica"
- Venezia, Museo Correr, sala Armature, lunedì 14
marzo 1988
|
|