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Dalla parte di tutte le vittime
di Dino Frisullo
A partire dalla guerra di Spagna, con il
tremendo passaggio di Hiroshima e Nagasaki, le guerre moderne
si combattono a colpi di massacri di civili, distruggendo
infrastrutture civili. Dunque questo è un atto di guerra
in senso pieno. Noi siamo contro la guerra in generale,
la guerra alle città in particolare. Questo atto riempie
di orrore, non meno e non più dei bombardamenti sul Vietnam,
su Baghdad, su Belgrado. Non di meno, e non di più. Credo
che nessuno debba e possa gioire del colpo al cuore della
prima potenza mondiale. Credo che nessuno, ai tempi della
più tremenda guerra partigiana, potesse gioire di Dresda
o Hiroshima rase al suolo. La logica amico-nemico non ci
appartiene. Chi ha organizzato questo attacco deve disporre
di soldi, mezzi, organizzazione e di una buona dose di fanatismo.
Tutte doti che non mancano ad ogni macchina di guerra che
si rispetti. E' possibile che si tratti di una macchina
statuale, ed è probabile che gli Usa si attaccheranno a
questa ipotesi per dare risposte distruttive allo "stato-canaglia"
di turno (l'espressione è di Bush). E' l'ipotesi più facile,
è la scelta più comoda. Quale città colpiranno per prima?
Su quale parte del Sud del mondo si avventeranno i bombardieri?
L'altra ipotesi è più dura. Gli stati da tempo non hanno
più il monopolio della forza, ed ora neppure della guerra.
Un'organizzazione non statuale, ma dotata di cospicui mezzi,
può scatenare un'offensiva di questo tipo. E come ogni parte
in guerra, può avere le sue motivazioni. Le sue "ragioni".
Gli Usa hanno sparso o fatto spargere fiumi di sangue e
di dolore in mezzo mondo, in questo sessantennio di pace
armata. E' l'unica potenza al mondo che non abbia mai vissuto
una guerra sul proprio suolo. Non c'è bisogno di ricorrere
al cliché dell'integrismo: per mezzo mondo gli Usa sono
il "Grande Satana" anche senza bisogno di sovrastrutture
religiose. Un colosso inattaccabile. Fino a ieri. Questo
equivale a giustificare? No. A cercare di capire. Non ci
appartiene il terrorismo, nè quando è agito da organizzazioni
nè quando è terrorismo di stato. L'attacco agli Usa non
è un attacco a "noi", nel senso diffuso in queste ore a
piene mani, di attacco al "mondo libero" (?!), alla democrazia
etc. Non c'è nulla in comune fra "noi" e gli strateghi del
Pentagono. E' un attacco a noi in ben altro senso: c'è molto
in comune fra "noi" e i civili che fuggivano disperati fra
nuvole di polvere sul suolo insanguinato. Il loro terrore
era lo stesso dei vietnamiti, degli jugoslavi, degli irakeni.
Degli abitanti di San Lorenzo a Roma, mezzo secolo fa. E'
un attacco a noi anche perchè si cercherà di schiacciarci
nella logica della guerra. Con gli Usa, o contro la civiltà.
E macchine repressive ancora più militarizzate schiacceranno
chi dissente, individui, collettivi o popoli. Come in tempo
di guerra, appunto. Lo sgomento che viviamo non è diverso
da quello vissuto dieci anni fa, davanti allo spettacolo
dei traccianti sui cieli di Baghdad. E' lo sgomento dell'impotenza,
dell'espropriazione, di fronte alla morte che viene dall'alto.
Siamo contro tutte le guerre. Anche contro questa guerra.
Siamo per un altro mondo, in cui nessuno possa decidere
della vita o della morte altrui schiacciando un pulsante,
che si tratti del telecomando di una bomba o del comando
di lancio di un jet. In cui nessuno debba guardare al cielo
con paura, che si tratti del cielo di New York o di Gaza.
Ma proprio per questo, siamo e restiamo fermamente contro
la Nato e il suo riarmo nucleare, siamo e restiamo contro
tutti i signori della guerra, in divisa e non. Siamo e restiamo
contro i gendarmi dello sfruttamento, a partire dalla macchina
militare Usa, e contro quel comando unico che scatena e
innesca, anche contro sè stesso, logiche di guerra. Siamo
per un altro ordine, che s'imponga dal basso. Siamo dalla
parte delle vittime. Quelle di oggi, e quelle di ieri. Tutte.
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