|
Punti
di partenza
Riflessioni a botta calda sul 13 maggio. Ai dirigenti della
sinistra: lasciate Vespa e i guru, tornate nelle città e
nei paesi. A noi stessi: non arrendiamoci e non deprimiamoci,
lavoriamo insieme. E mandiamolo a Saint Helene
STEFANO BENNI (da IlManifesto, 19 maggio2001)
Cara Rossana e cari compagni, avrei preferito aspettare
un po' per questo intervento, credo più ai tempi lunghi
della scrittura che a quelli affannosi della videochiacchiera,
ma le molte sollecitazioni non mi permettono di riflettere
ulteriormente, e forse ragionare "a caldo" può far perdere
in precisione ma guadagnare in passione.
Qualche compagno mi guarda stupito perché sono incazzato
ma non depresso, e mi dichiaro pieno di idee e iniziative.
Inebriamento da opposizione? reazione isterica? incoscienza
senile? Intendiamoci, non sottovaluto cos'è accaduto, ma
vorrei spiegare perché, insieme al male della ferita, sento
la naturalezza e la libertà di guarire. Dico subito che
comprendo le polemiche, e trovo necessario e fisiologico
che volino parole grosse. Ritengo che Nanni Moretti abbia
tutte le ragioni di esprimere la sua rabbia, perché nel
suo impegno politico è stato coerente almeno quanto Bertinotti,
in questi anni difficili. Anni, non dimentichiamolo, durante
i quali la sinistruzia non ha certo creato un paradiso da
cui ora siamo scacciati. Trovo misteriosa la critica che
gli si muove di "parlare dal festival di Cannes". Da dove
dovrebbe parlare, da un comitato centrale? Unico dubbio
che gli insinuo: forse guardando "Sconfitta rossa" stavolta
è entrato in ritardo e ha visto solo gli ultimi dieci minuti
del film. In quanto a Bertinotti, sicuramente è ingiusto
e cieco dare a lui tutta la colpa di una sconfitta che non
è maturata il tredici maggio. In questi ultimi anni e anche
prima, la sinistruzia ha coltivato, tenuto in vita, ossigenato
Berlusconi, senza mai avere il coraggio di sfidarlo davvero.
Un mese di campagna elettorale in cui Berlusconi è stato
descritto per quello che è veramente è, non cancella anni
di patteggiamenti, compromessi, omissis e salvataggi in
extremis. A Bertinotti, amichevolmente, un solo appunto.
Lasci per qualche mese i salotti televisivi che ama e dove
è tanto amato, e venga a discutere delle sue scelte con
la gente. Troverà qualche critica in più, ma una situazione
più vera, e anche vera solidarietà.
Alla centro-sinistruzia, cosa posso dire? Non sono un politico,
l'opposizione non mi spaventa e non confondo il perdentismo
masochista con la difesa di idee non maggioritarie. Trovo
che la giustizia di un'idea, non la sua vendibilità, sia
il motore di qualsiasi trasformazione. Ma dato che la sinistruzia
delle grandi strategie ha perso, dilapidando il voto di
metà del paese, provo a dare qualche modesto consiglio.
Gli do del tu, perché ieri mi è arrivato a casa, in ritardo,
un depliant con scritto "tu, elettore di sinistra" e ricambio.
Il primo: tu, dirigente di sinistra, non provare a riabilitare
Berlusconi per legittimare un'opposizione comoda. Hai già
fatto molto per lui, non esagerare. Il secondo, ingeneroso
ma non troppo: alcuni dirigenti dell'Ulivo farebbero bene
a tornarsene a casa, o in barca. Sarebbe dignitoso. Ma forse
chiedo troppo, in un paese dove Dell'Utri è deputato e Agnelli
indossa la livrea da chaffeur da un giorno all'altro. Il
terzo. Mettetevi a dieta di televisione. La televisione
è depressa e depressiva, abbassa le speranze, i desideri,
le differenze fertili della società e affidare a lei il
novanta per cento della discussione politica significa perdere
oggi e domani. Il mio anticatodismo sarà forse un'ossessione,
ma la vostra dipendenza dal video è anche più patologica
e dannosa. Credo non sia un caso che la sinistruzia, talvolta
la sinistra, abbia vinto dove ci sono più luoghi di discussione
comune, meno vippismo teleromanista o milanocentrico. La
Casa delle assoluzioni (giuridiche e confessionali) ha un
padrone, la sinistruzia ha una decina di padroncini, e insieme
occupano il novanta per cento della cosiddetta infosfera.
Adesso basta, carissima sinistruzia, ritorna a discutere
paese per paese e città per città e riduci il consumo di
dibattiti televisivi, da quaranta al giorno a tre dopo i
pasti. Siete intossicati di Vespa, uscite dal tunnel. E
smettetela anche coi consiglieri di immagine che vi mollano
alla prima sconfitta, e coi guru americani. Per evitare
la figura che avete fatto, non era necessario un look-maker
Usa, bastava uno psicologo Usl. Imparate dal cavaliere che
ha vinto con pochissimi mezzi: dieci chili di fard, qualche
migliaio di miliardi di promotion e la Zanicchi. Quarta
cosa: vogliamo ridiscutere della guerra e di Mani Pulite,
vogliamo discutere dell'ambiente e del terzo mondo, vogliamo
discutere della scuola, di aborto, di eutanasia. Organizzate
in ogni città, non per un solo giorno, ma per mesi, dei
forum aperti ai cittadini su questi temi. La gente verrà.
Non radunate gli elettori solo per i concertoni. Imparate
dai centri sociali, che sono molto più seri e politicamente
complessi di voi.
Ai compagni che non si riconoscono nella sinistruzia: fate
lo stesso, organizzate nuovi luoghi di dibattito comune,
di incontro, di scontro. Sarebbe bello che nessuno dovesse
più dire: vorrei dividere il mio disagio, vorrei discutere
e impegnarmi su queste cose, ma non so dove e con chi. Prima
di duellare col nemico, e ce ne sarà l'occasione, bisogna
ricominciare a essere vicini e lavorare insieme, non basta
più commentare insieme la televisione e i giornali del giorno
dopo. Se l'Italia diventerà un'azienda, creiamo dei bei
dopolavori e nuovi luoghi di crumiraggio, resistenza, fratellanza.
Ce ne sono, ma non abbastanza. Se dentro questi luoghi si
litigherà molto, tanto meglio. A me stesso, cosa posso dire?
Anzitutto che non vedo perché dovrei partecipare a una fustigazione
collettiva. Ho la coscienza abbastanza tranquilla come l'hanno
migliaia di compagni. Il fatto che questo non sia bastato,
non mi toglie le ragioni passate, le battaglie giuste che
sento di aver fatto, le grida inascoltate che si sono rivelate
vere. Ma una coscienza quasi tranquilla, di questi tempi,
è un lusso che può creare una beata paralisi, perciò mi
regalerò dei consigli e delle autocritiche, notoriamente
più moderate delle critiche. Primo: confesso che non sono
mai andato ai raduni della sinistruzia, ho fatto male, mi
sarei rotto le palle ma avrei potuto farmi ascoltare di
più, è un peccato di pigrizia e snobismo che cercherò di
correggere. Ma intendiamoci, mi interessano le riunioni
serie e non le recite catodiche o i buffet di rappresentanza.
Secondo: per amore di bandiera non ho mai spiegato fino
in fondo le insoddisfazioni e i disagi che mi hanno talvolta
allontanato dal manifesto. D'ora in avanti lo farò. Terzo:
ho criticato spesso gli artisti e gli intellettuali di sinistra
perché stavano zitti, perché mi sembravamo trasformati in
caricature di fiacchissimo impegno. Alcuni hanno continuato
a nascondersi sotto il divano, ma altri si sono schierati
con decisione.
Continuo a ritenere mortale l'abuso di telepolitica e non
ritiro, ad esempio, le vecchie critiche a Benigni a Santoro,
ma proprio perché li ho criticati, ora aggiungo la mia sincera
solidarietà per quello che hanno fatto, e li difenderò a
spada tratta dalle vendette del nuovo Minculpop. Quarto:
non ho ancora imparato a mandare bene le e-mail. Quinto:
il due maggio ho consegnato a un amico un foglietto con
una previsione sulle votazioni del senato. Diceva: Casa
delle Assoluzioni quarantaquattro, Ulivo quarantuno, Rifondazione
quattro e mezzo. Se mi volete credere, bene, se no ciccia.
Ma se avete creduto all'Abacus, potreste credere anche a
me. Quindi la colpa è mia: se avessi telefonato a Bertinotti
chiedendogli un' ultima, disperata desistenza forse avrebbe
ceduto e avremmo pareggiato al novantesimo. E poichè ho
azzeccato la mia ennesima profezia e i guru vanno di moda,
mi spingo a un'altra previsione. Berlusconi non passerà
un anno e mezzo di legislatura, forse meno. Intendiamoci,
niente di violento, anzi, una volta finito il Berlusconi
due, vivrà felice a Saint Helene, un'isola delle Cayman
dove ha riprodotto Arcore pezzo per pezzo, compresa la nebbia
artificiale e lo smog. Starà sdraiato al sole, con Fede
coperto di miele che gli tiene lontano le vespe, Agnelli
che lo sventola e Bossi che sbraita chiedendo la separazione
dalla zona sud dell'isola. Ovvio che con questa profezia
mi espongo a una figuraccia, ma mi prendo tutta la responsabilità.
Ed ecco invece le cose che farò, senza firmare contratti
e senza giurare sugli innocenti. Tenterò di scrivere con
cadenza settimanale, su Repubblica e il manifesto. Proseguiranno
i seminari di Bologna insieme a Libero Mancuso e tanti altri
amici, ne terremo dieci tra questa fine anno e il duemiladue,
il gruppo Lupo continuerà a funzionare a pieno ritmo, tra
un mese circa troverete allegato al manifesto il video di
"Blues in sedici" a sostegno del giornale, girerò per le
librerie, i teatri, i vicoli e i centri sociali, imparerò
a usare bene Internet. Ultima cosa, cercherò di essere riconoscente.
Avere speranza nei momenti difficili è forse il primo motore
non solo di un'anima di sinistra, ma di chiunque non consegni
la sua vita a un padrone. Io, tutti noi, dobbiamo la nostra
libertà a persone che hanno avuto speranza in momenti difficili.
Ecco il momento per esprimere la nostra riconoscenza a chi
ci permette oggi di iniziare una battaglia politica che
non è persa in partenza e in cui noi abbiamo ancora tutte,
dico tutte le armi per mantenere la democrazia in Italia.
Così, cara Rossana, ho scritto prima di avere le idee chiare,
ma con qualche idea chiarissima. Soprattutto una: in questo
paese non mi sento rassegnato, solo e straniero, e vorrei
aiutare e scuotere chi si sente in questo modo.
Non mi arrendo: lo dico senza sentirmi assediato, e senza
bisogno di odiare il nemico, ma desiderando un paese profondamente
diverso da quello che ho vissuto finora e da quello che
sembra prepararsi. E questo paese, lo sai bene, galleggia
dentro un mondo ancora più sofferente e minacciato di lui.
Tutto qui. La mia analisi forse è semplice, ma non nasce
da suggestioni televisive o dalle rassegne stampa. Nasce
da quello che ho visto e sentito intorno a me, in questi
anni e in questi giorni. La storia giudicherà il cavaliere,
ma giudicherà anche noi. Tra settant'anni, quando ci ritroveremo
a lanciare l'ennesima colletta per il manifesto, non vorrei
leggere che la sinistra italiana finì la sua lunga marcia
il tredici maggio duemilauno. Credo che nel 2435, quando
gli abitanti di Sirio scenderanno sul nostro pianeta arrostito,
tra Gramsci e Buttiglione, troveranno tracce del primo.
Concludo, cara Rossana. Siamo ancora liberi, in un mondo
dove due terzi delle persone non possono permettersi i nostri
sogni e i nostri discorsi, e molti di noi dovrebbero rendersi
conto di essere fortunati e privilegiati. Che non vada persa
nessuna riflessione su questa dura, tristissima sconfitta,
ma anche nessuna goccia di durissima, appassionata resistenza.
Lo dobbiamo a chi si è battuto e si batte soffrendo più
di noi, con meno speranze e più pericoli. Ti abbraccio insieme
a tutti i compagni del giornale, ti aspetto al seminario
e se vuoi un libro che parli della tua vita da distribuire
in ventisei milioni di copie agli italiani, sono pronto
a scriverlo.
|
|