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Dieci buone ragioni per non votare Rutelli

E UNA PER VOTARLO MALGRADO TUTTO CIO' Francesco Rutelli è una brava persona, non risulta che abbia rubato; come sindaco di Roma ha fatto più cose buone che malvage, il suo passato di radicale e di verde non disgusta, il lecchinamento delle gerarchie vaticane pre-giubileo pare comprensibile nel quadro della buona educazione istituzionale.... Ma votando Rutelli so di votare per una coalizione dominata dal ricatto di vecchie burocrazie, prima fra tutte il clan di D'Alema.

Le ragioni per non votare la coalizione di centro sinistra sarebbero molte. Ricordiamole. 1. Le elezioni del 1996 portarono più voti al centro destra che al centrosinistra, ma grazie al meccanismo della legge elettorale Prodi divenne primo ministro, e la coalizione del centrosinistra andò al governo con l'appoggio di Rifondazione. Io non nutrivo illusioni: il ceto politico e culturale della sinistra italiana è subalterno della cultura liberista, incapace di pensiero autonomo. Ma pensavo almeno che avrebbero cercato di estirpare le radici della pianta mafiosa che cresce nel cuore stesso della vita sociale italiana. Niente affatto. Mentre Prodi e la sinistra cristiana (Rosi Bindi, ad esempio) conducevano una politica di contenimento della spinta liberista su questioni come quella della sanità (e di questo gli va reso merito), D'Alema e il suo clan aprivano un terreno di alleanza con la mafia berlusconiana. Questo terreno di alleanza si chiamò Bicamerale, e servì a Berlusconi per recuperare le sue forze. D'Alema aveva in mente un disegno strategico di alleanza e spartizione del potere mediatico e politico. Quel disegno strategico, oltre che indegno si rivelò perdente. Appena recuperate le energie Berlusconi gli allungò un calcio nel sedere. E il risultato lo vediamo oggi.

2. D'Alema e il suo clan hanno manifestato e perfino esibito a ogni pie' sospinto una completa sudditanza culturale e politica nei confronti del liberismo, una politica economica criminale della quale il movimento globale postSeattle sta denunciando gli effetti devastanti sulla società, sulla salute, sull'ambiente. In un discorso televisivo del 7 gennaio 2000 l'allora presidente del consiglio Massimo D'Alema dichiarò: "noi non siamo meno liberisti di chiunque altro." In quel momento mi chiesi: se non siete meno liberisti di chiunque altro, pensai, allora perché si dovrebbe votare te, e non direttamente il partito dei liberisti a denominazione di origine controllata?

3. Dopo la decisione di Rifondazione comunista di ritirare il suo appoggio al governo Prodi, la buona educazione democratica e una intelligente considerazione dei rapporti di forza avrebbe consigliato di rivolgersi al popolo sovrano e di ricorrere alle urne. Si poteva dire: Prodi ha operato con onestà e perizia, ha permesso all'Italia di superare la prova europea, votatelo di nuovo. Il popolo sovrano avrebbe probabilmente capito, e avrebbe forse sconfitto il partito della mafia che allora non si era ancora ricompattato. D'Alema e il suo clan pensarono invece che era giunto il loro momento, e, per quanto avessero più volte affermato che non avrebbero occupato i posti di governo senza un mandato elettorale, presero il posto di Prodi e governarono con l’appoggio di Cossiga: il risultato alle regionali si è rivelato disastroso.

4. Fino al 1997 il criminale Slobodan Milosevic venne appoggiato e foraggiato dai governi occidentali, e il governo italiano (di centro destra e di centrosinistra) fu in prima fila nel sostenerlo. Quando, nell'inverno del 1997 centomila studenti e operai di Belgrado per mesi sfilavano quotidianamente per liberarsi del regime di quel burocrate stalinista convertitosi al nazionalismo, nessuno in occidente si mosse, perché Milosevic era il garante dell'equilibrio di Dayton.

5. Quando poi nel 1999 l'Amministrazione americana cambiò atteggiamento verso la Serbia, con lo scopo strategico di colpire l'autonomia politica dell'Europa, la soluzione adottata fu quella di bombardare la popolazione. Gli operai e gli studenti e le donne che si erano opposti a Milosevic nell'inverno del 1996 furono bombardati terrorizzati, uccisi per abbattere il tiranno che da alleato era divenuto nemico. Il presidente del consiglio italiano D'Alema non ebbe l'orgoglio e il coraggio di rifiutare le basi italiane agli aggressori, non si fece scrupolo di violare l'articolo 11 della Costituzione repubblicana, e, con l'appoggio dei fascisti nostrani, partecipò ai bombardamenti della popolazione civile serba.

6. Gli italiani fino a pochi decenni fa pagavano un tributo di emigrazione considerevole e ora, recentemente entrati a far parte della famiglia dei ricchi della terra, non vogliono vedere nessun miserabile che gli ricordi il loro recentissimo passato. Inoltre l'immigrazione è inquinata dalle mafie che prosperano sul proibizionismo, sulla prostituzione, sullo sfruttamento schiavistico. Nel nordItalia negli ultimi tempi si respira un'aria di guerra etnica strisciante nei confronti degli immigrati albanesi e maghrebini. La questione dell'immigrazione richiederebbe una politica capace di modificare radicalmente la percezione del problema. Occorrerebbero inestimenti rivolti all'accoglienza e di integrazione, e soprattutto azioni capaci di trasformare la cultura dell'immigrazione.. Lanciare ad esempio azioni internazionali a favore delle donne che si sentono minacciate nei paesi in cui l’integralismo e il maschilismo le perseguitano, offrendo a loro asilo politico come rifugiate modificherebbe la composizione culturale dell'immigrazione, e la percezione del fenomeno da parte degli italiani (e soprattutto da parte delle italiane, che giustamente temono l'aggressività dei maschi soli immigrati). Invece di ragionare su cose di questo genere il governo di centro sinistra ha costruito i centri di detenzione che violano i diritti civili dei cittadini stranieri e non riducono per nulla la criminalità delle micromafie per non parlare di quella delle macromafie.

7. Il proibizionismo sulle droghe è una vergogna contro l'intelligenza e contro la libertà, e inoltre è il miglior regalo che si possa fare alla mafia. Qualsiasi governo che non tolga di mezzo la legislazione proibizionista sulle droghe è complice della mafia, della criminalità, oltre che responsabile della carcerazione inutile di migliaia di piccoli spacciatori e di consumatori. Il governo di centrosinistra non ha fatto nulla per contrastare il dominio di mafia su questo piano, né per attenuare la persecuzione contro i drogati.

8. Nell'ultima estate si è parlato molto di indulto per i detenuti che in larga parte sono piccoli spacciatori (schiavi della grande mafia che in galera non ci va) e piccoli consumatori di droghe, cioè gente che non dovrebbe assolutamente stare in carcere se fosse rispettato il principio della libertà umana di disporre del proprio corpo. Karol Wojtila ha ripetutamente chiesto una misura di clemenza per decine di migliaia di persone che vivono in condizioni semiumane in celle sovraffollate. I parlamentari dell'Ulivo hanno finto di volersi occupare della questione, hanno gareggiato con i loro colleghi del Polo in ipocrisia e trabocchetti (sì all'indulto per i poveracci solo in cambio dell'amnistia a dei tizi come Previti e compagnia). Mentre i detenuti boccheggiavano in celle asfissianti e ogni giorno veniva riattizzata la loro speranza, la clemenza richiesta dal Papa sfumava in un labirinto di opportunismi. La viltà dei governanti si mescolava con la crudeltà.

9. Poi è iniziata la campagna elettorale. Il numero di donne candidate nelle liste dell'Ulivo è ridotto al minimo perché la guerra per la conquista di una candidatura si è fatta feroce. La conquista del collegio blindato da parte dei capibastone di questa o di quella cosca dell'Ulivo ha provocato il disgusto di ogni persona perbene, e il risultato è che molti candidati radicati sul territorio sono stati eliminati per far posto agli uomini degli apparati, mentre sull'altro fronte, quello del Polo, candidati come Cristina Matranga, sospettati di essere ostili alla mafia sono stati eliminati senza tante storie.

10. Dulcis in fundo. Il 24 marzo, a Napoli, la polizia comandata dal governo di centro sinistra ha aggredito una manifestazione di ragazzi e di ragazze con la determinazione evidente di creare il terrore, di colpire con violenza, di spaccare le ossa. Del tutto coerente, certo, con una politica che si vuole non meno liberista di chiunque altro.

Ecco le ragioni per cui non dovremmo votare per l'Ulivo. Eppure il 13 maggio io andrò a votare, e voterò (almeno al maggioritario) per Francesco Rutelli. Per il ceto politico che ha guidato il centro sinistra provo disprezzo. So che da costoro non ho nulla da attendermi. Né l’innovazione, né la lotta sociale contro la politica criminale del liberismo. Eppure voterò per loro. Se lo faccio, con la morte nel cuore, c'è una ragione. So che è l'unica possibilità (una possibilità remota, perché con il loro opportunismo hanno aperto le porte a chi oggi si prepara a sgominarli): l'unica possibilità di evitare la presa del potere da parte di una coalizione che raccoglie il peggio della tradizione di questo paese. Il Polo non è fascista. E' molto peggio. Nel Polo c’è una componente mussoliniana, nostalgica di un’Italia aggressiva. Ma alla sua testa c’è un gruppo di potere mediatico e finanziario che ha costruito le sue fortune sul riciclaggio dei soldi di mafia, ha comprato i giudici per condurre in porto i suoi affari (salvo poi sottrarsi al processo con il voto del Parlamento). E c’è una componente apertamente razzista che organizza pogrom contro gli stranieri. Nella società italiana cova da tempo una sorta di guerra civile a bassa intensità che si manifesta nei comportamenti della vita quotidiana, negli stadi, nelle famiglie, nelle strade, nei negozi, nei posti di lavoro. La conquista del potere da parte di una banda di ignoranti fanatici rispettosi solo della legge del massimo profitto può trasformarla in guerra dispiegata. Voto per Rutelli perché rappresenta l'unica possibilità di impedire a della gente pericolosa di occupare il Ministero degli Interni nei giorni in cui a Genova il movimento per la globalizzazione dei diritti vorrà manifestare il suo pensiero e le sue ragioni.


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