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Palermo: Addio alla meusa

Effetto muccapazza: Spariscono meusa, strigghiole, quarume

di RINO CASCIO (da Il Manifesto)

E' una crisi che investe trasversalmente i palati di quasi tutta la città. Ricchi e poveri, indigeni e stranieri. La psicosi da "mucca pazza" e le leggi a tutela colpiscono nel cuore la gastronomia povera palermitana, quella di strada, le bancarelle dove si sono vendute per secoli parti dell'animale che difficilmente sarebbero finite in un bancone di macelleria. Proibite interiora e budella, ora è anche il turno della "psicosi" da milza. E insieme alle centinaia di ambulanti che hanno chiuso bottega, ora è il turno anche di un locale che era una tradizione, un monumento. La "Focacceria San Francesco" che nel cuore della città vecchia annovera tra i clienti, in 167 anni di attività, politici del calibro di Francesco Crispi, premi Nobel come Luigi Pirandello e anche boss di "rispetto" come Lucky Luciano, uno degli artefici principali dell'aiuto di Cosa Nostra allo sbarco alleato sulle coste siciliane nel 1943. Qui, con le focacce con la milza, il parlamento siciliano rivoluzionario del 1848, uscito dal bellissimo convento di San Francesco che sta dirimpetto, festeggiò l'elezione di Ruggero Settimo. Ingresso e locale in stile liberty, in questi anni la Focacceria più famosa di Palermo ha continuato a raccogliere estimatori del "pane ca meusa" di tutte le estrazioni sociali. Aveva anche conquistato il gusto dei tanti extracomunitari che apprezzavano il pasto veloce, sostanzioso e economico. Ufficialmente chiuderà per una ristrutturazione prevista da tempo e realizzata nel periodo in cui - abbassate le saracinesche - si registreranno i minori danni. Perché la clientela nelle ultime settimane ha abbandonato i tavolinetti in marmo con il piede in ferro battuto. E quando pure è entrata per consumare un pasto veloce, ha evitato la focaccia "schetta o maritata" (con o senza la ricotta fresca che si impasta in bocca con la milza cotta nello strutto), preferendo i più convincenti "sfincionelli" (una pizza dalla pasta soffice con pomodoro e molta cipolla). E i proprietari, la famiglia Conticello, non nascondono il problema del bilancio, ma si dicono ottimisti. Sicuri che, anche utilizzando milze diverse da quelle bovine, si potrà comunque proseguire la tradizione. Sarà più difficile per le "stigghiole", le stecche di budella arrostite in braci volanti e vendute, sotto cavalcavia o agli incroci delle strade, ancora fumanti (il profumo viene considerato una delizia gratis per le narici dei passanti). Sia quelle bovine, a rischio "mucca pazza", che quelle di ovino, a rischio "blue tongue" (una malattia che ha già decimato gli allevamenti sardi e contro la quale stanno combattendo i veterinari siciliani), sono proibite. Ed è proibita la "quarume", quel misto di stomaco e altre interiora che viene bollito con limone e venduto agli angoli delle strade mentre ancora scotta. I "ristoratori" di una cucina che non aveva mai conosciuto crisi economiche sono anche scesi sul piede di guerra. Per la prima volta si sono iscritti a un sindacato (quando mai ne avevano avuto bisogno) e con le bandiere a strisce hanno inscenato la prima manifestazione chiedendo che almeno venga liberalizzato l'uso delle interiora degli animali che risultano totalmente sani al controllo compiuto ai macelli. Tra "meusari", "quarumari" e "stigghiolari" sono circa mille le famiglie che rischiano di perdere una fonte di sicuro guadagno. E c'è l'indotto. "Pensate solo al panificio che ci forniva le focacce da imbottire", dicono alla focacceria San Francesco, mentre al tavolo che era stato il "preferito" di Lucky Luciano, quello che nessuno gli avrebbe mai contrastato e da dove chiunque si sarebbe alzato non appena il boss varcava l'ingresso del locale, addentano l'ultimo panino con la milza della giornata, condito con ricotta.


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