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Transizione e democrazia in Russia

In attesa delle elezioni del 2008 cerchiamo di comprendere quali sono le tematiche più importanti del "dossier" Russia

di Emanuele G. - giovedì 25 ottobre 2007 - 2044 letture

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Vladimir Putin

La transizione dal comunismo al mercato è diversa per ogni paese. Questo è tanto più vero per la Russia, nella quale la creazione e l’avvio di un sistema economico ha dato spesso luogo a paradossi.

Nel 1989 Gorbačëv entrava in un nuovo organismo legislativo, il Congresso dei deputati popolari, che secondo la nuova Costituzione era diviso in membri eletti e in membri di alto livello selezionati da varie istituzioni (Accademia delle Scienze, Comitato Centrale del Pcus ecc.). Egli riteneva che riformando il sistema politico tutti i problemi istituzionali e economici della Russia avrebbero trovato una soluzione. In realtà le cose seguirono una strada diversa, lasciando spazio alle forze che cercavano di distruggere il vecchio sistema economico e quello politico per sostituirsi ad essi.

Dal 1989 a oggi sono stati introdotti numerosi cambiamenti istituzionali senza giungere a un’ampia e profonda applicazione delle riforme economiche e politiche. In 15 anni di discussioni è emerso il nuovo sistema istituzionale, ancora frammentario e lontano da un progetto coerente e efficace. Le autorità internazionali che, insieme ai governi nazionali, hanno guidato la transizione al mercato e alla democrazia, hanno fatto spesso appello alle tradizioni civiche e mercantili che, secondo un punto di vista diffuso, avrebbero agevolato la modernizzazione delle istituzioni produttive.

Questo ragionamento è risultato efficace per i paesi dell’Europa centro-orientale, di solide istituzioni, ma non per la Russia, che esprimeva in modo diverso il suo legame con le tradizioni. Paradossalmente, la popolazione russa ha chiesto alla leadership politica di utilizzare il legame con le tradizioni per promuovere il consolidamento istituzionale, che consiste (prima di tutto) nella concentrazione del potere. Non si può però liquidare questa posizione considerandola semplicemente una posizione staliniana: è necessario valutare la sua capacità di assicurare l’equilibrio e la stabilità del sistema economico e politico, riabilitandone le funzioni.

Il progetto politico tradizionalista russo si sposa con una riforma del sistema economico centrata sulla rinazionalizzazione delle imprese: l’uomo forte ha bisogno di un supporto economico per esercitare il suo potere. Tale esercizio del potere si realizza attraverso il controllo dello stato su una parte importante del settore produttivo pubblico, in particolare delle imprese che appartengono alle industrie del petrolio e del gas. Nel 2004 e 2005 hanno avuto luogo trasferimenti di imprese dalla proprietà privata a quella pubblica nonché ristrutturazioni produttive (soprattutto nei settori dei trasporti, delle telecomunicazioni, della produzione militare, oltre che di quello degli idrocarburi). Nello stesso tempo sono stati spostati numerosi quadri dirigenti, impegnati principalmente nella sicurezza, in modo tale da formare una nuova classe dirigente, fedele allo stato e più vicina alle esigenze gestionali del settore economico pubblico.

La prevalenza del settore del petrolio e del gas è dovuta all’andamento dei loro prezzi. E’ stato calcolato che il sistema economico della Federazione russa è in equilibrio a un prezzo internazionale del petrolio non inferiore ai 20 dollari circa per barile. E’ facile dunque mettere in evidenza la relazione tra il prezzo internazionale del greggio e il tasso di crescita del Pil russo: quando il primo aumenta, aumenta anche il secondo. Tali favorevoli circostanze si verificano dalla fine del 1999 (periodo in cui il prezzo del petrolio è salito da 18 dollari al barile agli attuali 70) e dovrebbero continuare ancora per alcuni anni, assicurando ai nuovi dirigenti russi ricavi sufficienti a dominare l’intera economia.

E’ Putin, eletto Presidente a marzo 2000 con il 53 per cento dei voti e confermato nel 2004 con il 72 per cento, che raccoglie il compito di presentarsi all’elettorato russo come l’uomo forte. Questa connotazione “tradizionalista” del Presidente è quella che genera preoccupazioni in occidente riguardanti il destino della democrazia in Russia. Preoccupazioni che appaiono particolarmente gravi se questi cambiamenti vengono osservati da un punto di vista formale, ma che si stemperano se vengono valutati in base alle preferenze dell’elettorato russo, e se si esamina senza preconcetti il percorso culturale seguito dalla storia russa.

Novembre 2006

Prof. Carlo Boffito

carlo.boffito@unito.it

Dott. Marco Ranieri

ranieri.marco@unito.it


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