Perché la Cina non partecipò all’epopea delle grandi scoperte del quattordicesimo secolo

La vicenda storica del navigatore cinese Zheng He ci illumina sul concetto di casualità nelle dinamiche geopolitiche
PROLOGO
Spesso si cerca di imbrigliare in categorie troppo asfittiche le dinamiche geopolitiche con il risultato che esse sembrano il prodotto di logiche che non ammettono il principio della casualità. Eppure, esse – le dinamiche geopolitiche – sono intimamente legate all’indole umana in cui il caso fortuito gioca un ruolo molte volte determinante.
Ad esempio, basta il cambio di una persona per causare molteplici effetti in netta differenza rispetto a quanto accadeva prima. Immaginiamo che a un sovrano con una certa mentalità ne segua uno contraddistinto da un’indole piuttosto diversa. Ciò avrà conseguenze esiziali sulla politica estera di quel paese. Nel senso che PRIMA si aveva una situazione per così dire X e DOPO si concretizza un nuovo modello di politica estera Y differente rispetto a quello precedente.
E’ mio intendimento riferirvi di un caso storico che definisco paradigmatico. Si tratta della vicenda storica delle esplorazioni navali cinesi nel corso del quattordicesimo secolo. Esplorazioni che hanno avuto in Zheng He il protagonista indiscusso. Lui poté intraprendere parecchie missioni perché aveva il beneplacito dell’imperatore Yongle. Un imperatore meno tetragono rispetto ai suoi predecessori. Alla sua morte succedette Hung Hsi che decise la cessazione di qualsiasi viaggio. Avete visto come la politica estera di una Nazione si modifica solo perché è cambiata una persona? Un’analisi più approfondita di tale caso storico è quanto meno richiesta. Premetto che ho utilizzato stralci di un interessantissimo articolo pubblicato dal Prof. De Sio Cesari e facilmente reperibile sul web.
-> CHI ERA ZHENG HE?
Zheng He (grafia tradizionale: 鄭和 semplificata: 郑和 pinyin: Zhèng Hé; Wade-Giles: Cheng Ho; nome di nascita: 马三宝 pinyin: Mǎ Sānbǎo; nome arabo: Hajji Mahmud; 1371 – 1434) nacque nello Yenan. Molto probabilmente era di etnia Hui e di religione islamica. Ecco perché il suo nome originario era Ma Ho. “Ma” è l’etimo cinese che indica Maometto. Fu anche chiamato Ma Sanbao (grandi risorse). Zheng He fu compagno di infanzia e poi consigliere del principe, Zhu Di, che in seguito a complesse lotte dinastiche divenne imperatore con il nome Yongle e fu uno dei più grandi sovrani della storia cinese. In seguito Yongle assegnò a Ma Ho il nome onorifico di “Zheng “ che fu quindi conosciuto da quel momento in poi come Zheng He. Fu nominato Grande Eunuco.
-> I VIAGGI
Sempre l’imperatore Yongle gli affidò il comando della grandiosa flotta che si andava costruendo per percorrere i mari. Secondo la versione ufficiale, la flotta avrebbe dovuto ricercare l’imperatore Jianwen (1377-1492) scomparso misteriosamente con la guerra civile che vide salire al trono Yongle, mentre secondo il professore d’ingegneria marittima Xin Yuan’ou, dell’Università di Shanghai Jiaotong, l’impero cinese, minacciato dalle armate del Tamerlano (1336-1405) che aveva già conquistato gran parte dell’Asia, avrebbe mandato Zheng He in cerca di alleati.
L’enorme flotta comandata da Zheng He (317 navi con 28.000 soldati a bordo) partì per il primo viaggio nell’Oceano Indiano, raggiungendo le coste orientali dell’Africa, il Mar Rosso, il Giappone e la Corea. Dato il successo della prima spedizione fu incaricato di condurne una seconda nei mari dell’Indocina, dell’Indonesia e dell’India meridionale, spingendosi sino a toccare le coste arabiche meridionali e dell’Africa orientale tra l’attuale Somalia e il Kenya. Tra il 1405 e il 1433 effettuò in tutto sette viaggi; l’ultimo di questi (affrontato con 300 navi e circa 27500 uomini) durò dal 1431 al 1433: la flotta comandata da Zheng He visitò i porti di Champa (oggi in Vietnam) e Giava, oltre a Palembang, Malacca, Ceylon e Calcutta. Tra i successi diplomatici della spedizione si ricorda la dissuasione del re del Siam a minacciare il Regno di Malacca.
Da Calcutta una parte della flotta continuò il viaggio verso ovest costeggiando il corno d’Africa sino a Malindi e commerciando sul Mar Rosso, in tale viaggio molti dei marinai cinesi poterono probabilmente visitare la Mecca. Zheng He invece, che era probabilmente rimasto a Calcutta, morì nel viaggio di ritorno e fu seppellito in mare. In suo onore fu eretto un monumento funebre in Nanchino che è stato recentemente ricostruito: costituito da sette scalini in pietra che simboleggiano i suoi sette viaggi, reca l’iscrizione in arabo “ Allah Akbar (Allah è grande). Anche se le grandi spedizioni di Zheng He sono un fatto storico, ancora oggi si discute sui limiti raggiunti dalle esplorazioni cinesi. Il professor Chen Hsin-hsiung dell’Università Nazionale Cheng Kung di Tainan (Taiwan), sostiene ad esempio che le fonti non attestano se sia stata effettivamente la flotta di Zheng He a raggiungere l’Africa.
-> CHI ERA MA HUAN?
A partire dal terzo viaggio si affiancò, nel 1413, Ma Huan, altro musulmano. Buon conoscitore dell’arabo, appreso forse dai mercanti musulmani con cui era stato in rapporto, questi redasse una serie di descrizione molto particolareggiata dei luoghi visitati indicando per ciascuno di essi ordinamenti, usi, costumi, prodotti, mercanzie e tutto ciò che gli sembrava comunque notevole. In tutto furono redatti 20 capitoli ognuno dei quali dedicato a una delle località visitate: la trattazione è sistematica, comincia dall’est con il Champa (Vietnam) per terminare con La Mecca, nell’estremo occidente. La sua opera è stata per secoli la principale fonte di conoscenza dei Cinesi per il mondo esterno, fino all’arrivo degli europei nell’800. Del suo libro è stato redatto in tempi recenti una edizione critica e annotata da studiosi Cinesi e quindi è stata pubblicata una traduzione inglese, recentemente ristampata, alla quale rimandiamo i lettori eventualmente interessati: “ Ying-yai Sheng-lan, The Overall Survey of the Ocean’s Shores 1433 by Ma Huan, translated by J.V.G.Mills , with foreword and preface, Hakluyt Society, London 1970; reprinted by the White Lotus Press, Bangkok 1997.”
-> LE FLOTTE
Le flotte che compirono i succitati viaggi erano imponenti oltre ogni immaginazione. Le navi erano centinaia, gli uomini imbarcati quasi trenta mila. Vi erano navi che portavano mercanzie preziose come porcellane e sete, altre portavano rifornimenti di cibo e acqua, alcune erano enormi con nove alberi, altre agili e veloci per i servizi. Erano delle tipiche giunche cinesi fatte con legno di bambu leggero e resistente. Le immense vele erano issate con grandi argani. Si usavano carte marittime piuttosto sommarie nelle quali si vedeva il profilo delle terre, si faceva il punto nave con la bussola facendo riferimento alle stelle. La velocità era misurata da galleggianti ai lati delle navi. Ossia il tempo dal bruciare di stecche di incenso di misura preventivata.
La velocità di una flotta cosi imponente era molto bassa, 4 o 5 nodi. Vi erano imbarcati fino a trenta mila persone fra marinai, soldati, commercianti e funzionari dello stato. Si trattava quindi di una grande spedizione militare e civile, non adatta alle esplorazioni di terre nuove. Infatti si limitarono a seguire le rotte già note ai naviganti Cinesi. Costeggiarono l’Indocina, la Malacca quindi si diressero nell’oceano indiano (Oceano occidentale per i Cinesi ) arrivando in India, in Arabia e quindi nell’Africa orientale.
Dovunque attraccavano si consideravano i messaggeri del grande imperatore e pretendevano l’ossequio e i tributi dei governanti locali. Qualcuno considerato troppo riottoso fu addirittura arrestato e portato in Cina. Così avvenne a un principe di Sumatra e a uno dello Sri Lanka. Si intrecciarono anche commerci con i locali. Tuttavia i regali vennero considerati come tributi per l’imperatore da parte di vassalli: in particolar ebbero molto successo nella corte imperiale animali esotici come le giraffe e le zebre mai conosciuti prima in Cina. Furono eseguiti dipinti dagli artisti di corte che sono giunti fino a noi.
-> FINE DELLE SPEDIZIONI E MOTIVAZIONI
Tali spedizioni si arrestarono bruscamente. Morto Yongle, il nuovo imperatore Hung Hsi, nel 1434, ordinò di fermare per sempre i viaggi, che non furono più ripresi. Anzi fu disposto che non si costruissero più navi tanto grandi da poter sfidare l’oceano. Per questa decisone che sembra sorprendente dobbiamo considerare una duplice causale: una più contingente di carattere economico e una più generale attinente in generale alla cultura e alla politica della Cina.
Il lato economico dell’impresa apparve fallimentare. Immense spese atte a muovere una flotta di tali dimensioni non furono certo ricompensate da qualche utile nel commercio che pure ci fu, specie poi se consideriamo il breve periodo. Tuttavia la causa più recondita però era nella mentalità propria della Cina. I cinesi erano convinti che nulla di veramente importante e utile si potesse immaginare di trovare al di fuori dell’impero. Ogni cosa poteva esser fatta meglio nell’ambito dell’impero stesso. La Cina secondo i cinesi è circondata da terre inospitali da cui periodicamente vengono fuori popoli nomadi o seminomadi che vi si lanciano contro mettendone in pericolo la stabilità e la prosperità.
L’idea comune dei cinesi era che essi costituivano non UNA DELLE CIVILTA’ ma propriamente LA CIVILTA’. Essi avevamo scarsa consapevolezza e considerazione per le altre civiltà che pure fiorivano in altre parti del mondo. Da questo punto di vista non si vedeva pertanto l’utilità di continuare una impresa cosi dispendiosa. Anche se fossero riusciti a stabilire il proprio predominio nell’Oceano Occidentale, non si intravedeva quale utile poteva poi venirne. Certamente era più opportuno concentrarsi nella difesa dei confini terrestri ad est e a nord. Da cui potevano originarsi le invasioni barbariche. e pattugliare i mari presso le coste al fine di difendere i trasporti dai pirati che avevano base logistica in Giappone.
In sintesi le imprese di Zheng He costituiscono una eccezione mai più rinnovata, un’anomalia della politica estera cinese che nella sua millenaria storia non si è mai avventurata oltre i suoi confini e, soprattutto, non ha mai cercato di espandesi di là dei mari che la circondano. Non ne ravvisava la benché minima utilità o senso.
Quanta differenza, abissale oserei dire, fra il passato e il presente della politica estera cinese. Allora indifferente al mondo. Oggi più che presente aggressiva. Una breve finestra sull’oggi della Cina all’estero. Nel 2010 l’interscambio della Cina con l’Africa ha raggiunto l’astronomica cifra di 115 mld di euro con un aumento di ben 43 % rispetto all’anno prima. Gli investimenti diretti sono di 9 mld. Erano appena mezzo miliardo nel 2003! Trentacinque paesi africani hanno sottoscritto accordi di partnership con la Cina anche se almeno il 70 % riguarda Angola, Nigeria, Etiopia e Sudan. Uno scienziato cinese rispondendo ai giornalisti Serge Michel e Michel Beuret ha spiegato la motivazione di fondo di questo impressionante espansionismo economico cinese in Africa: "Abbiamo 600 fiumi in Cina di cui 400 morti a causa dell’inquinamento”. E termina con una profezia problematica – per noi Occidente – riguardante un ipotetico trasferimento di 300 milioni di cinesi nel continente africano!
EPILOGO
La disamina della vicenda storica di Zheng He sancisce una delle regole fondamentali delle dinamiche storiche e quindi geopolitiche. Altrimenti detta della casualità. Infatti, è stato sufficiente il passaggio del potere da un imperatore ad un altro per determinare un cambiamento radicale della propensione – seppure minima – della Cina verso l’esterno. Con Yongle timide aperture verso l’esterno. Con Hung Hsi ritorno al tipico “understatement” cinese di rigida chiusura a qualsiasi rapporto con ciò che sta al di fuori dei propri confini. Quando si dice che una sola persona è in grado di modificare il corso degli eventi. Pertanto, vi invito a mai considerare gli eventi geopolitici con la lente d’ingrandimento delle categorie. Spesso si commettono errori marchiani. Essi, gli eventi geopolitici, sono spesso dovuti ad accadimenti non preventivati.
- Ci sono 0 contributi al forum. - Policy sui Forum -