Milana Terloeva – libertà & pace per la Cecenia
“Ho danzato sulle rovine” è una testimonianza forte e coraggiosa sull’inutilità della guerra. Con un desiderio struggente: che il popolo ceceno possa finalmente costruire il proprio futuro
- Milana Terloeva
Per noi occidentali la regione del Caucaso appartiene a due categorie mentali non troppo dissimili fra di loro. O non sappiamo cosa sia oppure ne abbiamo una confusa immagine. A noi occidentali, in fin dei conti, il Caucaso non vuol dire molto. Anzi, spesso, non ci dice nulla.
Atteggiamento quanto meno improvvido che denota razzismo ideologico come se noi occidentali ci credessimo, ancora, il centro del mondo. Purtroppo le cose hanno assunto una piega diversa. Infatti, negli ultimi decenni la storia ha sviluppato dinamiche non propriamente euro-centriche. Nuovi scenari, nuovi paesi e nuove situazioni si sono imposti all’attenzione generale. Sullo sfondo una sempre più invadente globalizzazione.
Uno di questi nuovi scenari, “sintomo” di un nuovo mondo, è rappresentato dal Caucaso. Un luogo significativo dei nostri tempi per via di un singolare intreccio fra istanze nazionalistiche e valenze geopolitiche. Ad illuminarci splendidamente sul Caucaso interviene la pubblicazione di un libro dal titolo davvero significativo: “Ho danzato sulle rovine”. Autrice una giovane giornalista cecena che risponde al nome di Milana Terloeva.
Milana Terloeva ha 27 anni ed è sopravvissuta a ben due guerre in Cecenia (1991-1996 e 1999). Nel 2003 è studentessa all’Università di Grozny ed entra a far parte del programma “Etudes sans frontieres” che le permise di proseguire gli studi in Francia. Al momento è rientrata in Cecenia con l’obiettivo di creare una struttura che aiuti il suo paese a intraprendere un percorso di libertà e pace.
L’autrice sviluppa il suo racconto di memorie mediante l’uso di capitoletti agili, ma, allo stesso tempo, facondi di eventi e riflessioni. Un racconto a più livelli: personale, famiglia, amici e congiunturale. Tutti questi livelli comunicano fra di loro mettendo in evidenza l’assurdità della guerra e il desiderio delle persone di avere una vita di autentica libertà. Trovo, altresì, molto illuminanti una serie di flashback storici capaci di farci meglio capire il perché stiano accadendo i tragici fatti descritti nel libro.
Per l’autrice il vero mondo è quello degli affetti personali, familiari e degli amici. Con essi si vive in una dimensione di reale dignità e rispetto. Ma se in questo mondo entra a gamba tesa la dura realtà, il tutto, allora, assume i contorni del dramma e della violenza. Che assurda realtà sta vivendo la Cecenia! Perché si vuole fare la guerra se la gente intende vivere tranquillamente? La guerra, in breve, serve a qualcosa? Forse serve soltanto a soddisfare il desiderio di dominio di alcuni su altri… Tale disorientamento è palpabile lungo le pagine del libro in quanto Milana Terloeva cerca disperamene di preservare il suo mondo nonostante le distruzioni e le sofferenze inaudite causate dalla guerra.
E si comprende perfettamente come mai per l’autrice la possibilità di andare a studiare a Parigi possa assurgere a riscatto non solo personale, ma per l’intero popolo ceceno. Finalmente c’è qualcuno che potrà testimoniare all’estero cosa significhi questa guerra assurda e brutale perpetrata dai Russi contro la Cecenia.
Molto significativo e commovente l’epilogo del libro in cui Milana Terloeva ringrazia sua madre per gli inauditi sacrifici fatti per permettergli di studiare ed avere una vita migliore.
Il libro termina con una corposa appendice che ci mette in grado di comprendere la geografia e la storia della Cecenia. E se si ha interesse ad approfondire la propria conoscenza, interviene un’esaustiva bibliografia in grado di soddisfare qualsiasi curiosità sul paese caucasico.
Voglio chiudere l’articolo prendendo a prestito le parole profferite da Bernard-Henri Levy in occasione della pubblicazione di “Ho danzato sulle rovine”:
“E’ il momento di leggere il libro di Milana Terloeva. E’ il momento di leggere questo bel libro scritto da una giovane cecena. Coraggio!”
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