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Bulgaria: La crisi aiuta i trafficanti

18 ottobre 2011 - Sega - Sofia

Per gentile concessione di PressEurop.eu

di Emanuele G. - mercoledì 19 ottobre 2011 - 1284 letture

Le organizzazioni criminali non si limitano più alla prostituzione: adescano i disoccupati fingendosi agenzie interinali. Con il peggiorare della situazione economica nei loro paesi d’origine, sempre più persone cadono nella trappola.

Petar Petrov

La maggior parte delle campagne contro il traffico di esseri umani non sembra dare grandi risultati. Lo stesso Parlamento europeo ha dichiarato di recente che tutte le misure adottate dall’Unione per limitare questa piaga si sono rivelate inefficaci. Secondo i dati pubblicati dal Consiglio d’Europa si tratta di una delle principali fonti di finanziamento del crimine organizzato; la "tratta delle bianche è inoltre il settore dell’economia sotterranea che negli ultimi anni ha conosciuto il maggiore sviluppo.

Il traffico riguarda in particolare le donne: sarebbero circa l’80 per cento delle 800mila persone interessate. In diverse occasioni i paesi membri dell’Unione europea sono stati invitati ad assumersi le loro responsabilità: aiutare materialmente le vittime per permettere il loro rimpatrio o fornire una protezione amministrativa se vogliono rimanere sul territorio dell’Ue. Queste donne devono anche essere convinte dell’interesse che hanno a testimoniare contro i loro carcerieri, e bisogna garantire la loro sicurezza in caso di eventuali rappresaglie da parte di questi ultimi.

In pratica tutto ciò avviene di rado. Prendiamo l’esempio della Bulgaria. Secondo i dati della Commissione nazionale per la lotta contro il traffico di esseri umani, nel 2010 le vittime sono state cinquecento, il doppio rispetto al 2009. Quest’anno fino al mese di aprile le vittime erano 154: 141 donne e 13 bambini. Ma i casi accertati sono solo della punta dell’iceberg: la realtà è molto più inquietante.

I paesi a rischio per i bulgari sono Germania, Paesi Bassi, Francia, Regno Unito, Italia, Cipro e Svezia. La finalità di questi traffici rimane nella grande maggioranza dei casi lo sfruttamento sessuale, ma si osserva anche un aumento delle denunce per schiavitù. Alcuni giorni fa abbiamo appreso dell’arresto di due bulgari residenti in Svezia che cercavano di attirare dei compatrioti illudendoli con la possibilità di un lavoro ben retribuito e un alloggio confortevole. Di fatto erano costretti a cogliere frutta e a vivere in tende nei boschi; le loro carte di identità erano state sequestrate e non sono mai stati pagati.

Ma le poche condanne emesse dalla giustizia non riescono a invertire la tendenza. Durante un’operazione di polizia alcuni anni fa sono stati arrestati due uomini che cercavano di far passare delle donne dalla Bulgaria in Grecia. Si è scoperto che queste persone andavano per le campagne bulgare per reclutare le ragazze obbligandole a prostituirsi a Sofia o nella vicina Grecia, e confiscavano fino a metà dei loro redditi. Condannati in prima istanza, a quanto pare devono poi essere stati assolti perché l’estate scorsa la stampa inglese ha pubblicato le loro foto mentre cercavano di "piazzare" delle schiave bianche sul territorio del Regno Unito.

Fervida immaginazione

Le autorità mettono in guardia dai trafficanti, che ormai danno prova di grande immaginazione per attirare le loro vittime. In questi ultimi tempi la loro procedura preferita consiste nel proporre "formazioni all’estero", in particolare corsi di lingue. La violenza fisica è sempre meno utilizzata rispetto alle minacce psicologiche e alle pressioni sulla famiglia. In Bulgaria le principali cause dello sviluppo di questi traffici restano l’analfabetismo, il crollo dei valori morali, il razzismo e la discriminazione etnica, la povertà, l’economia in crisi, la disoccupazione e così via. Questo può spiegare il cambio di strategia da parte dei trafficanti, che sempre più spesso si spacciano per agenzie di lavoro interinale.

Un fenomeno che rischia di continuare ancora a lungo, perché in tempo di crisi la gente cerca disperatamente una via d’uscita a condizioni materiali spesso catastrofiche e per riuscirci è pronta a tutto. Le campagne di sensibilizzazione possono solo migliorare in parte questa triste situazione. Il lavoro principale rimane nelle mani della polizia, tanto a livello locale che internazionale. C’è da chiedersi perché le polizie europee, con il loro immenso apparato repressivo, non riescano ad acciuffare il piccolo gruppo di responsabili che gestiscono questo traffico. (traduzione di Andrea De Ritis)

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