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Lucio Anneo Seneca “La Brevità della Vita” (Einaudi)

Quanto è prezioso rileggere alcuni classici per trovare la giusta ispirazione per vivere meglio la nostra vita. “La Brevità della Vita” di Seneca è un testo esemplare. Anche dal punto di vista della scrittura.

di Emanuele G. - domenica 28 luglio 2013 - 4696 letture

Ho letto tutto d’un fiato questo classico ad opera di Lucio Anneo Seneca. Ne avevo proprio bisogno. Desideravo con tutte le mie forze abbeverarmi a una fonte di cristallina saggezza e placida moderazione. La vita attorno a noi è diventata così irrazionale e labirintica da farci perdere l’essenza stessa del nostro essere umani. E’ come se fossimo stati irretiti da un processo di drammatica alienazione del nostro io. Un processo tanto drammatico da rendercelo – mi riferisco all’io – estraneo perfino a noi medesimi. La domanda che ci dobbiamo tutti porre è allora la seguente: siamo in grado di uscire da questo “cul de sac” in cui ci siamo ficcati?

La risposta è affermativa. Nel senso che bisogna ritornare a una visione di vita e a un “modus vivendi” più in sintonia con la spiritualità umana. In questo il filosofo romano Seneca ci da una mano davvero essenziale. “La Brevità della Vita” appartiene a una serie di sei sintetici trattati morali – non etici, è ben sottolinearlo – di cui due altri dedicati alla vita: “Vita Felice” e “Vita Ritirata”. L’operetta fu composta probabilmente attorno al 49 d.C. dopo il suo ritorno dall’esilio settennale in Corsica. E’ dedicata (l’operetta) a un potente signore romano, Pompeo Paolino. Seneca non discetta astrattamente, ma si addentra nei meandri della vita reale di tutti i giorni per svolgere alcune considerazioni molto pertinenti e realistiche.

La vita è sì breve, forse, e molti se ne lamentano; ma siamo noi ad accorciarla con le nostre vacuità, spendendola male, facendola divorare dai vizi, che ci tengono avvinti impedendoci di sollevare gli occhi verso l’eterna verità. Mentre possiamo allungarla facendone un buon uso; non abbandonandoci agli altri ma custodendola gelosamente, non dedicandoci a esteriorità e futilità ma alla ricerca e scoperta della vera sapienza, patrimonio ben più prezioso dell’altro a cui riserviamo ogni cura e affanno; valorizzando ogni istante affinché si depositi fruttuosamente nel tesoro sicuro della memoria, e senza ansie per l’avvenire; solo così si giunge alla vecchiaia maturi e forti dell’esperienza, anziché ancora inermi e impreparati. Certo non ci sfugge, nessuno sfugge alla brevità temporale della vita, ma avendone coscienza e lottando contro il tempo, la si deve rendere ricca, occupandosi di cose solide, creando e custodendo ricordi sostanziali.

Un altro aspetto rivoluzionario di Seneca è la scrittura. Noi tutti abbiamo presente il tipico periodare di Cicerone. Frasi lunghe che spesso rendono la loro lettura non facile e complessa. Invece, Seneca ammalia per una costruzione della frase sintetica e che arriva al dunque senza troppe prolusioni. Ecco un linguaggio e un periodare concreti. Concreti in egual misura alle tematiche che egli affronta: tematiche reali e concrete. Pertanto, anche il linguaggio e il periodare devono seguire lo spirito del ragionamento. Seneca è così maestro di sintesi da rendere Twitter un obsoleto strumento di comunicazione. Seneca in trenta caratteri riesce a colpire il segno. Twitter con 140 caratteri appare una modalità di sintesi inutile e prolissa.

Una rilettura de “La Brevità della Vita” è un obbligo morale poiché dobbiamo ricostruire i rapporti con il nostro io che una corsa sfrenata verso questo nulla chiamato “benessere economico” ha annientato e reso irriconoscibile. La sapienza dei filosofi può essere di grande giovamento. Non consideratela un’entità conservatrice. Bensì una forza propulsiva per vivere meglio. I latini dicevano “vivere vitam (eternam)”. Appunto…


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