La metastasi

Un pericolo mortale per l’Italia

di Alberto Giovanni Biuso - mercoledì 2 luglio 2008 - 5855 letture

Non è possibile opporre ragioni, argomentazioni, fatti. Quando un tumore invade il corpo (individuale o collettivo) l’unica soluzione -sino a che si è in tempo- è chirurgica. Ma anche questa è impraticabile poiché il personaggio sembra abbia stregato i rappresentanti delle Istituzioni, i capi-partito (l’opposizione parlamentare è inesistente), le masse.

L’attempato casanova che condivide i propri bollori con le attricette della sua azienda e poi regala loro carriere politiche; il massone padrone delle televisioni e capace di condizionare molta stampa e però non gli basta e ne vorrebbe il bavaglio legislativo; il sedicente cattolico divorziato e risposato che offre lo Stato italiano in feudo al Papa purché ne rimanga lui il sovrano; il despota che intende militarizzare la società italiana spegnendo ogni residua opposizione; il ganassa che si propone come sbrigativo salvatore dell’Europa; il corruttore dei giudici che accusa i giudici di essere un cancro e blocca i processi mettendo così in grave pericolo le vite e i beni dei cittadini italiani; il capo del governo che reclama per sé il principio assolutistico enunciato nel Cinquecento da Bodin, princeps legibus solutus -il principe è al di sopra delle leggi- mentre la democrazia consiste esattamente nel fatto che chi governa è soggetto come tutti gli altri alla legge, anche se fosse stato eletto dall’unanimità dei cittadini...Tutto questo è talmente evidente a chi voglia vedere che doverlo ripetere ogni volta è già una sconfitta oltre che una noia.

Il risultato è un veloce procedere verso la dittatura populistico-mediatica, alla quale possiamo opporre solo quanto ci rimane di spirito critico e di onestà (che per quanto possa essere debole, incerta, contraddittoria, risulterà sempre enormemente più grande di quella dell’attuale presidente del consiglio), ci rimane l’impegno negli spazi che il sistema politico-televisivo lascia ancora a dei liberi cittadini. E li lascia perché le nostre parole non contano nulla, non costituiscono un pericolo. Almeno così si illudono che sia.

Questo personaggio è la volgarità eretta a sistema e in tal senso è davvero «l’autobiografia della Nazione». Vengono in mente le parole di Gv, 11, 49-50: «Voi non capite nulla e non considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera».

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La metastasi
2 luglio 2008, di : digiu

Un interessante articolo apparso sul Financial Times e ripreso sull’ultimo numero di Internazionale, accusa la magistratura italiana di avere un peso che non possiede in tutte le altre democrazie occidentali. Tra le altre cose, nell’articolo si afferma un vecchio adagio secondo il quale la magistratura italiana stante la corruzione diffusa della Prima Repubblica abbia potuto selezionare i suoi successori politici. Inoltre, vi si afferma che l’immunità parlamentare avanzata dall’attuale maggioranza di governo è in realtà un principio già largamente presente in Europa, mentre colpire Berlusconi con nuovi processi manifesterebbe l’intenzione di colpire la volontà popolare che ha prevalso nero su bianco col voto. Credo sia naturale, per persone lontane dalla televisione come d’altra parte siamo noi, ragionare su alcuni punti di quanto il Financial Times riporta, e soprattutto del perché li riporti. In primis non può NON apparir strana la coincidenza tra quanto Berlusconi va predicando da anni ("governo perché gli italiani mi hanno votato, e tale mandato mi rende sovrano") e tra l’opinione di un noto analista finanziario in un articolo di una delle più accreditate riviste dell’alta finanza al mondo. Personalmente, poi, mi stupisce che nel dibattito italiano si propenda per una parte o per l’altra, senza mai interrogarsi sulle questioni morali, etiche e civili dei concetti alla base di tutto il dibattito. Ogni tanto infatti mi piacerebbe leggere, giusto per evadere la noia del già detto e già sentito, una discussione più filosofica che polemica che si articolasse intorno al concetto di giustizia e di politica, piuttosto che gli attuali rimestamenti nel calderone di una storia tanto poco chiara com’è quella all’origine del personaggio Berlusconi, delle sue ricchezze e del suo ingresso nella politica. Una storia che nella sua oscurità, paraddosalmente dovrebbe essere chiara a tutti meno che a color che non vogliono (l’arguto Moretti nel Caimano disse: "Su Berlusconi si sa tutto, o meglio chi vuole sapere sa").

Allo stesso modo mi piacerebbe si uscisse dalle ottiche particolari, come può essere il visus del Financial Times, per il quale la stabilità di un governo viene anteposta all’eventuale preoccupazione che un governo sia colluso con la mafia. E qui credo che si potrebbe aprire un confronto infinito su quali possano essere le priorità, in quel compromesso di valori e di bene comumne/benessere economico) di una nazione come l’Italia oggi. Discutere di questi temi in questo momento, forse, sanerebbe alcune delle diatribe personalistiche in corso; almeno potrebbe servire ad eliminare questa tendenza tutta post-berlusconiana a personalizzare ogni cosa, fino a raggiungere l’annullamento di qualsiasi principio generico e fondante alla base dell’idea stessa di democrazia e di politica, quali strumenti di governo a partire da una serie di valori condivisi che la cittadinanza ha acquisito culturalmente nel tempo. Ora non so se un simile dibattito riuscirebbe a sanare la posizione di Berlusconi nei confronti dell’opinione pubblica italiana, sempiternamente divisa in due sul suo conto, però a mio modesto avviso sgomberebbe un po’ il campo nel momento - si spera prossimo - in cui costui uscisse dal gioco insieme alle sue televisioni e i suoi lacché. Forse allora torneremmo a non essere più squadre differenziate in contenitori come ProB o AntiB, ma torneremmo a parlare sugli aspetti condivisi (legalità, democrazia, media, aziende private vs stato sociale) con maggiore serenità. Nel frattempo aderisco con forza all’invito di Eco che mi pare colga perfettamente uno dei punti salienti che il Financial Times forse un po’ per istinto anglosassone, per distanza e per miopia materialistica tende a dimenticare.

La metastasi
3 luglio 2008, di : Andrea Volpe

Sta dilagando una sorta di tendenza pseudoculturale, a ragione della quale non bisogna inseguire Berlusconi, per evitare un certo cosiddetto giustizialismo. In quest’ottica Veltroni fa il soft sui soliti colpi di mano di Berlusconi sulla giustizia e sui suoi interessi privati nell’amministrazione pubblica! Mi pare che anche questa posizione del Partito Democratico sia il prodotto esclusivo dello stato confusionale in cui versa l’alta dirigenza di questo partito. Io sono per partecipare alla manifestazione organizzata l’8 luglio e per organizzare anche quella di ottobre prossimo a cura di Veltroni! Quello che non si capisce è che rischiamo di essere veramente agli sgoccioli della democrazia in Italia. Speriamo bene per il futuro e soprattutto in una salvifica ispirazione di qualche mente illuminata, come Umberto Eco e Andrea Camilleri, che al momento, mi pare, sono i soli che riescono ancora ad interpretare il sentimento di smarrimento della Nazione.

Andrea Volpe volpeandrea@alice.it