Sei all'interno di >> GiroBlog | Centro Studi Est Europa |

La lunga attesa della cittadinanza italiana

da Benko Gjata - 08 Luglio 2010

di Emanuele G. - giovedì 8 luglio 2010 - 1484 letture

Iva ha 17 anni. Vive a Torino dove frequenta il Liceo Scientifico Copernico. Va forte in italiano, storia e matematica. Dopo il diploma conta di continuare gli studi universitari e da grande le piacerebbe fare l’avvocato. Ma per la toga c’è ancora tempo.

Per ora la sua giornata e divisa tra gli studi, la famiglia e nei pomeriggi l’allenamento con la squadra locale di pallavolo, la sua passione.

Iva è figlia di genitori albanesi. É nata a Fier, nell’Albania del sud, ed e arrivata a Torino nel 1996, all’età di tre anni. I suoi hanno sempre lavorato duramente, sacrificandosi molto per garantire ai figli la normalità che loro non hanno avuto, le opportunità a loro negate, le stesse di tutti i loro coetanei italiani. Tutte, meno una: la cittadinanza italiana.

Ferdinand, il padre di Iva ha raggiunto i requisiti richiesti dalla legge sulla cittadinanza cinque anni fa. Ha subito avviato le procedure per richiederla, ma ad oggi non ha ricevuto risposta. Nel frattempo, la stessa legge non prevede che i suoi due figli di 17 e 15 anni possano diventare italiani per conto proprio, nonostante siano arrivati in Italia in tenerissima età e la considerino in tutto e per tutto la loro patria.

L’anno prossimo Iva compirà 18 anni, comincerà la quinta e la questione della cittadinanza la preoccupa quasi o più della maturità. “Se i miei genitori ottengono la cittadinanza prima di quella data la ottengo anch’io,” ci racconta “altrimenti non posso più prenderla automaticamente. La prenderebbero solo mio padre e mio fratello.” Per lei i tempi slitterebbero di diversi anni.

“Avere la cittadinanza ora,” continua Iva, “mi darebbe dei diritti pari a quelli dei miei coetanei. Diritti ché, avendo una prospettiva di vita in questo paese, mi sono indispensabili. Io in Albania ci vado, perché abbiamo ancora dei parenti laggiù, ma solo d’estate e per brevi periodi. Per me, una prospettiva di vita in quel paese è totalmente da escludere. Non penso di poter vivere là, non c’e la farei. La mia città è Torino”.

La situazione di Iva è simile a quella di quasi 900.000 altri ragazzi italiani, figli di immigrati, che secondo il Dossier Statistico Immigrazione pubblicato ogni anno dalla Caritas/Migrantes, non hanno ancora ottenuto la cittadinanza italiana.

Marouan Ousaiffi, responsabile nazionale di “Anolf Giovani”, l’associazione vicina alla Cisl costituita da figli di immigrati di varie nazionalità che si batte per il diritto alla cittadinanza delle seconde generazioni definisce “drammatica” la loro situazione. I ragazzi “vivino la loro infanzia e adolescenza con molta naturalità,” ribadisce Ousaiffi. “Loro si considerano italiani, come i loro coetanei, salvo poi scoprire, al termine di tutto il percorso scolastico e al compimento dei 18 anni, che la loro permanenza in Italia continua ad essere legata ad un pezzo di carta che si chiama permesso di soggiorno che limita moltissimo le loro prospettive. Così, loro si sentono traditi dalle istituzioni.”

A Ousaiffi fa ecco Jaskarandeep Singh Gokhale, esponente della Rete G2, - l’associazione di promozione sociale nata a Roma nel 2005, la prima di questo tipo e forse la più conosciuta di questo settore, - che si batte per modificare la legge sulla cittadinanza e sensibilizzare la popolazione sulle problematiche legate a questo argomento. “Non essere cittadini,” osserva Singh, “comporta non poter esercitare il diritto di elettorato attivo e passivo a nessun livello; non poter partecipare ai concorsi pubblici; non poter esercitare nessuna di quelle professioni l’accesso alle quali avviene per concorso pubblico; non potersi muovere agevolmente nel resto d’Europa e il non poter lavorare in Europa, come tutti i cittadini comunitari.”

La questione della cittadinanza italiane viene attualmente regolata dalle legge 91 del ’92 che prevede che questa possa essere concessa ai cittadini stranieri principalmente per motivi di matrimonio, oppure dopo aver risieduto legalmente per almeno dieci anni in Italia. La normativa vigente è considerata oramai obsoleta e superata da più parti e la Commisione Affari Costituzionali della Camera proprio in questo periodo sta valutando le diverse richieste di emendamento della stessa.

Applicazione del principio dello ius soli, la possibilità di ottenere la cittadinanza prima della maggiore età anche per le seconde generazioni arrivate in Italia da piccole, riduzione del termine dei dieci anni di residenza, tempi certi e rapidi per la concessione della cittadinanza in presenza di tutti i requisiti, - sono questo alcune delle principali proposte di modifica.

Una di esse, che porta il nome dei due promotori, Andrea Sarubbi (PD) e Fabio Granata (PDL) è stata sottoscritta da altri 50 deputati di tutti gli schieramenti politici ad eccezione della Lega Nord. La proposta, in sintesi, prevede che dopo 5 anni di residenza si possa diventare cittadini italiani. Ma perche’ questo avvenga si dovra’ superare un test di integrazione civica e linguistica’ e si dovra’ prestare un giuramento ‘vincolante’ sulla Costituzione. Si potra’ avere la cittadinanza anche se si e’ nati da genitore legalmente soggiornante e residente da 5 anni; se si tratta di un minore che ha completato con successo un ciclo di studi indipendentemente dal luogo di nascita e dalla condizione dei genitori; se si e’ sposato un italiano da almeno due anni senza separazione.

A favore della concessione della cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia si esprime anche l’on. Marco Calgaro, parlamentare piemontese di Alleanza per l’Italia. “Quello della cittadinanza,” dice Calgaro, “credo che sia un argomento rispetto al quale bisogna muoversi con gradualità e con grande attenzione ai cambiamenti reali che sono emersi negli ultimi decenni in Europa e nel mondo. In Italia i dati ci dicono che 4.5 milioni di cittadini, su 60 milioni di italiani, non hanno una storia e un origine italiana. Una percentuale molto rilevante, che deve indurci a cambiare il nostro modo di considerare l’argomento.”

“Intanto,” continua, “ciascuno deve diventare più orgoglioso della sua cittadinanza. E parlo anche degli italiani, anche noi e i nostri figli dobbiamo scoprire l’orgoglio della cittadinanza che è l’appartenenza ad una comunità di vita che progetta il suo futuro in uno stesso paese. Proprio per questo credo che l’essere cittadini oggi debba diventare non solo una questione di sangue e di residenza, ma di prospettiva futura. Per questo noi dobbiamo cominciare a pensare che chi in questo paese, con buona volontà, senza delinquere, sogna e progetta il futuro suo e dei propri figli è un cittadino potenziale.”

Calgaro ribadisce anche l’importanza di essere rispettosi della cultura e della storia del paese nel quale si vuole costruire il proprio futuro. “Senza falsi infingimenti e ipocrisie,” dice il deputato API, “bisogna ragionare su quali siano i criteri minimi per i quali ci si dice italiani. E’ evidente che per noi, per esempio, sul tema religioso bisogna fare alcune riflessioni. Per noi in Italia è importantissima la libertà religiosa della persona. Questo significa che se un cattolico decide di aderire all’Islam, in Italia viene considerato assolutamente libero di farlo. O è vero anche il contrario, o c’è un problema di integrazione che va affrontato con serietà, perche per noi, oggi, queste sono libertà fondamentali, che definiscono l’appartenenza ad una comunità.”

Calgaro e la forza politica che rappresenta sostengono la neccessità di un approcio graduale alla cittadinanza da parte dei nuovi cittadini. “Io penso che bisogna lavorare da subito ad una legge che consenta a chi paga le tasse e vive lavorando come persona per bene in una città di partecipare al voto amministrativo. Questa è una cosa rilevante, che secondo me deve partire da subito perchè è il primo passo dell’integrazione,” dice Calgaro. “Per quanto riguarda invece il percorso della cittadinanza, credo che su questo versante il tema rilevante sia la certezza e la rapidità dei tempi di concessione, una volta maturati i requisiti. Intanto cominciamo a dire che dopo dieci anni e un giorno, una persona che vive in Italia, non ha avuto problemi con la legge ed ha mostrato alcune caratteristiche di integrazione debba diventare automaticamente cittadino italiano. Non si può, “all’italiana” dire che dopo dieci anni puoi diventare cittadino e dare questa reale possibilità solo dopo 13-14 anni. Questa sarebbe già una mezza rivoluzione perche oggi non è così.”

Link diretto all’articolo.


- Ci sono 0 contributi al forum. - Policy sui Forum -
Versione per la stampa Versione per la stampa
Ricerca
Inserisci la parole da cercare e premi invio

:.: Articoli di questo autore
:.: Articoli di questa rubrica