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Gianni Barbacetto & Davide Milosa “Le Mani sulla Città” (Chiarelettere)

La ex “capitale morale” alle prese con l’assalto della ‘Ndrangheta che si è bevuta tutta d’un fiato la “Milano da bere” sponsorizzata da un noto spot pubblicitario degli anni ottanta.

di Emanuele G. - lunedì 7 novembre 2011 - 3652 letture

La butterò sul sarcastico. Anche sul pesante. Meglio evitare di girare a vuoto attorno all’argomento. Tragico. La Milano descritta da Barbacetto e Milosa nel loro saggio “Le Mani sulla Città” non appare una città autonoma, bensì una cittadina dipendente da capoluoghi di provincia posizionati molto più giù. In Calabria. Chi sono queste città capoluogo? Platì, Natile di Carere e San Luca. Direte che sto esagerando… Capisco le vostre titubanze ad ammettere una realtà sì drammatica. Tuttavia la lettura di “Le Mani sulla Città” non ammette altre chiavi di analisi.

Affermo questo perché si tratta di un libro redatto da due maestri del giornalismo d’inchiesta italiano. Un genere in via di sparizione visto che il modello di giornalismo in auge ai giorni nostri è il gossip (sic!). Dicevo della maestria degli autori. Non si sono accontentati di registrare – per poi trascrivere – voci di corridoio oppure notizie giunte per vie traverse. “Le Mani sulla Città” è stato costruito grazie a un monumentale quanto capzioso lavoro di continua vagliatura delle fonti. Sono stati passati a setaccio centinaia di documenti delle forze dell’ordine e della magistratura al fine di ottenere quelle conferme alle linee guida del libro. A ciò aggiungasi un minuzioso lavorio di catalogazione delle notizie apparse sui quotidiani locali a un trenta anni a questa parte. Insomma, un “modus operandi” davvero encomiabile.

Lo scenario che ne esce fuori è avvilente. La domanda che mi sono posto è la seguente. Come una città dalle nobili tradizioni civiche è caduta in mano tanto facilmente alle Mafie e in special modo in quelle brutali della ‘Ndrangheta calabrese. Si ha la netta sensazione che il consumismo facile che ha travolto Milano dagli anni del boom economica abbia corroso le sue basi etiche e morali. Che devono essersi ridotte alla stregua di specchietti per allodole visto la facilità con cui la ‘Ndrangheta è penetrata nel suo “corpo”. Milano più lustrini che forza morale. Forse in questo processo corruttivo ha avuto un ruolo primario la c.d. “maggioranza silenziosa” che nel corso degli anni settanta ha costituito la scuola madre che ha guidato la ex capitale morale alla perfetta disgregazione? Non si spiega altrimenti come un gruppo di “barbari” sia riuscito in breve tempo a papparsi Milano, provincia e il resto della Lombardia.

Quanto successo a Milano ed aree viciniori apre a più di un interrogativo sul grado di preparazione delle istituzioni centrali e periferiche dello Stato a fronteggiare il fenomeno. A tal proposito sono rivelatrici le affermazioni di più di un prefetto e della Moratti che spergiuravano sul fatto che a Milano la Mafia non esistesse. Nemmeno allo stato larvale. Ma l’impreparazione – oppure omertà? oppure collusione? – è davvero un fenomeno totale. Investe comuni piccoli e grandi, provincie, la regione, aziende pubbliche e private, il mondo dell’associazionismo, le professioni. L’intero assetto economico, politico e sociale lombardo sembra in mano alle ‘Ndrine. In breve, un fiume carsico che parte dalla Calabria ha tolto il terreno sotto i piedi ai lombardi per impossessarsi di ogni metro quadrato disponibile in tutta la Lombardia.

Come suonano grottesche e idiote le affermazioni sulla superiorità lombarda professata da uomini politici indigeni, uomini di cultura e personalità del mondo della finanza. Si credevano gli eletti dal Signore. Invece, sono bastati quattro brutti ceffi che non sanno neanche parlare italiano per occupare “manu militari” la regione più ricca d’Europa. Per paradosso oso affermare che sono felice di questa conquista che ripaga noi meridionali “cafoni” delle tante stupidaggini sulla presunta superiorità padana. Ci hanno pensato le Mafie a vendicare l’onore ferito delle misere popolazioni del Sud d’Italia. Una bella soddisfazione vero? Mica tanto. Ciò denota che il Sud è stato rappresentato in sessant’anni da una classe dirigente inetta come inetta è stata la classe dirigente del Nord. E’ questo il dramma della nostra Italia.


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