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Ritirate il Premio Nobel per la Pace a Aung San Suu Kyi

Che si esca al più presto possibile da una situazione contraddistinta da una drammatica ambiguità

di Emanuele G. - venerdì 29 settembre 2017 - 5171 letture

La storiella dell’Aung San Suu Kyu vergine e martire della lotta per le libertà civili nel Myanmar - anticamente Birmania - aveva commosso tutto l’Occidente. Quanto se n’è parlato di questa integerrima combattente per i diritti umani. Quasi fino alla noia... Noi, occidentali, sempre pronti a scambiare lucciole per lanterne gli avevamo conferito persino il Premio Nobel per la Pace nel 1991! Quante volte l’Occidente a causa della sua miopia e i suoi coevi interessi geopolitici ha assegnato patenti di eroi della libertà a personaggi il cui unico scopo è il potere personale. Un potere personale a qualsiasi costo.

Le prime delusioni si ebbero quando, a seguito della liberazione avvenuta nel 2010, iniziarono le trattative per costruire un Myanmar finalmente democratico. Infatti, la Aung San Suu Kyi si ritagliò un abito nell’ambito della costituzione di quel paese che calzasse a pennello per i suoi obiettivi personali e politici. Attualmente è primo consigliere dello Stato del Myanmar. Un ruolo così indefinito che la dice lunga sulla fede nei principi della democrazia da parte di Aung San Suu Kyu. In breve, intende svolgere un ruolo politico dietro le quinte al fine di modellare il paese a sua immagine e somiglianza. Vorrei chiedere alla nostra indomabile combattente perché non è voluta diventare Presidente o Premier del paese asiatico? Con un ruolo ambiguo può sperare di durare un bel pò, mentre nel secondo caso potrebbe lasciare il campo per via di una sconfitta nel corso di regolari elezioni.

Il comportamento di Aung San Suu Kyi in riferimento alla drammatica vicenda dell’etnia musulmana dei Rohingya è semplicemente scandaloso. Nel corso di un discorso/intervista tenuto il 19 settembre ha snocciolato una serie impressionante di verità di comodo, mezze-verità e falsità davvero inquietanti. Come se la situazione dei Rohingya fosse perfettamente in accordo con i principi del rispetto della persona umana. Ha cercato di far passare l’idea che i fatti che si stanno verificando nel nord del Myanmar siano di recente accadimento. Che si sta facendo di tutto per condannare qualsiasi atto contro gli inalienabili diritti della persona umana. Mentre tutti sanno che dietro alle persecuzioni contro i Rohingya vi è un’interpretazione etnica dello Stato del Myanmar. Ossia uno Stato che si deve fondare sul potere della componente buddhista su tutte le altre. Anzi, il Myanmar è definito un paese buddhista con qualche altra etnia sparsa sul suo territorio. Ha avuto la sfrontatezza di affermare che nelle zone dove ci sono i combattimenti fra l’esercito birmano e l’esercito per la salvezza dei Rohingya nel Rakhine (in sigla ARSA e comandato da un rohingya nato in Pakistan ed educato in Arabia Saudita) le ONG possono accedervi senza nessun problema. Dichiarazione subito smentita da molte organizzazioni non profit che intendono portare immediato soccorso a una popolazione, quella dei Rohingya, oggetto di un’autentica pulizia etnica. E queste sarebbero dichiarazioni degne per un Premio Nobel per la Pace? Oggi, la Aung San Suu Kyi ha avuto la faccia tosta di dichiarare che i Rohingya possono ritornare senza nessun pericolo per la loro incolumità personale nel Myanmar. Da non crederci!

Eppure i Rohingya per un certo periodo hanno goduto della pienezza dei loro diritti politici tanto da essere parte attiva nella vita sociale e politica del Myanmar dalla fine della Seconda Guerra Mondiale fino al 1978 allorquando iniziarono le prime criticità fra essi e il governo centrale di Naypyidaw (nuova capitale del Myanmar dal 2005 al posto di Yangoon). In quell’anno avvenne il primo esodo nel vicino Bangladesh... Agli inizi degli anni ottanta ritornarono, ma iniziarono nuove persecuzioni con fortissime e violente limitazioni sui loro diritti civili e politici. Anzi nel 1994 le autorità birmane non concessero i certificati di nascita per i bambini Rohingya nati nel Myanmar! E la Aung San Suu Kyu continua a dichiarare di non saperne nulla e che quasi quasi è tutta una montatura!

Eppure delle reazioni ci sono state. Dall’Europa parecchi governi stanno dimostrando una sempre più accentuata freddezza nei confronti della Aung San Suu Kyi. Oggi, il potente Council of Foreign Affairs (un think-tank molto vicino alle posizioni del governo americano) esterna tutta la contrarietà dell’establishment a stelle e strisce sui fatti riguardanti le violenze perpetrate dalle autorità birmane contro la popolazione dei Rohingya. Ma ciò che dovrebbe maggiormente inquietare sono i recenti documenti rilasciati dai Talebani afghani e da Al-Qaeda in India che invitano tutti i musulmani del mondo a mobilitarsi per portare soccorso ai Rohingya. Che vogliamo aprire a causa dell’Aung San Suu Kyi un nuovo fronte di guerra "jihadista"?

In breve, una persona come Aung San Suu Kyi è degna di tenersi ancora il Premio Nobel per la Pace? Non lo credo. E’ venuto il momento che chi glielo ha dato si mobiliti per ritirarlo al più presto. Ne va anche della congruenza di un premio spesso ambiguo e "weird" quale è il Premio Nobel per la Pace. Anzi, sarebbe bello da parte sua, Signora Aung San Suu Kyi, che lei avesse il buon gusto di riconsegnarlo.

- Photo credits:

La foto di copertina è presa dal sito https://ichef-1.bbci.co.uk


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