Non sono andato a votare per il Referendum del 17 aprile
Quando si affievolisce in te la fiammella della democrazia
Confesso di non essere andato a votare per il referendum del 17 aprile. Non è stata una decisione facile. Tutt’altro. Pensate. Non andare a votare! E’ il punto di arrivo di un percorso iniziato tempo fa. Da anni rifiuto qualsiasi attività di partecipazione alla vita politica e sociale del mio paese. Nell’ordine: Carlentini, Siracusa, Sicilia, Italia e finanche l’Europa. Un fatto grave. Molto grave. Non è forse - infatti - la partecipazione il sale medesimo della democrazia? Evidentemente è in atto un divorzio fra me e la democrazia. Non ci capiamo più. La mia domanda di politica non incontra la relativa - così dovrebbe essere - offerta di politica.
Tante le ragioni di questo rifiuto di andare a votare il 17 aprile scorso. Provo, sommessamente, ad elencarle.
Chi ha organizzato il referendum sono state le Regioni. Regioni che nel corso degli ultimi anni non hanno dato una positiva immagine di sé. Quante volte abbiamo criticato il regionalismo italiano come uno dei gangli strutturali del sistema corruttivo del nostro paese? Le regioni non avevano certo l’autorità morale per presentare quesiti referendari. Diciamo che si è trattato del canto del cigno di un regionalismo irresponsabile. Il più delle volte guarda caso in materie ambientali.
Il quesito referendario era gracile, quasi del tutto inconsistente. Bastava una conferenza Stato-regioni organizzata per valutare la questione e i nodi si sarebbero sciolti in maniera immediata e definitiva. Abbiamo speso una montagna di soldi solo perché lo Stato e le regioni non si sono messi d’accordo!
Sempre il quesito referendario non indicava nessuna prospettiva strategica al paese. Si trattava di una semplice questione di cancellazione di una frase. Tutto qui. Ben altro significato avrebbe rivestito un Referendum in grado di far riflettere sul serio gli italiani sul proprio avvenire ambientale ed energetico. Ecco perché considero un danno non aver accettato le altre cinque proposte referendarie. I sei quesiti referendari presentati in un "unicum" avrebbero, senz’altro, avuto un maggiore peso specifico.
La mia decisione di non voto si è ulteriormente rafforzata nel corso della campagna referendaria (sic!). Nessuno è stato in grado di dare un’informazione obiettiva. Tutti si sono scoperti geologi. Cioé omniscenti in materie in cui erano del tutto ignoranti. Ognuno tirava acqua al proprio mulino. Sia il SI che il NO e quelli che invitavano all’ASTENSIONE. Continuando a non informare.
La campagna referendaria, poi, ha subito una mutazione genetica. Da semplice quesito referendario a Referendum pro o contro il Governo Renzi. Ma che ci siamo bevuti il cervello. Invece, di spendere tempo e risorse ad informare la gente - sempre più indifferente - si è preferito metterla, da più fronti, sul demagogico e il populismo fine a se stesso. Ciò ha allontano la gente. Il 70 % degli elettori è rimasto a casa. Questa campagna referendaria ha, purtroppo, svelato inquietanti aspetti fascisto-stalinisti e anti-modernisti presenti nella società italiana.
Infine, la campagna referendaria è continuata bellamente pur dopo la proclamazione del silenzio pre-elettorale sul web e i social network. La normativa sul silenzio dovrebbe essere aggiornata prevendendo che il silenzio valga anche per i mezzi di comunicazione e "socializzazione" telematici. Lo spettacolo dato in questa occasione dai due campi avversi è stata riproverole e grottesca. Sono questi i rappresentati della c.d. "classe dirigente" italiana che dovrebbero dare l’esempio? Suvvia.
Per tutte queste considerazioni non sono andato a votare e considerare "venduti" chi non ci è andato è un insulto bello e buono ai principi della democrazia in quanto uno ha la possibilità di non andare a votare quando non si confingurano le regioni per andarci.
Fra l’altro di recente in Europa l’istituto del Referendum non ha dato buoni esempi. In Olanda e Slovenia si sono svolti due Referendum in cui il quorum minimo è stato superato di poco assommando percentuali minimi (Olanda: quorum minimo previsto dalla normativa 30 % superato di pochissimo - Slovenia: sono andati al voto appena 623.000 cittadini su 1.715.518). La partecipazione al voto anche in Europa da tempo assume caratteri di astensionismo di massa. Fra l’altro i risultati di entrambi i Referendum hanno dato ragione a chi li aveva organizzati contro decisioni dei Governi olandesi e sloveni.
E’ davvero venuto - in sintesi - il momento di avviare una seria e severa riflessione sulla partecipazione al voto da parte degli italiani ai Referendum in quanto in appena 20 anni ben 24 volte su 28 il quorum non è stato raggiunto. Dato che qualcosa vorrà pur dire. Se non si riflette a dovere non si farà altro che continuare ad assistere al declino della democrazia stessa nel nostro paese.
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