Miss Kittin e Platone
Sui saperi da insegnare
Sono iscritto a una mailing-list dedicata a problemi di didattica -didaweb- e qualche giorno fa un collega ha scritto che «se c’è qualcosa che nella scuola di oggi va messo in discussione è proprio il concetto di “sapere”. Sia nel senso che è ora di finirla coi “saperi” precostituiti che ci arrivano dal MIUR e dalle Case Editrici ch’esso sostiene, quei saperi intangibili che vanno solo digeriti mnemonicamente e quindi acriticamente; quei saperi che non sono frutto di ricerca, di indagine, di risposte a domande aperte, ma che sono appunto pre-costituiti su alcuni aspetti fondamentali, attorno a cui ruotano, da quando la scuola e lo Stato che la comanda sono nati, i temi che tutti ben conosciamo, quasi a prescindere dalle discipline insegnate: la superiorità del capitalismo su ogni altro sistema sociale, la superiorità dell’Europa occidentale, dell’occidente, della nostra cultura tecno-scientifica-commercial-industriale e persino ancora della nostra religione su ogni altra cultura del passato del presente e del futuro».
Ecco la risposta che ho inviato alla lista. (Per chi non lo sapesse, Miss Kittin è una famosa dj -specializzata in electroclash-, che ho avuto modo di ascoltare di recente in una discoteca...)
Ancora? Siamo ancora a questo? A vedere nei “saperi” un ostacolo? A voler sostituire a ciò che Hegel chiamava “la fatica del concetto”, l’inconsistenza post-moderna di un roussovianesimo mal digerito? Senza capire che è proprio attraverso la dissoluzione dei saperi che si contribuisce al trionfo della lievità televisiva, del falso spontaneismo che in nome dei “reali bisogni” di adolescenti e giovani impone loro la compravendita delle merci mediante il martellamento pubblicitario. Dove si rinuncia ai saperi forti, a sostituirli è la società dello spettacolo.
E quindi se si vuole davvero agire -anche nell’ambito formativo- contro la “cultura tecno-scientifica-commercial-industriale” è esattamente il contrario che si deve fare: tornare alla gramsciana, faticosa ma esaltante e liberatrice, centralità dei saperi. Pensare che un ragazzino, un adolescente, un giovane, un adulto possano essere dei creatori di conoscenze senza che PRIMA assimilino sino in fondo la complessa stratificazione di culture millenarie è espressione solo di un futurismo straccione. All’automobile in corsa più bella della Nike di Samotracia, si sostituisce il dj più formativo di Platone.
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Il sapere se è ricerca non può essere precostituito e preconfezionato, neanche dalla scuola la quale tende ad incarnare le tendenze politiche del momento, secolari diremmo. Come mai oggi i libri di scuola sono tutti della casa editrice Mondadori? Ecco un esempio. Intendo dire che per essere un sapere, una conoscenza non deve essere intrisa di potere, e se c’è un organismo che centralizza questa conoscenza, essa è sempre già potere. In ogni caso anche già un soggetto incarna un potere, e di conseguenza anche un sapere. Potere e sapere sono inscindibili. ’Io’ è sempre immediatamente politico (’Io è un altro’ dice Rimbaud) e pure sessuato direbbe Foucault. Non so cosa possa fare un buon maestro, probabilmente è buono un maestro che aiuta a costruire gli strumenti adatti per volere pensare agire da sè. Due saperi (che sono anche piaceri) che mi vengono in mente che sono utili per tutta la vita sono banalmente leggere e scrivere.