La Scuola è morta

Insegnamento e corruzione in Italia

di Alberto Giovanni Biuso - giovedì 15 giugno 2006 - 3457 letture

Nella mailing-list didaweb leggo una Lettera aperta a proposito del Concorso per Direttori e Presidi (ora si chiamano Dirigenti Scolastici):

« (...) Ma qual era il disegno del “grande vecchio” - perché una regia pur deve esserci! - che ha architettato un concorso di tal fatta per sistemare 1.500 dirigenti scolastici che, salvando la pace di pochi fortunati, sembrano quasi tutti provenire dai sindacati, parenti, amanti, amici, o dalle direzioni regionali scolastiche, dai CSA, dagli Enti di formazione scolastica?

(...)

Ed i “politici”, i parlamentari, quelli vecchi, ma anche quelli nuovi che da poco si sono insediati, dove sono? Cosa fanno per rimediare alla beffa oltre che al danno? E la Magistratura, che pure sta avendo tante sollecitazioni, con esposti e denunce da varie parti d’Italia, si sta muovendo? Lo sappiamo che la macchina della Giustizia è lenta, ma qui, a breve, tra concorso ordinario e concorso riservato, quelli che hanno i cosiddetti “santi in paradiso” si saranno pure sistemati sugli scranni della dirigenza scolastica e ci vorranno altri dieci anni almeno per rinnovare una classe dirigente, della quale difficilmente si potrà dire che sia costituita dalla parte migliore, più impegnata e preparata, da coloro che alla scuola hanno donato, con grandi sacrifici e con dedizione assoluta, buona parte della loro esistenza. Se questa è la “riforma” della scuola, se questo è il messaggio che bisogna diffondere tra le nuove generazioni che si vengono a formare nelle aule scolastiche, con la pena nel cuore, non resta che gridare col grande Eduardo: “Fujtevenne!” e non solo da Napoli ma da tutto il Paese».

Non conosco nello specifico l’andamento di questo megaconcorso ma sono ovvie ed evidenti due cose.

L’Italia è un Paese corrotto fin nel midollo. E lo è non (solo) nella sua classe politica, nei dirigenti di qualunque cosa, nella finanza o nel calcio. Lo è nei “cittadini”, nei milioni di italiani che svolgono le professioni e le attività più diverse. Anche per questo l’Italia è in declino e lo sarà sempre più.

Gli insegnanti (medi e universitari) danno un contributo fattivo e costante a tale stato di cose, calpestando continuamente il merito, le capacità, l’impegno e regalando promozioni, diplomi e lauree. Chi entra nel mercato del lavoro e nella società civile dopo aver ottenuto la propria qualifica senza merito alcuno, cambierà di colpo e diventerà una persona seria, competente e scrupolosa? Chi pensa una cosa del genere vive fra i marziani o in un suo grottesco mondo di sogni (o in ideologie egualitarie altrettanto grottesche).

Per quanto riguarda i cosiddetti Dirigenti Scolastici, basta conoscere qualche scuola per capire che (con delle inevitabili eccezioni) sembrano selezionati all’inverso, mediante i criteri dell’ignoranza, dell’incompetenza, del servilismo verso i potenti e dell’arroganza verso i sottoposti.

Credo che per la scuola -e quindi per l’intero Paese- non ci siano più speranze. Ma naturalmente questo non significa che ciascuno non debba cercare di vivere e operare nel modo più corretto possibile. È una questione di coscienza umana e professionale.

www.biuso.it


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La Scuola è morta
25 giugno 2006, di : Alberto Giovanni Biuso

A proposito della corruzione sistemica della quale ormai l’Italia è vittima (consenziente...), riporto alcune righe dell’editoriale odierno (25 giugno) di Eugenio Scalfari su www.repubblica.it

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(...)

Volete degli esempi? Esempi capaci di delineare la vastità della crisi di sistema? Immagino che ogni cittadino pensante sia in grado di veder da solo questa scempia realtà, ma qualche caso esemplare può aiutarci.

C’è stata pochi mesi fa la crisi d’una delle più stimate istituzioni italiane: la Banca d’Italia. Un governatore in combutta o plagiato da uno stuolo di faccendieri di bassissimo conio. Finito sotto inchiesta giudiziaria. Alla fine costretto a dimettersi. Un fatto simile non si era mai verificato. La classe politica è stata incapace di risolvere il problema. L’ha risolto la magistratura. Con l’ausilio delle intercettazioni telefoniche.

Erano passate solo poche settimane ed è scoppiata la crisi del calcio, in incubazione da anni, perfettamente nota a tutti gli addetti ai lavori.

Badate, non si tratta solo d’un gioco, di ventidue uomini in mutande che corrono dietro a una palla, come dicono gli snob sopraccigliosi e sputasentenze. Il calcio è il mondo dei sogni d’una moltitudine, è la principale appartenenza sentita dal popolo. Più della patria, più della classe, più della politica, più della religione. Può piacere o no, ma questa è la realtà.

Ebbene, questa realtà è andata in pezzi. Era un trucco. C’era una "cupola". C’era un’omertà generale. Gli scudetti erano fasulli. Il divismo era fasullo. I bilanci delle società erano fasulli. L’immensa macchina del gioco era tenuta in piedi dall’imbroglio. Il presidente della Federcalcio era colluso con la "cupola" per ottenere la sua rielezione. Il conflitto d’interessi era generale.

Alla fine è intervenuta la magistratura, con l’ausilio delle intercettazioni.

Ancora poche settimane. Scoppia a Bari lo scandalo della Sanità. Il governatore della Puglia scambiava danaro contro danaro. Veniva aiutato con imponenti sostegni per la sua campagna elettorale e dava in contropartita concessioni e convenzioni miliardarie al re della sanità privata, a spese della Regione da lui presieduta. Favoriva con danaro pubblico un vescovo che gli procurava i voti delle suore in violazione plateale del Concordato.

Tutti lo sapevano, nessuno parlava. È dovuta intervenire la magistratura. Con l’ausilio delle intercettazioni.

Sorvolo su un altro caso che ha al suo epicentro l’ultimo discendente balordo di un’antichissima dinastia e il più stretto collaboratore di un uomo politico che è stato per anni vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri del nostro paese.

Sorvolo perché la materia è miserabile. Ma è terribilmente esemplare. Soprattutto per gli aspetti meno rilevanti dal punto di vista penale ma rilevantissimi dal punto di vista del costume. Si è visto e saputo che la nostra maggiore azienda culturale e informativa è al tempo stesso un bordello riservato ai deputati e ai vip dei gabinetti ministeriali.

Tutti sapevano. Che male c’è? Hanno risposto gli interpellati. Che male c’è? Lo fanno tutti. È dovuta intervenire la magistratura, con l’ausilio delle intercettazioni.

Adesso tutti si scagliano contro l’uso e l’abuso delle intercettazioni e attaccano i giudici per scarsa credibilità. Forse hanno ragione. Ma non c’è uno, uno solo degli uomini di potere che vogliono obbligare al silenzio gli intercettatori che si scagli contemporaneamente e con lo stesso vigore contro coloro che hanno tradito la fede pubblica e la loro stessa eventuale buona fede. Si depreca la supplenza della magistratura, ma che cosa ha fatto la politica per riempire il vuoto che ha reso necessaria quella supplenza?

Nulla. Non ha fatto nulla. La politica, soprattutto la pessima politica degli antipolitici, ha cercato di imbiancare i sepolcri e basta. Fini non ha ancora licenziato Sottile. Ruini non ha detto una sola parola sul vescovo di Lecce che portava le suore a votare per Fitto e otteneva nel frattempo il finanziamento degli oratori diocesani. Il ministro delle Comunicazioni e il consiglio d’amministrazione della Rai non hanno speso una sola parola sul bordello ambulante all’interno dell’azienda pubblica.

"Troncare, sopire, sopire, troncare". E’ questa la regola? E ancora. Per evitare che il sistema affondi, che la corruzione dilaghi, che il racket si diffonda come una piovra, che le istituzioni operino sempre più come patrimonio privato del re e dei suoi vassalli, valvassori e valvassini; per impedire il corrompimento definitivo della società in tutte le sue componenti, per perseguire gli evasori fiscali, per ridare slancio e speranza ai lavoratori e alle imprese, fiducia ai mercati, innovazione e cultura; ci vorrebbe un governo che governi.

(...)

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