Diversamente volanti

Linguaggio e ipocrisia
Il buonismo rappresenta, tra le altre cose, la fine della politica, sostituita da una melassa di sentimenti dietro cui si nasconde il perpetuarsi del cinismo.
Siccome ha ragione Sofocle quando nel Filottete (v. 99) fa dire a Ulisse che «nella vita degli uomini, la lingua e non l’azione governa in ogni cosa», un fare linguistico che programmaticamente nasconde la dura realtà del mondo è sempre funzionale al perpetuarsi di questa realtà.
Definire, ad esempio, «diversamente abile» chi subisce una grave menomazione fisica significa nascondere la tragedia e questo serve soprattutto all’ipocrisia di una società che non tollera la visione –o la dizione- del male, preferendo l’edonismo straccione di cui la visione del mondo statunitense ha bisogno per vendere i suoi prodotti.
Io non so volare, una gallina neppure –pur avendo essa le ali. Il politically correct ci definisce quindi «diversamente volanti». Ma io e le galline rimaniamo a terra, questo è il fatto.
Un’epoca che più non si accorge del ridicolo è intessuta non di umanitarismo –come tanti credono- ma dell’illusione ideologica che questo sia il migliore dei mondi. Ottimismo che è da sempre uno dei baluardi del potere.
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