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Tra il grido e il silenzio scegliamo la parola

Tra il grido e il silenzio scegliamo la parola. Mostra di disegni e testi degli anni Settanta. Un esempio di propaganda femminista.

di Pina La Villa - giovedì 8 febbraio 2024 - 702 letture

Nel 1987 il panorama delle riviste femministe - Effe, Sottosopra, DWF – si arricchisce di un nuovo settimanale, Il foglio del paese delle donne, pubblicato ancora negli anni Novanta in edizione cartacea e oggi solo online, che ha come sottotitolo la frase “ Tra il grido e il silenzio scegliamo la parola ”.

La frase descrive bene l’orientamento del femminismo dopo l’esplosione dei primi anni Settanta.

Fra il silenzio delle donne del passato e il grido delle manifestazioni e delle rivendicazioni di quegli anni, il femminismo sceglieva la parola. Si moltiplicavano riviste e libri, cominciavano le ricerche all’università, nascevano i centri culturali, si scopriva la storia e il pensiero delle donne.

Negli anni Ottanta del riflusso, la rielaborazione femminista cresceva sottotraccia, per presentarsi, a partire dagli anni Novanta nella sua ricchezza di articolazioni ed espressioni.

Non è qui la sede per fare la storia del femminismo né tantomeno l’analisi della situazione attuale.

Voglio solo dire che i disegni e i testi qui presentati si inseriscono proprio a cavallo fra anni Settanta e Ottanta, fra il grido e la parola.

Quelli che qui presentiamo sono solo 15 dei circa quaranta fogli che ho ritrovato fra le riviste, i documenti e i manifesti che negli anni ho raccolto, conservato, custodito e preservato: questi risalgono a quando nel mio paese, Francofonte (SR), avevamo dato vita ad una sezione dell’UDI (1978-1980).

I documenti che presentiamo qui, non recano nessuna traccia di data, né la firma di un gruppo o di un/una autore/autrice. Nessuna immagine sul web, nessuno, fra gli attuali gruppi e centri di documentazione che ho avuto modo di contattare, è stato in grado di fornirmi notizie. Quindi la mostra nasce anonima, si, ma in cerca di autore. O meglio di autrice.

Il riferimento, in qualche foglio, a dati sulla Lombardia e su Bergamo sono le uniche tracce. I testi affrontano tutti i temi su cui ancora oggi insistono le teorie e le mobilitazioni femministe che hanno radici nella critica al capitalismo.

La particolarità di queste vere e proprie tavole – mi fanno pensare a quelle che vediamo nelle chiese, le tavole della via Crucis, qui chi porta il peso e fa da filo conduttore è la donna in nero - è che mettono insieme in un solo colpo d’occhio:

- I testi: dettagliati, frutto di indagini, inchieste, ricerche, ma chiari, semplici nell’uso delle parole e nell’articolazione dei discorsi, sui veri temi: contraccezione, asili nido, consultorio, lavoro e salute, sfruttamento del lavoro a domicilio, stereotipi nei libri di testo, disparità nel lavoro, consumismo e carovita, gli interessi dell’industria farmaceutica, Città senza spazi per donne e bambini...

- immagini belle e spesso irridenti, ironiche (Tina Anselmi ha il volto nascosto dallo scudo crociato, lo sposo ha un volto luciferino, la sposa comincia ad avere qualche dubbio, lo spermatozoo viene bloccato e si arrabbia, ma “no pasarà” etc.);

- gli slogan, le parole d’ordine, sottolineate dai caratteri più grandi e in stampatello: Vogliamo i consultori, La donna oggetto, Un uomo ti guarda “devi essere sempre in forma”, vogliamo essere noi a decidere” “Vogliamo asili nido. Vogliamo lavorare” “Porno-sesso, tortura e stupro a buon mercato!” “ Non dobbiamo continuare a pagare sulla nostra pelle”.

L’idea della via Crucis, che probabilmente sta alla base della concezione organica del lavoro, è data dalla presenza, in ogni foglio, della protagonista, la donna in nero, il filo conduttore di tutto il discorso, la donna che spesso porta letteralmente su di sé il peso delle varie condizioni di sfruttamento: spesso arrabbiata e soccombente, comunque ha sempre un’espressione eloquente rispetto al tema: perplessa, indignata, determinata, riflessiva, scioccata, disperata – la mano che copre gli occhi o che sta sulla fronte, in un gesto di stanchezza per il perpetuarsi di ataviche discriminazioni – rivendicativa a pugno chiuso, sconcertata-orripilata (film porno), la fronte aggrottata, solo qualche volta un mezzo sorriso, quando incita alla liberazione, unita alle altre, in qualche modo sostituita dalla contadina vietnamita del 330 d.c. a cui viene attribuita la poesia citata:

Scavalcherò la tempesta / domerò le onde / sterminerò i pescecani / metterò in fuga il nemico / per salvare il nostro popolo / non accetterò il destino delle donne: / di chinare il capo come concubine”.


Il volantino di presentazione della mostra


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Catania 7 febbraio 2024 - 01 - Preparazione della mostra
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Catania 7 febbraio 2024 - 02 - Preparazione della mostra
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Catania 7 febbraio 2024 - 03 - Prima della presentazione
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Catania 7 febbraio 2024 - 04 - Prima della presentazione
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Catania 7 febbraio 2024 - 05 - Prima della presentazione
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Catania 7 febbraio 2024 - 07 - Prima della presentazione
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Catania 7 febbraio 2024 - 08 - Uno dei pannelli della mostra

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Articolo pubblicato su La Sicilia da Pinella Leocata sulla mostra

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